Per la prima volta dopo anni, si delinea finalmente una vera e propria strategia per l’allargamento e il percorso di adesione dei Paesi dei Balcani Occidentali all’Unione Europea.
La Comunicazione della Commissione Europea, licenziata lo scorso 6 febbraio, con il titolo «Una prospettiva credibile per l’allargamento ed un rinnovato impegno dell’Unione Europea per i Balcani Occidentali», sottolinea, sin dalla introduzione, che i Balcani Occidentali sono «parte dell’Europa», ricorda che l’adesione è «interesse politico, economico e di sicurezza», di carattere strategico, per la stessa Unione Europea, e, in definitiva, che quella che adesso si apre può rappresentare una inedita «finestra di opportunità», sebbene fattore decisivo ai fini dell’ingresso di tali Paesi nell’Unione Europea rimarrà l’insieme dei «progressi oggettivi conseguiti da ciascun Paese» nei rispettivi processi di adesione (p. 2).
È però in questo “scenario” che per la prima volta viene definita una vera e propria road-map per l’adesione di questi Paesi all’Unione Europea: una road-map che se, da una parte, introduce qualche certezza nell’itinerario di adesione dei diversi Paesi, dall’altra, finisce per deludere quanti si aspettavano un “percorso coordinato” tra i vari Paesi della regione balcanica.
Infatti, la Serbia, in particolare, ma anche il Montenegro, sono più avanti nel percorso e, purché continuino l’agenda di “riforme” e risolvano le “dispute” con i vicini, sono «potenzialmente pronte» per l’adesione al 2025. È la prima volta che, come è stato fatto notare da analisti ed osservatori, viene indicata, in termini espliciti, sebbene ancora “potenzialmente”, una data. L’Albania e la Macedonia saranno destinatarie invece di raccomandazioni istituzionali che la Commissione Europea si dice «pronta a pre-disporre», in modo da aprire, per questi due Paesi, i negoziati di adesione. La Bosnia può acquisire lo status ufficiale di Paese candidato all’adesione, purché con «sforzi ed impegno sostenuti». Più indietro, invece, il Kosovo, indicato, trattandosi di una comunicazione ufficiale, con un asterisco (che rimanda al fatto che la sua denominazione «non pregiudica la posizione rispetto allo status e si mantiene in linea con la risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza e del Parere della Corte Internazionale di Giustizia sulla dichiarazione di indipendenza» della regione), per il quale si richiama l’opportunità di «avanzare lungo il percorso europeo» nel quadro dell’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione (ASA). La Commissione fissa inoltre, nella sua comunicazione, alcuni criteri generali che vengono posti a fondamento del percorso di adesione di tutti i Paesi della regione: si tratta del rispetto dello stato di diritto, in relazione al quale la Commissione si spinge addirittura a riferire che tali Paesi «mostrano chiari elementi di state capture, compresi i legami con la criminalità organizzata e corruzione a tutti i livelli del governo e della amministrazione»; del consolidamento dell’economia di mercato, laddove «nessun Paese dei Balcani Occidentali può attualmente essere considerato una economia di mercato funzionante»; e della soluzione delle controversie bilaterali, dal momento che, come la comunicazione, in termini perentori, riferisce, «l’Unione Europea non accetterà di importare queste dispute e la instabilità che possono generare» (p. 3). Nel contesto di tali criteri e sollecitazioni, viene collocato al primo posto il processo di riforma nel settore dello stato di diritto, dei diritti fondamentali e della governance, definiti come «la questione più pressante per i Balcani Occidentali» nonché il «termine di riferimento fondamentale» su cui il processo di adesione di tali Paesi sarà valutato. Del resto, anche ai fini del completamento della acquisizione del cosiddetto «acquis comunitario», «questioni fondamentali quali lo stato di diritto, i diritti fondamentali, il rafforzamento delle istituzioni democratiche, la riforma della pubblica amministrazione, lo sviluppo economico e la “competitività” restano priorità-chiave nel processo di allargamento» (p. 6).
Non le uniche, tuttavia. Poco oltre, viene infatti precisato che «cooperazione regionale e buon vicinato» sono necessari al prosieguo del processo di adesione dei Balcani Occidentali. Così, sebbene, da un lato, la Commissione Europea ricordi che «la riconciliazione non può essere imposta dall’esterno», dall’altro puntualizza che «la piena cooperazione con il Meccanismo per i Tribunali Penali Internazionali e la Corte Speciale per il Kosovo» deve essere «urgentemente» soddisfatta; dispone che «un accordo per la normalizzazione delle relazioni, complessivo e legalmente vincolante, tra Serbia e Kosovo» è necessario per «andare avanti» nel percorso di adesione; prescrive che «i Paesi dei Balcani Occidentali devono accelerare il loro allineamento con tutte le posizioni di politica estera dell’Unione Europea, comprese le misure restrittive» (p. 9). Una strategia aggiornata e più completa, dunque, ma nella quale rimangono elementi fortemente impositivi e “disciplinanti”. Anche a fronte di un rinnovato impegno finanziario da parte dell’Unione Europea: 8.9 miliardi di investimento dedicato nella regione nel periodo 2007-2017, ulteriori 1.07 miliardi di investimenti previsti nel 2018 (p. 16).