“Con un manifesto Co-mai siamo stati i primi a dire ‘no’ alle moschee e imam fai-da-te, ‘sì’ alla preghiera in lingua italiana il venerdì e alla collaborazione del mondo islamico con le istituzioni italiane per un patto duraturo. Non servono sterili strumentalizzazioni politiche”. Così Foad Aodi, presidente delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai) e dell’Associazione Medici d’origine Straniera in Italia (Amsi) risponde alle dichiarazioni di Matteo Salvini, uscite ultimamente sulla stampa, secondo cui l’Islam sarebbe ” incompatibile con i nostri valori, la nostra libertà, la nostra Costituzione”.
“Siamo indignati e offesi dagli attacchi all’Islam e alla cultura del mondo arabo”, commenta Aodi; “attacchi che giungono da certa politica, il cui intento è solo isolare l’Italia dal resto del mondo”.
“Molti di noi sono arrivati in Italia da giovani per studiare e lavorare, mossi dall’amore verso la cultura, l’università, la civiltà, lo sport di questo Paese. Siamo, negli anni, diventati anche ambasciatori della cultura e della democrazia italiana nei nostri Paesi d’origine. Non saranno certo Salvini o politici simili a interrompere il dialogo che c’è tra l’ Italia e i Paesi arabi, euromediterranei e africani”, aggiunge Aodi: annunciando, a nome delle Comunità arabe e musulmane e della Rete della Diaspora Africana Nera in Italia, “un prossimo manifesto, “Uniti nei colori”, per rispondere al continuo attacco strumentale a fini elettorali”. “Invece di parlare di immigrazione e integrazione come temi spariti dai programmi elettorali -conclude- si finisce per attaccare chi in questo Paese si è integrato, studia, lavora e produce reddito”.
Probabilmente, aggiungiamo, le forze politiche che lanciano attacchi del genere vogliono imitare maldestramente l’amministrazione Trump dei primi mesi : dimenticando che negli stessi USA, gran parte del Paese s’è levata a condannare le politiche aprioristicamente antimusulmani, ricordando al presidente che gran parte del PIL e del buon funzionamento dei servizi pubblici ( quel poco che è rimasto dopo decenni di deregulation reaganian-bushiana e mesi di “correzione” trumpiana delle riforme di Obama) e privati USA dipende proprio dal quotidiano apporto di tantissimi lavoratori dipendenti e professionisti immigrati, in passato, dai Paesi islamici.
Fabrizio Federici