Carissimi amici, innanzitutto grazie per aver aderito allo sciopero della fame del 10 dicembre 2017 per l’abolizione dell’ergastolo. Cosa abbiamo ottenuto? Non poco. Diciamo che abbiamo agitato le acque dello stagno “giustizia”. Ne ha parlato il TG5, vari giornali, Radio Radicale, siti web e social network. Il Ministro della Giustizia, il D.A.P. e i direttori di quasi tutte le carceri hanno dovuto, ancora una volta, prendere atto che in Italia esiste una condanna peggiore della pena di morte, una condanna che tumula le persone murandole vive prima che giungano a morte naturale. Noi dell’Associazione Liberarsi ci siamo, non ci fermeremo qua né abbandoneremo i detenuti, in modo particolare quelli che sono condannati all’ergastolo e quelli sottoposti al regime del 41 bis. Il prossimo anno ci sarà un nuovo digiuno contro l’ergastolo. L’appuntamento è per venerdì 30 marzo 2018. Sarà nostra cura inviarvi i moduli per l’adesione. Buone feste.
Per l’Associazione Liberarsi onlus: Giuliano, Bruno, Carmelo, Anna, Franco, Paolo www.liberarsi.net
Un ringraziamento particolare ad Agnese Moro per il suo articolo pubblicato su “La Stampa” di domenica 10 dicembre 2017, “La strada da percorrere per allontanarci dalla vendetta”.
Voci da fuori
Il mio personale contributo per la “Campagna Digiuna per la Vita”: oggi, domenica 10 dicembre, anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani, migliaia di detenuti e tutti gli uomini ombra, digiuneranno affinché l’ergastolo, la pena di morte in vita, possa essere cancellato per sempre dal nostro ordinamento. E adesso un pensiero di mio fratello Salvatore e un invito a riflettere. Cosa comporti per un uomo espiare la pena dell’ergastolo proverò a spiegarlo meglio proponendovi questa riflessione: immaginate di vivere dentro una stanza grande quanto uno sgabuzzino, una stanza che abbia il lettino rivolto verso l’entrata e sia chiusa da un cancello e da una porta di ferro, che lascia spazio alla luce solo attraverso una piccola feritoia. Immaginate, ora, di aprire ogni mattino gli occhi e di trovarvi a fissare questo cancello e questa porta, avendo dentro il cuore la speranza che prima o poi si aprirà e, subito poi, fulminea, vi sovvenga la consapevolezza che questa speranza è soltanto un espediente per allontanare da voi la verità: quella di essere destinati a invecchiare e a morire in carcere. Ecco, vivere l’ergastolo significa proprio questo: abitare dentro un presente che trascorre uguale un giorno dopo l’altro senza prospettive né promesse, solo in attesa che la tua vita, inutilmente, si esaurisca. (…) È chiaro: nessuno mette in dubbio che in uno Stato di diritto si ha il dovere di pretendere la punizione di chi infrange le regole democratiche, perché solo in questo modo si può effettivamente perseguire la giustizia; tuttavia, la domanda che mi pongo e sulla quale sarebbe bello rifletteste anche voi è la seguente: il concetto di giustizia può dilatarsi sino al punto di comprendere anche quello di vendetta, come la pena di morte e dell’ergastolo lascia supporre? Concludo questa lettera con una confessione: una delle lezioni che ho imparato nel corso di tutti questi anni è che non sempre si ha la possibilità di riparare al male che si è fatto, ma che si può, anzi si deve sempre tentare di recuperare l’uomo che lo ha commesso, perché rinunciare a questo tentativo equivale a dichiarare la propria incapacità di combattere il male con codici diversi da quelli che non siano del taglione e della vendetta: io, purtroppo, sono stato incapace di farlo… e voi? Ecco, in fondo, sta tutto in questo la differenza di cui vi dicevo.
Giusy Torre
Venerdì 8 dicembre, al Tg5 delle 20, un mio servizio con Carmelo Musumeci parla della giornata di digiuno di domenica, 10 dicembre, contro l’ergastolo, una pena di morte in vita. Eccolo all’uscita dal carcere mentre viene microfonato per l’intervista, prima di andare a fare volontariato in una comunità per persone disabili. Musumeci, come tanti altri ergastolani, è un uomo recuperato grazie alla cultura: si è laureato, scrive libri e si batte per l’abolizione del fine pena mai: una battaglia civile per cui si sono spesi personaggi come Marco Pannella e Umberto Veronesi.
Carmelo Sardo
Ecco la puntata su Radio Radicale: I DECRETI SULLE CARCERI, LA PENA DI MORTE NEL SUE FORME MASCHERATE E STRISCIANTI, IL DIGIUNO CONTRO L’ERGASTOLO OSTATIVO FISSATO PER IL 10 DICEMBRE. Ospiti: l’on Mario Marazziti, Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, Carmelo Musumeci dell’Associazione Liberarsi Firenze e la nostra Rita Bernardini.
Radio Carcere (Radio Radicale)
Non so che programmi avete… fra il ponte dell’Immacolata e l’attesa della festa che verrà… forse già in molti, quelli che ne hanno possibilità e disponibilità, ad imbandire la tavola delle feste… fra fruscii di tovaglie, e tintinnar di piatti, di vetri e di posate… Non per rovinarvi questo assaggio di Natale, ma vorrei invitarvi a sbirciare in alcuni luoghi dove si è digiunato. Perché sono più di duemilatrecento, per la precisione duemilatrecentotrentaquattro, le persone che ieri non hanno toccato cibo, lì, al chiuso delle mura dei nostri istituti di pena. Da Trieste a Siracusa, da Oristano a Fossombrone, da Torino a Rossano… persone condannate all’ergastolo, ma non solo… E con loro moltissimi altri che, fuori le mura, hanno aderito a questa giornata di digiuno voluta dall’Associazione Liberarsi, che da sempre ha un sogno: l’abolizione dell’ergastolo in Italia. (…) Disse Pietro Ingrao: “Io sono contro l’ergastolo prima di tutto perché non riesco a immaginarlo”. E voi, riuscite a immaginarlo? Ma non è solo una questione di bontà, anzi non lo è affatto. È questione piuttosto di diritti e di diritto. Del diritto e dei diritti che ogni giorno muoiono soffocati nelle nostre carceri… Dove si è digiunato… Il digiuno non fa rumore… ma vi è arrivato? Fra tanto tintinnar di stoviglie, vi arriva l’urlo di tutto questo silenzio?
Francesca De Carolis
“Abbiamo un sogno: l’abolizione dell’ergastolo in Italia. Con l’ergastolo la vita diventa una malattia, e gli ergastolani non vengono uccisi, peggio, sono lasciati morire. Molte persone pensano che la pena dell’ergastolo non esista, quindi è inutile toglierla. Ma se non esiste, perché c’è? Molti non sanno che con questa terribile condanna si raggiunge il confine dell’inesistenza perché la vita non vale più nulla e viene resa peggiore della morte”. Con queste parole si apre l’appello Una campagna digiuna per la vita. A me hanno ricordato la campagna “Mai dire mai”, promossa da ergastolani nell’autunno 2007. Consisteva in una lettera al Presidente della Repubblica, di poche righe. “Io – seguiva il nome – chiedo che la mia condanna sia tramutata in pena di morte, perché sono stanco di morire un poco ogni giorno.” . Il presidente Napoletano rispose, rinviando al Parlamento di intervenire nel merito. Senza alcun seguito, non certo per la rapida fine della legislatura. Oggi come allora sono gli ergastolani a porre con forza ed intelligenza la questione dell’abolizione dell’ergastolo. Ed oggi, come allora, dobbiamo innanzitutto sconfiggere un fantasma: quello che l’ergastolo non esiste. Che il “fine pena mai” è soltanto una condanna simbolica, ma di fatto, non la patisce nessuno. È il principale argomento contro l’abolizione dell’ergastolo. Del tutto falso, serve ad alimentare l’allarme sociale: la richiesta di pene certe, sempre più alte e severe, necessarie per contrastare i crimini, per la sicurezza di tutti e tutte. Insomma le leggi devono prescrivere più reati e più carcere, anche più ergastolo; i giudici devono emettere sentenze più severe; le condanne devono essere applicate senza sconti. Come scrisse Patrizio Gonnella anni fa, su queste pagine, si vorrebbe trasformare tutti i detenuti in ergastolani. (…) Le parole degli ergastolani, raccolte nell’appello per la Campagna digiuna per la vita, descrivono cos’è, nella quotidianità, la pena senza fine. Quanto sia privo di senso vivere, se non si può neppure immaginare un domani. Di questo dovremmo parlare, per porre, in concreto, il problema dell’abolizione dell’ergastolo. Dovremmo guardare alle singole vite deprivate per sempre di dignità umana. Se anche fossero poche, pochissime, sarebbe comunque un costo troppo alto. Se anche una sola vita patisce una pena disumana, questo è in contrasto ad ogni principio di giustizia e deve interessarci. Perché è colpito un bene indivisibile qual è la libertà personale. Dovremmo parlare all’amore per la libertà che è in ogni essere umano. Trovare il modo di parlare dell’ergastolo non con il linguaggio del diritto ma con quello della vita. Perché di vite concrete, di persone incarnate, si tratta.
Maria Luisa Boccia
L’ergastolo è la condanna più crudele che la mente umana possa aver concepito, più crudele dei delitti stessi che prevedono questa condanna. Una condanna senza tempo che rende vano qualsiasi tentativo di cambiamento o di rielaborazione critica della propria vita, dei propri crimini, delle ferite aperte in una società che non si ferma a riflettere sulle devastazioni sociali, prima ancora che ambientali, che sono state perpetrate al sud. Territori dove la presenza dello Stato si manifesta solo in divisa o con amministratori che continuano a ricattare la gente e a speculare sui bisogni, creando miseria economica ed umana. Ed è proprio qua che anche le mafie e le c.d. criminalità organizzate trovano terreno fertile. (…) Domenica all’esterno dei penitenziari di Cosenza, Bari e Napoli si terranno dei presidi di solidarietà per rendere visibile lo sciopero della fame dei detenuti, per dare voce alle ragioni di questa lotta. A Cosenza l’appuntamento è per le 12 di domenica sotto il carcere di via Popilia, a Bari alle 11 e a Napoli dalle 10 sotto il carcere di Secondigliano. Non lasciamoli soli!
Cosenza contro il Carcere, Non Solo Marange – collettivo di mutuo soccorso Bari, Liberiamoci dal carcere – Napoli. Associazione Yairaiha Onlus
La Camera Penale di Milano, così come l’Unione delle Camere Penali Italiane, ormai da anni si batte per la revisione delle norme che hanno introdotto l’ergastolo ostativo. La pena dell’ergastolo, se comminata per i reati previsti dal primo comma dell’art. 4 bis del nostro ordinamento penitenziario, è caratterizzata dalla impossibilità di accesso ai benefici penitenziari. Una pena perpetua, senza via di scampo. (…) In occasione dell’anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani del prossimo 10 dicembre ci sembra doveroso, dunque, rilanciare un appello pubblico per il superamento dell’ergastolo ostativo, aderendo all’iniziativa di digiuno per l’abolizione dell’ergastolo promossa per tale giornata dall’associazione “Liberarsi”.
Camera Penale di Milano Il Consiglio Direttivo
Voci da dentro
Fine pena mai: siamo morti che camminano. Le testimonianza dei condannati all’ergastolo: “Speriamo di vivere il meno possibile…”
(…) “Ecco perché bisognerebbe abolire questa terribile e crudele pena: la pena dell’ergastolo è una sentenza senza speranza e con questa condanna gli ergastolani muoiono ancor prima di finire la loro pena. E li vedi camminare in carcere in modo diverso da tutti gli altri prigionieri, perché fanno su e giù come morti in vita. Si muovono come spettri, guardando il tempo che va via, facendo una decina di passi avanti e una decina di passi indietro. Perduti per sempre in un mondo perduto, senza avere nulla, neppure il nulla, per cui attendere, sperare e vivere. Camminano senza neppure pensare, perché non riconoscono più il mondo che li ha visti nascere. La loro sembra una passeggiata della morte, con la morte e per la morte, e marciano da un muro all’altro, privi di sogni e di ogni speranza. Passeggiano nelle loro celle, da una parte all’altra, senza saper cosa fare. Indecisi a volte se morire o vivere. Vagano in un fazzoletto di cemento per mesi e anni. Da una parete all’altra con una pena senza fine. E con un giorno uguale all’altro. Muoiono un po’ a ogni passo, per tornare di nuovo a morire ancora un po’ ogni volta che incontrano il muro di fronte e si fermano per girarsi. Camminano sapendo che non possono guardare in faccia il futuro, consapevoli che possono solo guardare il tempo che va via, perché il loro domani è già tutto scritto, e il loro futuro sarà una lenta agonia senza rimedio, che durerà un’intera vita. I passi degli ergastolani sono lenti e corti, forse perché non possono andare da nessuna parte e i loro sogni finiscono dove iniziano, e muoiono passo dopo passo. I loro cuori si spengono dentro a poco a poco, perché avranno sempre un presente uguale al futuro, poiché la loro vita diventerà una malattia o una morte lenta, bevuta a sorsi”.
“Ho perso il piacere di vivere perché mi sembra di vivere in mezzo al nulla”.
“Hai ragione, qui tutto sembra assurdo e la nostra condanna che non finirà mai lo è ancora di più”.
“Se non sai il giorno, il mese e l’anno in cui finirà la tua pena, praticamente sei inghiottito da un buco nero e hai davanti a te una distanza infinita senza nessun orizzonte”.
“Vivere un’intera vita chiuso in una gabbia è certamente la peggiore delle torture”.
“Questa terribile condanna avvelena l’esistenza e se cerchi di resistere diventi ancora più matto”. “Hai ragione, l’ergastolano non può fare altro che ammazzare il tempo in attesa di crepare lui stesso”. Se c’è una cosa che l’ergastolano ha è il tempo: per questo camminiamo lentamente e forse perché più piano ci muoviamo e più il tempo passa in fretta”.
“Il guaio peggiore è che abbiamo troppo tempo e poche cose per viverlo”.
“Ormai non possiamo fare altro che osservare la nostra vita trascorrere senza di noi, perché non potremo più vedere il mare, i fiori, gli alberi e i sorrisi dei bambini e il nostro presente sarà uguale al nostro futuro, per tutti i giorni a venire”.
“Penso che una buona pena dovrebbe essere la medicina per curare il malato e non certo il veleno per farlo soffrire senza scampo”.
“Speriamo di vivere il meno possibile, per accorciare la nostra pena e far uscire almeno il nostro cadavere anche senza di noi”.
Pubblicata dal quotidiano “Il Dubbio”
A cura di Carmelo Musumeci per l’Associazione Liberarsi www.liberarsi.net