Dal 22 gennaio sera la pagina Facebook del Naga riceve centinaia di commenti, recensioni e messaggi infamanti, razzisti, minacciosi.
L’accusa che ci viene rivolta è che ci occupiamo solo di cittadini stranieri e non offriamo, invece, i nostri servizi sanitari anche (o magari solo) ai cittadini italiani: ergo siamo razzisti al contrario.
E’ vero i nostri servizi sanitari, gratuiti e offerti da volontari non retribuiti, si rivolgono da più di trent’anni soltanto ai cittadini stranieri irregolari sul territorio nazionale, perché forniamo cure mediche di base che a questi esseri umani non sono garantite dalla legislazione italiana e dalla normativa lombarda in particolare.
Noi, al contrario, riteniamo che siano diritti fondamentali di tutti.
Dei cittadini italiani e dei cittadini stranieri con permesso di soggiorno deve occuparsene il Servizio Sanitario Nazionale, dunque noi non ce ne occupiamo; non operiamo in sostituzione del servizio pubblico, cerchiamo solo di coprirne le mancanze.
Saremmo ben lieti di non dover erogare alcun servizio e ci poniamo come obiettivo di estinguerci nel caso in cui il welfare pubblico garantisca a tutti il pieno accesso alla salute.
Purtroppo, ciò non avviene. Anzi, i diritti primari di tutti sono oggi, più che mai, sotto attacco e in via di erosione, senza distinzione tra italiani e stranieri con o senza permesso di soggiorno.
Rifiutiamo la contrapposizione tra un presunto “noi” e un ancor più presunto “loro”; continuiamo infatti a credere che i diritti o sono di tutti o degradano a privilegi. Ci piacerebbe moltissimo non occuparci di cittadini stranieri, ci piacerebbe non ce ne fosse bisogno. Oggi, invece, la nostra azione è quanto mai necessaria.
Per questo operiamo e ci battiamo tutti i giorni, con la speranza di non dover più rispondere che ci occupiamo dei diritti dei cittadini stranieri ma di poter invece dire: “Ci spiace, il Naga ha chiuso. Non serviamo più.”.
Per quanto riguarda i fondi il nostro bilancio è pubblico http://naga.it/index.php/bilancio-annuale.html.
Non abbiamo finanziamenti statali né convenzioni con enti pubblici.