La sala conferenze dell’hotel Parco dei Principi era gremitissima. L’attesa per l’intervento del Ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, inevitabile. Solo uno dei tanti dibattiti nell’ambito della conferenza “MED Dialogue” organizzata dalla Farnesina e dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, ma anche tra quelli più attesi perché in molti volevano sentire quali parole avrebbe pronunciato l’esponente egiziano sulla morte di Giulio Regeni. “E’ una vicenda tragica e in più occasioni abbiamo riconosciuto il dolore che ha provocato in Italia come in Egitto, viste le tante affinità che ci sono tra i nostri due paesi. Non vogliamo essere più segnati da questo incidente e allo stesso tempo riconosciamo l’impatto che ha avuto. Per questo rinnoviamo le nostre condoglianze”
Nell’udire la parola INCIDENTE più persone nella sala hanno avuto un sussulto… Qualcuno non si è trattenuto e ha lanciato, seppur a bassa voce, un insulto. Come si può definire un “incidente” il sequestro, la tortura e poi la morte di Giulio Regeni?
La delusione più grande è stata non aver visto chi moderava il dibattito incalzare Shoukry anche solo con una parola di dissenso o di sorpresa a fronte di quanto aveva appena detto il ministro egiziano. Sarebbe bastato per far capire ancora una volta che solo la verità è ineludibile, come ha detto la madre di Giulio, Paola Deffendi, ospite assieme al marito da Fabio Fazio. Non il rapporto stretto tra i nostri due paesi, come aveva invece dichiarato il ministro Alfano durante l’audizione. Ma le “regole di ingaggio” per poter anche solo toccare un tema così spinoso erano ferree. Eppure quella di pochi giorni fa con Shoukry è stata, a mio avviso, una grande occasione mancata.
Il ministro egiziano ci ha tenuto a sottolineare l’indipendenza della magistratura del suo paese nel portare avanti le indagini come anche a chiarire che mai in passato era stato permesso a inquirenti di altri paesi di intavolare una collaborazione stretta con la Procura Generale del Cairo. L’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini sta lavorando, lo fa dal primo giorno del suo arrivo in Egitto. Un lavoro sottotraccia che tutti sperano produca presto dei risultati. E’ stato fortemente criticato per aver sottoscritto, solo pochi giorni dopo il suo arrivo, degli accordi a nome del nostro paese con il ministero dell’interno egiziano a cui fanno capo quelle forze di sicurezza prime sospettate per la morte di Giulio. Ma a dispetto di questo, bisogna dargli fiducia continuando però a chiedere incessantemente quali sono i passi avanti.
Il tempo scorre, il rischio dell’oblio incombe. Ma i genitori di Regeni devono continuare a non sentirsi soli. Devono sapere che quella “scorta mediatica” creata per Giulio e per tutti quelli che come lui in Egitto hanno perso la vita tragicamente o sono scomparsi continua a tenere alta l’attenzione. Pronta a reagire, ad esempio, con una parola di dissenso alle affermazioni inappropriate di un alto esponente del governo egiziano.