Esattamente 50 anni fa, il 22 Marzo 1968, un gruppo di studenti francesi occupava gli uffici amministrativi dell’università di Nanterre per protestare contro gli arresti operati durante delle manifestazioni contro la guerra del Vietnam. L’azione di quel gruppo, poi denominato Movimento 22 Marzo, viene considerata la scintilla che innescò l’incendio del Maggio Francese e, quindi, le Primavere del Sessantotto in Europa.
In occasione del cinquantenario incominciano a (ri)spuntare agiografie varie, e entro maggio si prevede una rigogliosa fioritura sui “figli dei fiori”.
Tutto ciò alimenterà la favola originaria, fatta della più bella spontaneità (in gran parte genuina) e al massimo macchiata da qualche critica di spontaneismo.
Senza dubbio il Sessantotto segna un punto di svolta, ma svolta di chi e in che direzione? Uno dei pochi a porsi domande scomode è Diego Fusaro. E per rispondere bisogna analizzare non solo il fenomeno in sè, ma anche il contesto, le forze in campo, e le conseguenze.
Negli anni sessanta finisce il colonialismo ‘cattivo’ e bisogna continuare a soggiogare il terzo mondo ‘con le buone’, cioè col debito. In Cina esplode la Rivoluzione Rossa. Il Sudamerica, ‘cortile’ degli USA, ribolle di fermenti rivoluzionari personificati nella figura carismatica di Che Guevara: ammazzarlo e instaurare dappertutto regimi militari dittatoriali non può bastare sul lungo termine. Umiliati alla Baia dei Porci e sempre più intrappolati in Vietnam, gli USA sono in crisi anche all’interno (assassinio di JFK e di Malcom X). Il loro primato è minacciato perfino nel settore tecnologico: Yuri Gagarin nello spazio astronomico e Adriano Olivetti nello spazio cibernetico.
Così gli USA, capofila dell’élite mondiale dominante, arrivano al 1968 accerchiati come mai prima; tirano colpi di coda (4 Aprile: assassinio di Martin Luther King; 6 Giugno: assassinio di Robert Kennedy) ma per dominare il mondo urge accelerare il piano B, quello teorizzato molti decenni prima dagli scrittori distopici inglesi. Ecco allora il filo rosso che collega la Primavera Sessantottina con le recenti Primavere Arabe e Rivoluzioni Colorate, e ‘Giro d’Italia in Israele sì ma Coppa del mondo di calcio in Russia no’: è il filo rosso della Dittatura Dolce. Ogni scacco interno o internazionale ripresenta all’élite dominante l’evidenza che le masse si controllano molto più facilmente con le armi di distrAzione piuttosto che con quelle di distrUzione. E’ molto più facile, economico ed efficace con-vincere i loro leader addomesticandoli, cooptandoli, corrompendoli piuttosto che vincere ammazzandoli.
Ma il ‘piano B’ dei globocrati cozzava contro i tre formidabili pilastri del mondo vecchio: Famiglia, Chiesa, Stato…
E’ certamente probabile che il Sessantotto abbia preso di mira quegli stessi pilastri per una serie di ‘moti spontanei’ vincenti.
E’ ancor più probabile che il Potere avesse tempestivamente preso le redini del carro del vincitore.
E’ sotto gli occhi di tutti chi sta guidando ora quel carro.
Allora, vien da dire: “meno nostalgia e più autonomia!”.