Sconcertante: è questo l’aggettivo utilizzato da Andrea Lupi, Procuratore della Corte dei Conti del Lazio, nella relazione presentata in occasione della recente inaugurazione dell’Anno Giudiziario, a proposito del «comportamento della banca estera e dei dirigenti dello Stato per operazioni in derivati».
La banca estera è la Morgan Stanley e i dirigenti appartengono al Ministero dell’Economia. «Nel 2017 – spiega il Procuratore Lupi – sono state portate a compimento importanti inchieste e sono stati emessi atti di citazione con cui sono stati richiesti risarcimenti miliardari. La Procura regionale ha notificato una citazione in giudizio nei confronti della banca internazionale Morgan Stanley e di alcuni alti dirigenti del Ministero dell’Economia, per un danno alle pubbliche finanze pari nel complesso a circa 4 miliardi di euro».
Il Procuratore ci tiene a precisare che l’intervento della magistratura contabile, non è mero aspetto tecnico richiesto dai codici di procedura, ma è anzitutto una funzione «di tutela di interessi diffusi, adespoti, intestati alla generalità dei cittadini, espressione dello stato-comunità, nel caso in questione, corrisponde alla tutela dell’interesse dei cittadini-contribuenti al corretto e prudente utilizzo di denaro pubblico (che dai cittadini proviene, attraverso il prelievo fiscale) nella gestione e negoziazione di prodotti finanziari derivati da parte dello Stato».
La tesi espressa dalla Corte dei Conti è preoccupante: «i rapporti contrattuali instauratisi tra la banca d’affari e la Repubblica italiana, avrebbero dovuto essere contraddistinti da una sostanziale parità e simmetria di ruoli, mentre dall’analisi dei contratti, delle scelte documentate e delle operazioni oggetto di indagine, specialmente quelle di ristrutturazione e chiusura occorse negli anni 2011 e 2012, è emersa una profonda asimmetria contrattuale, caratterizzata da un comportamento negoziale della controparte privata “dominante” e “predominante”, a fronte di una tendenza della controparte pubblica, consolidatasi nel lungo tempo della relazione contrattuale con Morgan (oltre 20 anni, dal 1994 ad oggi), a “subire” talune scelte della banca».
Parole pesanti come pietre: com’è possibile che una banca privata estera possa predominare su uno Stato sovrano?
La risposta, per il Procuratore Lupi, potrebbe trovarsi nel conflitto d’interessi, cioè nel «doppio ruolo svolto dall’Istituto bancario che, oltre a vendere allo Stato prodotti finanziari derivati, compare nell’elenco tenuto dallo stesso Ministero dell’Economia relativo agli “specialisti in titoli di stato”, che sono incaricati di acquistare con continuità i titoli del debito pubblico italiano».
In altri termini la banca Morgan Stanley da una parte è incaricata di collocare i titoli emessi dallo Stato Italiano e dall’altra vende al Tesoro prodotti derivati come assicurazione sull’eventuale risalita degli interessi sui titoli di Stato: «il dubbio è che lo Stato pur di vendere i titoli pubblici ha finito, in alcuni specifici e delimitati casi, per subire le iniziative finanziarie dell’altra parte, interessata a collocare prodotti derivati finanziari, magari non proprio esenti da rischi finanziari».
In sostanza, la domanda che si pone la Procura regionale della Corte dei conti è se «lo Stato, con i soldi pubblici e dunque dei cittadini-contribuenti, possa intraprendere operazioni finanziarie non puramente di copertura, ma appunto speculative, ad alto rischio, scommettendo – per queste operazioni è proprio il caso di dirlo – ingenti somme di danaro pubblico».
A conferma che non si tratta di pura teoria, la magistratura erariale cita un esempio di derivati per 3 miliardi di euro acquistati dal Tesoro nel 2004: «all’atto della iniziale negoziazione, furono incassati dal Ministero premi per complessivi (soli) 47 milioni di euro, mentre lo Stato, al momento della chiusura del 2011/2012 ha dovuto versare alla Morgan Stanley l’astronomica cifra di oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro».
La vicenda dei derivati è sicuramente la più rilevante nell’attività svolta nel 2017 dalla Corte dei Conti della Regione Lazio. In realtà, la Procura si è occupata anche di lavori di realizzazione di metropolitane, strade, centri congressi, di frequenze televisive, della vendita da parte dello Stato di prodotti finanziari, di gestione del patrimonio boschivo e del verde pubblico, di delitti contro la pubblica amministrazione, ma anche di fatti criminali odiosi, come la violenza sessuale, commessi da dipendenti pubblici. Complessivamente le denunce pervenute nel 2017 sono state 4.795: ben 1.350 in più rispetto al 2016.
Di fronte all’ampiezza e alla gravità dei fatti oggetto di indagine, gli «illeciti e gli altri fenomeni da cui derivano gravissime diseconomie che pesano sui bilanci dello stato e degli altri enti pubblici», il Procuratore Lupi sottolinea come la relazione presentata sia un atto di «responsabilità, per rispondere dell’esercizio della mia funzione». Si tratta di «un racconto amaro, oserei dire doloroso, perché mette in evidenza gravissime inefficienze, sprechi, indebite erogazioni, e, non raramente, azioni criminose».
A questo punto, l’orizzonte – inaspettatamente – si allarga: «Come si è potuto constatare alcune vicende dannose travalicano il ristretto ambito di una mera gestione amministrativa contabile. Quest’anno la Costituzione compie 70 anni. Nella Carta repubblicana le funzioni della Corte dei conti hanno ottenuto piena legittimazione e rilievo costituzionale, specialmente per il riconoscimento dell’indipendenza e terzietà dei magistrati contabili. Ma i muri del nostro Istituto crollerebbero se non potessero poggiare sulle fondamenta dell’articolo 3, nato innanzitutto in antitesi all’orrore delle leggi razziali fasciste approvate dieci anni prima, ma che oggi costituisce un baluardo contro ogni forma di razzismo e di intolleranza e anche contro ogni forma di diseguaglianza di classe, sociale ed economica. Certamente non basta dichiararla questa uguaglianza, scriverla nelle aule dei tribunali, occorre, come stabilisce il comma 2, operare perché questa uguaglianza sia effettiva; è necessario che ciascuno di noi agisca avendo sempre presente questo articolo della Costituzione. In un certo senso bisogna che ognuno di noi lo digerisca».
Questo riferimento alla Costituzione – a prima vista – sembra improprio, ma è lo stesso Procuratore Lupi a chiarire il nesso: «Io credo che se anche una parte, una piccola parte degli sprechi e degli illeciti che questa Procura e le altre procure regionali hanno recuperato verrà utilizzata per dare attuazione all’art. 3, per colmare le diseguaglianze sociali ed economiche, per combattere il razzismo, il sessismo, l’omofobia e ogni altra forma di intolleranza, la Corte dei conti potrà dire di avere compiuto la missione che la Costituzione le affida».
Infine, non poteva mancare la denuncia delle «croniche carenze di risorse di mezzi e di personale e siamo perciò costretti ad operare in un perenne stato di emergenza. E nonostante queste difficoltà continuiamo a sperare che, come fa dire Leopardi al suo passeggere, “Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?” Magari nel nuovo anno gli illeciti contabili saranno pochissimi e i danni consisteranno in somme esigue». La chiosa è ricamata sul filo dell’ironia: «Lo speriamo, ma, in fondo, ci crediamo quanto ci credeva Leopardi».