“La cooperazione tra Egitto e Italia per la soluzione del tragico caso di Giulio Regeni è eccellente, la Procura del Cairo non è mai stata cosi aperta verso l’esterno nel fornire informazioni e dati, capiamo il vostro dolore e non vogliamo che questo incidente danneggi i rapporti tra i nostri due paesi”.
Sono le parole, riportate ieri in un articolo de “La Stampa”, pronunciate dal Ministro degli Esteri egiziano Shoukry a Roma, nel corso del terzo forum Mediterranean Dialogue. Parole inquietanti, ipocrite e persino offensive quando descrive l’uccisione di Giulio Regeni come un “incidente”.
“Cooperazione eccellente” e “procura del Cairo mai stata così aperta”, dunque. Certamente.
A una domanda di Andrea Greco di Rai Tre, che lo intervistava dal palco, Shoukry ha risposto che “la documentazione della procura è disponibile”. Peccato che quel famoso fascicolo, relativo alle indagini svolte dopo l’assassinio di Giulio, promesso sin dalla fine del 2016, quella procura non sia così disponibile a fornirlo. Mente sapendo di mentire, dunque, il ministro Shoukry.
Non è mancato il consueto gioco di sponda italiano. Per continuare a riabilitare l’immagine dell’Egitto come “partner ineludibile”, il Ministro degli Esteri Alfano (il virgolettato è suo) ha annunciato la firma di una dichiarazione sull’”importanza degli incontri e degli scambi tra studenti e giovani ricercatori, quale strumento fondamentale per rafforzare la conoscenza e la comprensione reciproca tra i paesi” del Mediterraneo.
Con l’Italia, partner di questa sorta di Erasmus mediterraneo saranno Libia, Algeria, Tunisia, Libano e… Egitto. Il paese dove il nostro “giovane ricercatore” Giulio Regeni, ormai 22 mesi fa, venne sequestrato, fatto sparire, torturato e assassinato. Siamo di fronte all’ennesimo segnale di rimozione.