Quelle oltre 500 persone arrivate il 3 dicembre a Roma da 130 città italiane per discutere su come cambiare l’ordine delle cose (della narrazione, ma soprattutto delle politiche in tema d’immigrazione), probabilmente non le vedrete spesso in televisione. Sicuramente meno spesso di quanto non si vedano quattro persone che fanno un blocco stradale.
Doveva essere un evento celebrativo e conclusivo dell’insperato successo di un film – “L’ordine delle cose”, appunto, di Andrea Segre – ancora in sala dal 7 settembre e visto da decine di migliaia di persone.
E invece il forum “Per cambiare l’ordine delle cose” (organizzato da Amnesty International Italia, Banca Etica, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Naga Onlus, Jole Film e ZaLab), iniziato con un commosso ricordo di Alessandro Leogrande che avrebbe dovuto esserne uno degli animatori, potrebbe aver segnato l’inizio di una nuova stagione di impegno sui diritti, sull’accoglienza, sulla dignità dei migranti e dei rifugiati.
Gli oltre 500 partecipanti rappresentano un numero molto più alto di persone che non sono disposte a ridurre a colpi di slogan una questione cruciale come l’immigrazione e che vogliono sfidare la “fabbrica della paura” che produce divisione e odio: il “noi e loro”, anzi “noi contro loro”.
Per tutta la giornata del 3 dicembre i partecipanti hanno discusso ed elaborato una serie di proposte su cose concrete da fare per un nuovo ordine delle cose. Eccole:
– riattivare la programmazione dei flussi per motivi di lavoro, aperta anche a chi è già presente sul territorio nazionale e costruire tavoli territoriali per promuovere il coinvolgimento di Università, Enti Locali, Terzo settore e Impresa nella costruzione di partenariati volti all’ingresso regolare;
– sostenendo la riforma del Regolamento Dublino nella direzione indicata dal Parlamento europeo, favorire meccanismi di accesso protetto per richiedenti asilo e la valorizzazione dei canali umanitari già sperimentati;
– promuovere l’urgente attivazione di un’ iniziativa straordinaria di “evacuazione umanitaria” dalla Libia verso luoghi sicuri;
– sospendere gli accordi di esternalizzazione delle frontiere con i paesi terzi finalizzati al contenimento delle partenze, ai respingimenti e ai rimpatri forzati, denunciando al tempo stesso l’utilizzo strumentale dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo. Le risorse liberate potranno così essere investite nel finanziamento dei canali legali indispensabili all’efficace smantellamento della rete dei trafficanti;
– per evitare che la richiesta d’asilo sia l’unica modalità di ingresso, ampliare i concetti di protezione e aprire vie di entrata regolare non di protezione, ma di progetto migratorio volontario;
– a partire dal superamento dei Centri di accoglienza straordinaria e dell’accoglienza emergenziale, avviare un percorso stringente per integrare i servizi di accoglienza nei servizi sociali locali, al fine di migliorare il welfare per tutti nella sua capacità di dare servizi di inclusione bilaterale e reciprocità, anche a partire dal favorire la partecipazione sociale e politica dei migranti, e non di pura assistenza, anche in coordinamento con il mondo del volontariato e dell’attivismo sociale;
– riconoscere che le dimensioni anche numeriche della presenza di persone che hanno subito traumi estremi e di vittime di tratta rendono l’immigrazione non una questione tecnica per addetti ai lavori, ma una questione sociale di grande respiro, che richiede metodologie di intervento competenti e innovative attualmente non presenti;
– garantire la trasparenze delle politiche pubbliche riguardanti l’immigrazione e accesso alle fonti istituzionali;
– creare spazi fisici off line di incontro e formazione per progettare percorsi contro l’odio e l’esclusione;
– sfidare la narrazione razzista e tossica del “noi contro loro” e il discorso di odio, attraverso un’informazione positiva e l’attivazione di un sistema di difese legali e tutela giudiziaria delle persone offese.
Il 31 gennaio il Forum porterà le proposte “per cambiare l’ordine delle cose” a Bruxelles, al Parlamento Europeo. Ma intanto, con una campagna elettorale di fatto già iniziata in Italia, le proposte saranno a disposizione delle candidate e dei candidati.
“Per cambiare l’ordine delle cose”, si spera le facciano proprie in tanti.