In Sri Lanka ho avuto la fortuna di atterrare ormai più di 10 anni fa con una piccola associazione di cooperazione internazionale allo sviluppo. La meta era Maturamkernykulam, un piccolo villaggio che sorge a qualche chilometro dal mare, lungo la splendida costa nord orientale dell’isola, poco più a sud del distretto di Trincomalee. Un paesaggio mozzafiato in un territorio potenzialmente ricco di risorse naturali, che portava ancora ben visibili i segni dello tsunami del dicembre 2004 e i costi umani di una ventennale guerra civiletra tamil e cingalesi.
Proprio in questo sperduto villaggio abbiamo avviato un progetto per la costruzione di una community-house, il centro della tradizione sociale, educativa e sanitaria di molti villaggi di cultura tamil. Avevamo provato ad avviare un piccolo percorso di “Sangama”, parola tamil che significa “costruttività”.Poco più a nord e 10 anni prima, a Trincomalee era nato il modello di scuola Sangama ideato durante la presidenza del defunto Ranasinghe Premadasa (1924-1993), per sensibilizzare i cittadini all’importanza dell’unità fra le due etnie dell’isola.
In Sri Lanka il lento processo di riconciliazione con la minoranza indipendentista tamil ha continuato ad essere un tema delicato anche dopo la firma degli accordi di pace che il 16 maggio 2009 hanno messo la parola fine ad una guerra che aveva insanguinato l’isola dal 1983, causando circa 100.000 morti tra civili e militari. Un processo gestito della maggioranza cingalese attraverso una sorta di impunità dei vincitori, che fino ad oggi non ha aiutato la convivenze e ha dovuto fare i conti più volte con la ri-esplosione di un conflitto, che per essere definitivamente archiviato dovrebbe contare soprattutto sull’educazione delle nuove generazioni ad una cultura della pace, un modello ben interpretato proprio dalla scuola Sangama. Composta da 28 studenti, 17 sono tamil indù e musulmani e 11 sono cingalesi cristiani e buddisti, che vanno dalla prima alla quinta classe, tutti i bambini e i ragazzi di questa scuola studiano in due lingue e le confessioni religiose interagiscono in armonia.
Oggi il numero ridotto di studenti permette ai 10 insegnanti (compreso il preside) di seguire con cura l’istruzione degli studenti, per i quali “sono come genitori aggiunti”. Il preside è il musulmano Mohamad Aliyar Jainulabdeen e non perde occasione per ricordare l’importanza di questa coesistenza culturale non solo per i ragazzi. “Sono amici e fratelli, sorelle, senza nessuno che sia isolato, ma c’è molta cordialità anche fra i genitori e gli insegnanti” e grazie a questo spirito, tutte le festività delle varie etnie, dal Thaipongale al Natale, sono celebrate dall’intera comunità. “La scuola è un’esperienza così positiva che ci vorrebbero molti più insegnanti, visto che le richieste non mancano mai e si cerca per ora di garantire almeno la continuità famigliare”.Suraji Sumudu Kumari, madre di uno studente all’ultimo anno, ha >Asia News che anche i suoi figli più piccoli seguiranno l’esempio del maggiore presso la Sangama, compreso il più piccolo: “Sono felice perché non perderò il buon rapporto con la scuola e gli insegnanti, così gentili e capaci di trasmettere questo spirito di appartenenza a tutta la comunità.
Il ruolo centrale della scuola come via maestra per una pace più stabile sembra sempre più diffuso in questo distretto che è stato per decenni al centro di drammatici scontri etnici. Anche per gli insegnanti tamil e i membri del comitato del villaggio di Kovilgama, sempre nel distretto di Trincomalee, “Sostenere i bambini nel loro percorso di studio interconfessionale è il nostro unico sogno”. Anche se spesso a scuola “mancano gli strumenti base”, il desiderio della comunità è ampliare l’opportunità di far studiare “soprattutto i bambini di lingua cingalese”, trovando le risorse sufficienti per rispondere alle necessità scolastiche di tutti i ragazzi del posto e cercando di raggiungere il quarto obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che mira a garantire un’istruzione di qualità a tutti. Attualmente in buona parte del distretto di Trincomalee le lezioni si tengono gratuitamente, anche con l’aiuto di volontari che seguono i ragazzi durante le lezioni e nei compiti del dopo scuola e grazie ad insegnanti della scuola domenicale, che tengono lezioni senza chiedere un compenso per offrire un “servizio ai nostri giovani con il solo scopo che siano ben istruiti e integrati tra loro”.
Il nome del villaggio Kovilgama, viene dalla parola “Kovil” che indica il luogo di culto adatto a buddisti, cattolici, indù e musulmani. Al momento i membri del comitato del villaggio stanno cercando gli aiuti finanziari utili non solo a supportare economicamente la scuola, ma anche per completare la costruzione di questo spazio di culto comune. Uno dei cittadini di Kovilgama, Govindapulle Singarasa, ha affermato che “sono già nove anni da quando abbiamo iniziato la costruzione del Nuovo Kovil. E sono già 10 anni che celebriamo i riti puja in un luogo temporaneo… non è bene tenere il Dio [Ganesh] in una baracca temporanea per così tanto”. Anche questa è una lezione di “costruttività” interetnica e interreligiosa che una parte dello Sri Lanka sta lasciando in eredità alle sue future generazioni.
Alessandro Graziadei