In questi giorni il Comitato Kurdistan Firenze è in prima linea nel denunciare l’invasione turca ad Afrin. Gli abbiamo chiesto di approfondire la questione; rispondono a turno Gianni Monti e Marco Fantechi.
Partiamo dagli eventi di questi giorni: dopo la risoluzione dell’ONU è cambiato qualcosa sul terreno ? Ad Afrin si è fermata l’offensiva turca ? Abbiamo testimonianze dirette ?
MARCO FANTECHI : Le testimonianze dirette che arrivano da Afrin sono drammatiche. Jacopo, che si trova nell’area, ha comunicato che le milizie Jihadiste supportate dalle forze armate turche stanno accerchiando la città. Avendo occupato la diga che rifornisce il sistema idrico cittadino, hanno bloccato l’acquedotto, mettendo a rischio la salute pubblica delle centinaia di migliaia di civili curdi e no, compresi i profughi rifugiati nell’area dalla regione di Aleppo, già devastata dalla guerra civile. Le milizie filoturche sembra siano composte da jihadisti di varie bande e dagli uomini reclutati, anche in modo forzoso, all’interno dei famigerati campi profughi allestiti in Turchia per gli sfollati dal conflitto siriano e finanziati dall’Unione Europea (tre miliardi più altri tre) per evitare che il governo turco li scarichi sui gommoni diretti in Grecia oppure sulle strade della via Balcanica. Alla ferocia dei miliziani si aggiunge la potenza di fuoco di quello che è il secondo esercito della NATO, con aerei, carri armati (di fabbricazione tedesca), artiglieria pesante, ed elicotteri (made in Italy). Erdogan punta a occupare militarmente le regioni siriane di confine, per spazzare via la rivoluzione curda e scaricarci gran parte dei milioni di profughi della guerra civile rifugiatisi in Turchia. Con la complicità degli USA (che sacrificano sull’altare della NATO coloro che hanno sconfitto l’ISIS), dell’Unione Europea (che con Erdogan fa grandi affari) e della Russia (che, per costruire il gasdotto sud diretto in Europa occidentale, è scesa a patti col vecchio nemico turco).
La storia del Rojava è una storia poco conosciuta : proviamo a riassumerla e a sottolinearne gli aspetti più importanti ?
GIANNI MONTI : Per rispondere a questo domanda bisogna partire da una descrizione dell’area in questione, il Kurdistan occidentale (Rojava), che corrisponde alla Siria settentrionale, territorio abitato da una netta maggiranza curda con la presenza di minoranze arabe, turcomanne ecc. I rapporti dei Curdi del Rojava con il governo centrale di Damasco non sono mai stati idilliaci perché le aspirazioni autonomistiche di una parte confliggevano con il centralismo autoritario dell’altra e a volte la dinastia degli Assad ha anche esercitato una dura repressione. Certamente la guerra che dilania la Siria da anni, cui si è aggiunto il dilagare dell’ISIS, ha creato una situazione nuova per i Curdi, che si sono visti riconoscere di fatto da Damasco una sorta di zona libera, mentre contemporaneamente ricevevano dagli USA gli armamenti necessari per combattere l’ISIS. Le battaglie di Kobane prima e di Raqqa poi sono state combattute e vinte sul terreno dalle forze curde del Rojava (YPG), sostenute da volontarim del PKK provenienti dal confinante Bakur, il Kurdistan settentrionale, che si trova nel territorio della repubblica turca. Insomma, i Curdi erano indispensabili : a loro il combattimento sul terreno (con molti morti) e alle varie potenze in gioco i raid aerei (con zero morti). Ma adesso che l’ISIS è sconfitto e i Curdi non sono più necessari come prima, la situazione è cambiata completamente: le forze armate turche, insieme a varie bande Jihadiste, attaccano il Rojava nella zona di Afrin e i governi che prima li guardavano con simpatia adesso girano la testa dall’altra parte e fanno finta di niente.
La tendenza generale, banalizzante, è di dire “i Curdi” come se si parlasse di una realtà univoca e monolitica : potreste spiegare almeno a grandi linee quali forze sono in campo ?
GIANNI MONTI : Il popolo curdo è diviso tra quattro stati : Turchia, Siria, Iraq e Iran. Si tratta di situazioni molto diverse tra loro, da vari punti di vista : repporti con il governo centrale, consistenza numerica, strategie e linee politiche, concezione della società. I Curdi iraniani, per esempio, hanno avuto fino ad ora una storia e delle vicende molto contraddittorie, sia per i vari passaggi tra i vari governi e regimi che si sono succeduti (Mossadeq, la monarchia Palhavi, la repubblica islamica), sia per effetto dei grandi e drammatici fatti che hanno riguardato negli ultimi decenni il vicino Iraq. Più semplice, ma fino a un certo punto, delineare un quadro del Kurdistan iracheno, società sostanzialmente tribale dominata storicamente dalla dinastia Barzani, dai tempi della prima guerra mondiale quando l’Inghilterra appoggiava i capi clan curdi contro l’impero ottomano, fino al potere esercitato oggi da Masud Barzani, il sostenitore della creazione di uno stato curdo indipendente nel nord dell’ Iraq. Il PDK, il partito di Barzani, è un partito squisitamente nazionalista, fortemente verticista al suo interno, sostenito di una società tradizionalista che non pratica certo la politica delle pari opportunità e della Democrazia dal Basso. Aggiungerei anche che il tema dei diritti sociali non fa certo parte del suo DNA e così pure quello della tollerenza inter-etnica, visto che pratica l’espulsione dei non curdi dai territori conquistati. Altra storia quella dei Curdi di Turchia e di Siria. Nel Bakur, sud est della repubblica turca, la svolta del PKK, operata nell’ultima decina di anni grazie all’impegno teorico di Ochalan, ha portato al superamento di una linea politica puramente nazionalista, per cui non si rivendica più la creazione di uno stato curdo indipendente ma si porta avanti nei Paesi in cui sono presenti i Curdi l’obbiettivo di una democratizzazione complessiva della società, di una pacifica convivenza multietnica, della realizzazione di sistemi istituzionali basati sulla partecipazione e sulla parità di genere, sulla difesa e valorizzazione dei beni comuni. Il confederalismo democratico. E’ una strada lunga e difficile ma là dove possibile questi obbiettivi hanno iniziato ad essere praticati : nel Bakur in Turchia ( con grandi difficoltà a causa delle continue repressioni) e nel Rojava in Siria. Assemblee di cittadini prendono decisioni anche importanti, amministrazioni comunali hanno due sindaci, un uomo e una donna. Non a caso il PKK di Ochalan e il PDK di Barzani confliggono tra loro.
La questione curda ha una prospettiva storica, viene da lontano : potreste sintetizzare gli eventi storici più importanti e le tendenze del momento attuale ?
GIANNI MONTI : Nell’ultimo anno della Grande Guerra, uscita dal conflitto la Russia zarista che i Curdi guardavano con grande sospetto, la Gran Bretagna giocò con determinazione la carta dell’alleanza con i Curdi in chiave anti-turca. Era la stessa strategia praticata dal colonnello Lawrence con gli Arabi in Palestina e in Siria. Finita la guerra, sembrava che la nascita del Kurdistan fosse imminente, ma non fu così. La reazione nazionalista guidata da Kemal Ataturk portò alla nascita di una repubblica turca che riuscì a mantenere il possesso dell’intera Anatolia, inglobando anche il Kurdistan settentrionale. Gli accordi tra Francia e Gran Bretagna realizzarono la spartizione di una grande area per cui alla Francia andaroo il Libano e la Siria e all’Inghilterra la Palestina, la Giordania e l’attuale Iraq comprendente la parte settentrionale abitata dai Curdi. Tutto il resto è venuto di conseguenza. Per decenni ai Curdi è stato perfino impedito di usare la propria lingua, soprattutto in Turchia dove non veniva loro riconosciuta la benché minima identità etnica : “turchi di montagna” venivano definiti. Poi, negli ultimi decenni del secolo scorso, le ribellioni, la guerriglia, contro il governo turco dei militari e non solo e contro le repressioni di Saddam Hussein. Fino ad arrivare alla situazione intricatissima di oggi, con in pratica due poli aggregativi, completamente diversi tra loro : quello del PDK di Barzani in Iraq, quello del PKK in Bakur e nel Rojava, entrambi con svariate ramificazioni e in perenne contrasto tra loro. Noi del comitato Kurdistan di Firenze, che crediamo fortemente nei valori della Democrazia e dell’uguaglianza, sosteniamo le posizioni e le pratiche del Confederalismo Democratico.
Da quanto esiste e cosa fa il comitato Kurdistan di Firenze ? All’interno di quale quadro generale di riferimento si muove ?
MARCO FANTECHI : Costituito nel 2002, per attività di supporto alla causa curda di Turchia. Dal 2004 è stato sponsor della creazione di una Centro di formazione professionale femminile a Dyarbakir, il capoluogo del Kurdistan settentrionale sotto occupazione turca. Utilizzando contributi della Regione Toscana per la cooperazione internazionale e fondi propri, è stato allestito un centro di tessitura che ha formato quindici ragazze curde, profughe interne, espulse dalle campagne circostanti dalle operazioni militari antiguerriglia dell’esercito turco che tentava di distruggere la resistenza armata curda a guida del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Le ragazze poi costituirono una propria cooperativa e proseguirono l’attività. Il nostro Comitato continua come sostenitore della campagna per l’autodeterminazione del popolo curdo nel suo complesso. La feroce repressione scatenata dal dittatore turco Erdogan contro l’affermazione elettorale di un vasto movimento democratico, cui partecipavano anche i Curdi, ha aggravato le già difficili condizioni in Turchia. Dall’inizio della guerra civile siriana e dall’apparizione del “Califfato islamico” è nato il bisogno di dare sostegno alla resistenza del popolo del Rojava e all’esperienza rivoluzionalria della concezione di un diverso modo di concepire la società espresso dal Confederalismo Democratico, elaborazione politica prodotta anche da Abdullah Ochalan, leader storico del movimento curdo, prigioniero dal 15 Febbraio 1999 in un carcere di massima sicurezza turco. Il nostro Comitato partecipa al CTK (Coordinamento Toscano Kurdistan) e sostiene le campagne di Mezzaluna Rossa Curda. E’ stato deciso di dargli un nome ed è stato dedicato ad Aysel Kurupinar “Beze”, donna curda che ha vissuto alcuni anni a Firenze ed è caduta in combattimento in Turchia il 4 Agosto 2016.
Vi pongo una domanda sul Nazionalismo come apparente fenomeno di “destra”, mentre le cause nazionali di alcuni popoli vengono tradizionalmente portate avanti da gente “di sinistra”.
MARCO FANTECHI : Se l’idea di Nazione si coniuga a concetti quali: territorio riservato a gente della stessa etnia o basato su criteri di appartenenza alla stessa religione, è indubbiamente di “destra”. Il concetto di liberazione dei popoli, da occupazione esterna, da politiche di genocidio etnico o religioso, da politiche razziali prodotte dalla stessa società o dalla pratica di depredazione delle risorse naturali ad opera di soggetti al servizio di multinazionali, diviene indubbiamente di “sinistra”. La causa curda, sotto occupazione militare di quattro Paesi, Turchia, Siria, Iraq e Iran, e aggredita dai tagliagole dell’ISIS, ne è una chiaro esempio, ma pure il popolo Palestinese sotto occupazione militare israeliana, i Saharawi annessi militarmente dal Marocco sono cause supportate principalmente da gente di “sinistra” (anche se non mancano supporter di “destra”). La risposta più semplice è quella dell’indipendenza del territorio e della costituzione di una amministrazione espressione del gruppo etnico (o religioso) predominante. Spesso così si creano le condizioni di repressione/espulsione della eventuale minoranza del momento, che era maggioranza durante l’appartenenza ad una entità più grande e che reprimeva la minoranza indipendentista poi staccatasi dallo Stato precedente. Questa brutta pratica avvicina l’idea della liberazione dei popoli sostenuta dalle “sinistre” all’idea di Nazione cara alle “destre”, che repressione e pulizia etnica praticano in maniera costante. Il Confederalismo Democratico, senza creazione di nuove entità statali, fuori dalla supremazia etnica e dal confessionalismo religioso, una gestione della società dal basso in modo assembleare, diritti uguali uomo/donna, superamento dell’economia capitalista ed ecologia come pratica abituale, riteniamo che sia un’ottima politica rivoluzionaria che si iscrive indubbiamente nel patrimonio genetico della Sinistra, così come anche lo Zapatismo degli indigeni messicani, per molti versi simile, non è certo assimilabile alle “destre”.