L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) saluta la decisione del Parlamento Europeo di vietare l’utilizzo di olio di palma come biocarburante. L’APM infatti ricorda che quasi ovunque la produzione dell’olio di palma comporta la violazione dei diritti territoriali dei popoli indigeni, intere comunità vengono cacciate e marginalizzate. Il divieto quindi non solo tutela l’ambiente ma anche i diritti umani.
Lo scorso 17 gennaio 2018 il Parlamento Europeo ha votato con larga maggioranza per un temporaneo abbandono da parte dell’Europa dell’uso di olio di palma come biocarburante. La decisione non è ancora vincolante ma deve essere prima approvata dai paesi membri dell’Unione Europea. Il Parlamento Europeo ha motivato questa scelta come una decisione a tutela dell’ambiente poiché il carburante a base di olio di palma produce circa l’80% in più di gas serra rispetto ai combustibili di origine fossile.
Il boom di olio di palma dei passati anni ha causato in Indonesia e in Malaysia – i maggiori produttori mondiali di olio di palma – centinaia di cause legali tra popoli indigeni e industria agraria. Lungi dal creare benessere tra le popolazioni indigene di quelle aree, le piantagioni di olio di palma creano distruzione e perdita culturale. Il ministro per le piantagioni e le risorse naturali malese Mah Siew ha risposto al divieto del Parlamento Europeo accusando l’Europa di “apartheid sistematica contro determinate piante”. L’APM considera l’accusa semplicemente assurda e invita il ministro a prendere atto delle conseguenze delle piantagioni di olio di palma nel proprio paese.
La maggior parte delle 150.000 persone appartenenti ai popoli degli Orang-Asli della Malaysia hanno perso definitivamente la possibilità di vivere sulla propria terra ormai trasformata in piantagioni di olio di palma. Anche da un punto di vista giuridico hanno poche speranze di poter ottenere la restituzione delle terre da cui sono stati cacciati. La Malaysia è oggi il secondo maggior produttore mondiale di olio di palma.
La situazione è simile nella vicina Indonesia dove le conseguenze del boom di olio di palma gravano drammaticamente sulla vita delle popolazioni indigene. Nelle isole indonesiane di Sumatra e Kalimantan (Borneo) le piantagioni di olio di palma coprono ormai una superficie pari a quella dell’intero nord Italia (circa 120.000 Km2). Nella Papua occidentale l’area coltivata a olio di palma è quintuplicata tra il 2010 e il 2015. A pagarne le conseguenze sono stati i Papua indigeni che hanno perso la propria terra e sono stati costretti ad abbandonare la loro forma di vita e la loro economia tradizionale. La Papua occidentale ospita ancora il 35% delle foreste pluviali dell’Indonesia ma ogni anno intere aree di foreste vengono sacrificati alle piantagioni di olio di palma.