Con lo slogan “Siamo gente di pace”, nel pomeriggio del 16 gennaio la cittadinanza catalana si è mobilitata nuovamente per chiedere la libertà dei 4 prigionieri politici che si trovano ancora in carcere: Jordi Sànchez (presidente dell’organizzazione indipendentista Asamblea Nacional Catalana dal 2015 fino al 16 novembre 2017) e Jordi Cuixart (presidente dell’organizzazione civica e culturale Ómnium Cultural), che da tre mesi sono detenuti nel carcere di Soto del Real. Tre mesi reclusi in una cella a causa delle loro idee politiche, una situazione giuridica e umanamente inaccettabile, mentre Oriol Junqueras (presidente del partito politico Esquerra Republicana de Catalunya ed ex vicepresidente della Generalitat de Cataluña) e Joaquim Forn (ex consigliere degli interni della Generalitat de Cataluña) sono detenuti nel carcere di Estremera da 75 giorni.
A sostegno della protesta contro tale situazione, alle 20 sono state convocate di fronte a più di cinquanta municipi marce pacifiche e silenziose per reclamare la libertà e dimostrare, ancora una volta, che i catalani sono gente di pace. A Barcellona, cinque colonne di persone, partite da 5 diverse zone della città, si sono unite al Paseo Sant Joan. I manifestanti marciavano con striscioni, chiedendo la libertà dei prigionieri e con slogan del tipo “li vogliamo a casa”, “siamo gente di pace” o “siamo una repubblica”.
Le organizzazioni indipendentiste hanno diffuso un comunicato in cui insistono sul fatto che nessuno dei 4 prigionieri ha commesso alcun crimine e che sono stati ingiustamente imprigionati dalla Audiencia Nacional, “un tribunale che non ha competenze per farlo”. Assicurano che “anche solo un minuto in prigione di questi quattro uomini onesti dovrebbe far vergognare qualsiasi democratico”. Marcel Mauri (portavoce di Ómnium Cultural), ha letto un messaggio dal carcere di Jordi Cuixart, diretto a chi manifestava per la libertà dei prigionieri politici: “Di fronte alla rabbia, la dolcezza, di fronte alla tristezza, la speranza. Di fronte alla prigione, la pace e la libertà”.
Traduzione dallo spagnolo di Cristina Quattrone