Dopo aver esaminato politiche e prassi adottate dall’Unione Europea e dai suoi Stati in materia di immigrazione, ascoltato testimonianze e raccolto prove, il Tribunale Permanente dei Popoli riunito a Palermo ha emesso la sua sentenza, salutata da una lunga standing ovation.
Composta da sette giudici e presieduta dal magistrato di Cassazione Franco Ippolito, la giuria ha valutato che:
- le politiche dell’Unione Europea sulle migrazioni e l’asilo, a partire dalle intese e dagli accordi stipulati tra gli Stati dell’Unione Europea e i paesi terzi, costituiscono una negazione dei diritti fondamentali delle persone e del popolo migrante, mortificandone la dignità definendoli “clandestini” e “illegali” e ritenendo “illegali” le attività di soccorso e di assistenza in mare;
- la decisione di arretrare le unità navali di Frontex e di Eunavfor Med ha contribuito all’estensione degli interventi della Guardia costiera libica in acque internazionali, che bloccano i migranti in viaggio verso l’Europa, compromettendone la loro vita e incolumità, li riportano nei centri libici, ove sono fatti oggetto di pratiche di estorsione economica, torture e trattamenti inumani e degradanti;
- le attività svolte in territorio libico e in acque libiche e internazionali dalle forze di polizia e militari libiche, nonché dalle molteplici milizie tribali e dalla c.d. “guardia costiera libica”, a seguito del Memorandum del 2 febbraio 2017 Italia-Libia, configurano – nelle loro oggettive conseguenze di morte, deportazione, sparizione delle persone, imprigionamento arbitrario, tortura, stupro, riduzione in schiavitù, e in generale persecuzione contro il popolo dei migranti – un crimine contro l’umanità;
- la condotta dell’Italia e dei suoi rappresentanti, come prevista e attuata dal predetto Memorandum, integra concorso nelle azioni delle forze libiche ai danni dei migranti, in mare come sul territorio della Libia;
- a seguito degli accordi con la guardia costiera libica e nell’attività di coordinamento delle varie condotte, gli episodi di aggressione denunciati dalle ONG che svolgevano attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, sono ascrivibili anche alla responsabilità del governo italiano, eventualmente in concorso con le agenzie europee operanti nello stesso contesto;
- l’allontanamento forzato delle navi delle ONG dal Mediterraneo, indotto anche dal “codice di condotta” imposto dal governo italiano, ha indebolito significativamente le azioni di ricerca e soccorso dei migranti in mare e ha contribuito ad aumentare quindi il numero delle vittime.
Il Tribunale:
- Chiede una moratoria urgente dell’attuazione di tutti quegli accordi che similarmente all’accordo UE-Turchia e il Processo di Karthoum sono caratterizzati da assenza di controllo pubblico e dalla corresponsabilità nelle violazioni dei diritti umani fondamentali dei migranti.
- Invita il Parlamento Italiano ed il Parlamento Europeo a convocare urgentemente Commissioni d’inchiesta o indagine sulle politiche migratorie, gli accordi ed il loro impatto sui diritti umani, nonché sull’uso e destinazione di fondi destinati alla cooperazione internazionale, al fine di identificare e perseguire eventuali responsabili.
- Ritiene responsabilità specifica dei comunicatori e dei mass media di assicurare una corretta informazione sulle questioni migratorie, riconoscendo il popolo migrante non come una minaccia ma come titolare di diritti umani fondamentali.
Il Tribunale fa proprie e rilancia le proposte elaborate dalla relatrice speciale ONU sulle sparizioni forzate nel suo ultimo rapporto sulle sparizioni forzate nelle rotte migratorie (2017), nonché le richieste e raccomandazioni fatte da varie organizzazioni non governative, quali quelle contenute nell’ultimo rapporto di Amnesty International (dicembre 2017) sulla situazione in Libia.