Il 7 luglio dell’anno scorso è stato approvato dall’ONU il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari. Poco tempo dopo è arrivata la bella notizia che ICAN, la principale campagna internazionale per il disarmo nucleare aveva vinto il premio nobel per la pace.
Qual è la situazione adesso dopo sei mesi da quella storica approvazione?
Cercheremo di analizzarla dando per scontato che parliamo a un pubblico che ha seguito almeno in parte quello che è successo finora. Chi avesse bisogno di un complemento di informazione la troverà certamente seguendo il tag disarmo nucleare sul nostro sito.
Situazione internazionale
Gli stati che votarono a favore del trattato furono 122; quelli che ad oggi lo hanno firmato sono 56 mentre quelli che lo hanno ratificato sono 4 (ICAN continua a dire 3 ma della ratifica del Messico manca solo la comunicazione ufficiale). Questa semplice progressione aritmetica (122, 56, 4) dà la dimensione delle difficoltà in cui stiamo; noi vogliamo una rapida approvazione e messa in moto del trattato e, soprattutto, delle sue conseguenze pratiche.
Gli esperti fanno notare che in situazioni analoghe ci sono voluti due anni per ratificare trattati simili; sta di fatto che ci si attendeva altre firme e soprattutto altre ratifiche in occasione del conferimento del premio Nobel del 10 dicembre scorso: questo non è avvenuto.
Da un altro punto di vista possiamo sottolineare come le campagne di pressione affinché i governi firmino il trattato siano in moto dappertutto ma soprattutto in quei paesi più chiaramente schierati dalla parte della banda delle potenze nucleari.
Un altro aspetto da considerare è il black out della notizia nei grandi mass media. Questo silenzio è da mettere certamente in relazione con lo scarso conto in cui è tenuta l’Organizzazione delle Nazioni Unite, i trattati internazionali e le questioni globali del nostro pianeta.
In sintesi possiamo essere ottimisti nel fatto che abbiamo raggiunto subito il numero minimo di firmatari (50) e nel fatto che la firma abbia costituito un passo avanti storico nel cammino per il disarmo nucleare. La società civile “disarmista” deve sicuramente trovare il modo di essere più incisiva nel rendere il grande pubblico consapevole del rischio nucleare e nel trovare alleati nei media internazionali.
Situazione italiana
In Italia fin da subito si sono mobilitate le associazioni pacifiste, mettendo in piedi varie campagne come “Italia ripensaci” e la “Carovana delle donne per il disarmo nucleare”, convegni, conferenze, mostre di sensibilizzazione, manifestazioni soprattutto nei dintorni delle basi militari. Purtroppo dobbiamo registrare l’ordine sparso con cui anche gli stessi membri italiani di ICAN e le altre componenti del variegato mondo pacifista hanno agito.
L’elemento a mio avviso più interessante è stato quello della formazione, in tantissime città, grandi e piccole, di comitati, consulte, coordinamenti a favore del disarmo nucleare che hanno portato avanti iniziative concrete di pressione e di sensibilizzazione: in tanti consigli comunali sono state approvate mozioni affinché l’Italia firmi il Trattato, anche alcuni consigli regionali hanno approvato mozioni simili. Ovviamente gli “esperti” hanno discusso animatamente su frasi e perfino parole di queste mozioni, in un dibattito che, a mio parere, rifuggiva dal problema centrale: quello di fare una battaglia affinché l’Italia firmasse il trattato di proibizione. Molte iniziative di base animano le città grandi e piccole dove i gruppi citati chiamano oratori di diverse tendenze, organizzano mostre e manifestazioni (alcune molto creative) senza preoccuparsi troppo delle diatribe tra i gruppi pacifisti.
In questo piano è significativo il fatto che oltre 200 deputati di diversi schieramenti dell’ormai disciolto Parlamento abbiano aderito all’iniziativa di ICAN dichiarandosi disponibili a promuovere presso il Governo italiano la firma.
Siamo all’inizio di una campagna elettorale in cui temiamo che i temi di fondo verranno ben poco toccati e le cui prime avvisaglie sembrano essere improntate al massimo della secondarietà (canone RAI, gara a chi dice che leverà più tasse, gossip sui candidati, cosa scrivere sul simbolo elettorale); un tema di fondo come quello sul concreto rischio che il pianeta cessi di essere abitabile (un’esplosione per sbaglio potrebbe essere sufficiente) e l’ovvio provvedimento di liberarsi di tutte le bombe atomiche il più rapidamente possibile non sembrano essere all’ordine del giorno.
Sui programmi elettorali che abbiamo visto finora la parola “disarmo nucleare” è piuttosto infrequente. I programmi sono ancora in fase di elaborazione per cui aspettiamo la loro presentazione ufficiale per fare un’analisi dettagliata.
Il movimento per il disarmo nucleare dovrebbe intanto fare una immediata campagna di pressione affinché al tema venga dato il massimo di importanza e di risalto: sicuramente quei gruppi locali saranno in grado di andare a far pressione su ogni singolo candidato affinché si esprima sul fatto minimo di promuovere, nella prossima legislatura, la firma del trattato. Al tempo stesso una pressione sui partiti e movimenti affinché diano importanza al tema nei loro programmi ci pare necessaria e urgente.
Ovviamente le questioni che pongono i movimenti pacifisti e nonviolenti sui temi della difesa, del disarmo, della pace sono ampie ed articolate e rispecchiano, in ultima analisi, diverse visioni della realtà. Il compito nostro, come Pressenza, come Agenzia Stampa per la Pace e la Nonviolenza, è, è stato e sarà quello di documentare tutte queste proposte, nella loro diversità e di dare un piccolo ma speriamo significativo contributo al fatto che questo tema stia all’ordine del giorno delle istituzioni, dei politici, delle associazioni, delle persone comuni.