A Torino, decine di bambini egiziani sabato 17 febbraio hanno cantato l’inno di Mameli e ripetuto a gran voce lo slogan “Egitto e Italia sempre uniti” davanti al Museo Egizio, a un presidio organizzato dalla comunità araba. Con le loro insegnanti, e insieme anche ad associazioni italiane, hanno manifestato in difesa del direttore, Christian Greco, che lo scorso anno li aveva coinvolti in un progetto artistico e che giorni fa, com’è noto, è stato al centro di polemiche per l’iniziativa promozionale a favore dei visitatori del museo parlanti lingua araba.
All’indomani della manifestazione, le comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) e il movimento internazionale Transculturale Interprofessionale “Uniti per Unire”, con le associazioni e comunità aderenti, lanciano un “Patto Culturale”: “nel rispetto di tutte le culture, e rispettando il principio dei diritti e doveri, le diversità e la Costituzione italiana, prima di tutto, visto che siamo tutti italiani con origini e culture diverse”, dichiara Foad Aodi, Fondatore delle Co-mai e di Uniti per Unire.
“Per questo, più di 100 piccoli “Faraoni” hanno cantato l’inno italiano: per esprimere solidarietà al Direttore Greco e difendere la cultura italiana, araba e di tutte le civiltà da chi sino a qualche settimana fa non ha mai fatto dichiarazioni riguardo la cultura e ha utilizzato l’iniziativa del Direttore dell’ “Egizio” solo a fini elettorali”.
“Ringraziamo tutte le comunità e associazioni, d’origine straniera e italiane, che stanno esprimendo solidarietà al Direttore del Museo e agli arabi italiani: tirati in ballo dai politicanti delle strumentalizzazioni politiche, che senza di esse non avrebbero alcuna visibilità né possibilità di carriera”, concludono Aodi e Amir Yuones, coordinatore regionale in Piemonte delle Co-mai e Responsabile della Scuola Araba “il Nilo” di Torino (che i bambini frequentano in aggiunta a quella italiana, conseguendo licenze delle scuole dell’obbligo valide in Egitto).
Proviamo ora ad entrare, in modo ragionato e obbiettivo, nella polemica che in questi giorni ha visto contrapporsi il Direttore del Museo e la Presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni (che ha accusato Greco di praticare sconti del biglietto d’ingresso riservati ai soli visitatori arabi, o di religione musulmana, discriminando quindi gli italiani).
Non ho visto personalmente la pubblicità dell’iniziativa di sconto del biglietto per l’Egizio diffusa a Torino dal Museo. Però, se guardiamo bene i termini precisi dell’iniziativa stessa, riportati sul sito del Museo, si parla di “sconto dedicato, per tre mesi, ai visitatori di lingua araba”; mentre lo stesso sito indica, come fine dell’iniziativa, “stimolare la fruizione dell’offerta culturale della città per consentire ai cittadini di lingua araba di essere sempre più parte della comunità con cui hanno scelto di vivere e condividere il futuro».
Non si parla assolutamente, cioè, di visitatori di etnia araba, cittadini di Paesi arabi, né tantomeno di religione musulmana (“visitatori di lingua araba” possono essere, ad esempio, anche turisti russi che parlano tale lingua); mentre “cittadini di lingua araba, ecc…” sembra riferirsi, chiaramente, a immigrati da Paesi arabi divenuti cittadini italiani (ci sono comunque, come sappiamo, anche “italiani doc” parlanti l’arabo, per motivi di studio o di lavoro).
Il tutto, poi, va letto nel quadro generale della politica del Museo per gli utenti, che prevede vari sconti, riservati a varie categorie: già nel 2015, se non erro, ci fu un’iniziativa analoga dell’Egizio, peri i visitatori parlanti il cinese; mentre pochi giorni fa, per S. Valentino, un altro sconto (2 biglietti al prezzo di uno) riguardava le coppie.
Diciamo che il Museo ha sbagliato dando involontariamente all’iniziativa un carattere di ambiguità (riferisce “Il Corriere della sera” che la pubblicità apparsa, a Torino, su autobus e tram, rigorosamente in lingua araba e senza traduzione, ritrae una donna velata e un uomo dietro di lei che sorride).
Ma il senso complessivo dell’iniziativa dell’Egizio non mi sembra assolutamente che vada letto in chiave discriminante, o addirittura filoislamica. Sorgono dubbi, chiaramente (siamo sempre in Italia…!) su come la biglietteria del Museo accerterà chi abbia veramente diritto a usufruire dello sconto (non è certo pensabile fare su due piedi un esamino di lingua araba al visitatore: occorrerà, evidentemente, mostrare documenti che certifichino la conoscenza di tale lingua).
Fabrizio Federici