A novembre il regista italo-pachistano Wajahat Abbas Kazmi, promotore della campagna “Allah loves equality”, è partito per il Pakistan con Elena De Piccoli, compagna di attivismo nella nostra associazione Il Grande Colibrì, a girare il documentario che porterà lo stesso nome della campagna e che darà finalmente voce alle persone omosessuali e transessuali che vivono nel paese.
Difendere i diritti umani
Al suo ritorno pochi giorni fa Kazmi, che è anche attivista di Amnesty International, ha avuto anche una bella sorpresa: ha vinto il premio come giovane attivista dell’anno attribuito dalla Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) a chi si distingue nella promozione e nella protezione delle libertà civili, dei diritti umani e dei principi democratici in Italia. Il regista ritirerà il premio venerdì alle 17 durante l’incontro alla Biblioteca interculturale Cittadini del mondo di Roma.
Oltre a quello per Kazmi, saranno assegnati riconoscimenti a diverse altre persone che si sono distinte nello stesso genere di attività, sia pure su piani molto diversi: dai nuotatori Manila Flamini e Giorgio Minisini all’ex calciatore Damiano Tommasi, da Manlio Milani all’account twitter “Giulio siamo noi” (attivato dopo l’assassinio di Giulio Regeni), dall’avvocato Fabio Anselmo (in prima linea nei processi di persone morte per mano delle forze dell’ordine), al giornalista recentemente scomparso Alessandro Leogrande, fino al dipendente pubblico Franco Lorenzoni, che ha lanciato la campagna per l’approvazione dello ius soli.
“Siamo molto felici del riconoscimento dato a Wajahat, che è uno dei cofondatori della nostra associazione. – ha dichiarato il presidente del Grande Colibrì, Pier Cesare Notaro – La campagna ‘Allah Loves Equality’ è stata un grande successo da molti puniti di vista: moltissime persone hanno manifestato la loro vicinanza, abbiamo raggiunto una visibilità molto utile per combattere il pregiudizio, siamo riusciti a sostenere la realizzazione di un documentario di grande importanza. Tutto questo sarebbe stato impossibile senza l’impegno e il coraggio di Wajahat e degli altri attivisti dell’associazione. Questo riconoscimento rappresenta anche una tappa importante di un percorso a favore delle persone LGBTQIA musulmane iniziato più di 6 anni fa in un clima di generale scetticismo e spesso di aperta ostilità”.
Wajahat Abbas Kazmi durante il Pride di Roma
Le dichiarazioni di Kazmi
“Sono molto contento di questo riconoscimento, anche se penso che ci siano molte altre persone che lo avrebbero meritato come e forse più di me – ha detto dal canto suo Wajahat Abbas Kazmi – Ma è stato bello rientrare in Italia ed essere accolto dall’annuncio del premio”. Il regista ci ha poi raccontato brevemente le quattro settimane in cui ha girato il materiale per il documentario, raccogliendo una grande quantità di materiale che ora dovrà essere selezionato e montato: “Il viaggio in Pakistan è stato entusiasmante e abbiamo incontrato moltissime persone, sia attivisti che persone comuni”.
“Credo che abbiamo molto da imparare da queste persone – continua Kazmi – Quasi tutte ci hanno detto che non vogliono lasciare il paese perché ‘se partiamo noi, chi porterà il cambiamento?’. Abbiamo incontrato persone con molto più coraggio di affermare se stesse come omosessuali o transessuali in Pakistan di quanto non lo siano gli immigrati o i figli di immigrati che dal paese sono andati a vivere in Europa, dove pure subiscono discriminazioni molto minori e non rischiano la vita per mano degli intolleranti che considerano il semplice essere omosessuale come un atto di blasfemia”.
Documentario in progress
Le riprese sono state facilitate dalla preparazione meticolosa di Kazmi e De Piccoli, che potevano contare su una rete di contatti e di amici che li hanno aiutati nel gestire al meglio il tempo della piccola troupe. “Ma abbiamo anche avuto dei momenti difficili” spiegano i due attivisti, che si sono perfino trovati in mezzo alle proteste degli islamisti che chiedevano le dimissioni del ministro della giustizia Zahid Hamid mentre stavano girando un’intervista a un’attivista transgender [ANSA]. “Eravamo letteralmente a pochi metri dalle persone che protestavano e che si scagliavano verbalmente contro la blasfemi. Poi sono stati istituiti posti di blocco ad ogni uscita della città, ma per fortuna le dimissioni del ministro hanno riportato un po’ di calma nei giorni successivi”.
Nei prossimi giorni racconteremo di più della lavorazione del documentario “Allah Loves Equality. Si può essere gay e musulmani?” e ringrazieremo tutti quelli che hanno contribuito alla raccolta fondi. Per ora vi ricordiamo che si può ancora contribuire, fino a fine anno, sul sito Produzioni dal basso: il budget minimo è stato raggiunto, è vero, ma le spese sono state tante e la lavorazione avrà ancora dei costi, per cui, se avete qualche euro che vi avanza dal budget dei regali per le feste, sapete cosa fare
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