Il 10 dicembre il movimento antinucleare non festeggerà solo l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace, deve anche ricordare la ricorrenza trentennale del primo trattato nella storia che ha ridotto il numero delle testate nucleari. Oggi quel trattato è a rischio.

Ci ammonisce che è importante ricordare, per trarne insegnamenti per il futuro ed evitare gli errori del passato.

 

I precedenti

Nei primi anni ’80 del secolo scorso esplose il problema delle armi tattiche schierate in Europa (la crisi degli Euromissili). La distinzione tra armi nucleari strategiche e tattiche non è mai stata chiara ed univoca: la Russia preferisce i termini di armi strategiche e sub-strategiche, a volte si parla di armi a medio raggio. Si tratta di solito di testate di potenza più piccola, montate su lanciatori che non hanno gittata intercontinentale: questo implica una notevole ambiguità, giacché i missili a medio raggio (5.000 km) statunitensi che erano schierati in Europa potevano raggiungere il territorio sovietico, mentre non era vero il contrario.

La crisi degli Euromissili creò una crescente tensione internazionale, avvicinando pericolosamente il rischio di una guerra nucleare: il Bulletin of the Atomic Scientists avvicinò le lancette del Doomsday Clock a soli tre minuto da Midnight!

È fondamentale oggi ricordare che nei primi anni ’80 si sviluppò un imponente movimento per la pace (che in qualche modo fece gioco anche ai governi europei) che aveva come primo obiettivo il disarmo nucleare[1]. Vi furono grandiose manifestazioni, anche in Italia.

 

Lo storico trattato INF

La crisi degli Euromissili si concluse ufficialmente l’8 dicembre 1987 con la firma da parte del Presidente Usa Ronald Reagan e del Segretario Generale dell’Urss Michail Gorbachev di un trattato veramente storico, perché fu il primo che stabilì una riduzione degli arsenali nucleari delle due super-potenze: fu il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces), che prevedeva la rimozione delle testate tattiche su missili a raggio breve e intermedio (tra 500 e 5.500 km) schierate in Europa[2].

È importante sottolineare che l’INF prevedeva solo la rimozione di queste testate, che infatti furono “ritirate”: da allora rimangono in Europa solo testate “a gravità”, quelle che sono ritornate al centro della contestazione, la settantina circa schierate in Italia nelle basi di Ghedi e Aviano, e che gli Usa stanno ammodernando per renderle più efficaci.

Il fatto che non vi fosse l’obbligo di distruggerle lasciò però un’eredità non indifferente insoluta, poiché i trattati START (Strategic Arms Reduction Treaty) degli anni ’90 non hanno più conteggiato e regolato le armi nucleari tattiche. Non si conosce il numero preciso di testate tattiche della Russia, si valuta che siano più di 2’000, ma non si conosce neppure il loro stato effettivo. Mentre si sa appunto che le testate tattiche degli Usa, se pure in numero molto ridotto rispetto agli anni ’90, sono in corso di radicale ammodernamento.

 

Poi arrivarono le difese antimissile

Andando per grandissime linee, dopo che il crollo dell’Urss aprì le prospettive di riduzione, e possibile eliminazione, degli arsenali nucleari (che sono passati da circa 70.000 testate a 15.000 attuali), all’inizio di questo secolo le tensioni internazionali ripresero ad aggravarsi e ad esasperarsi. Il ritmo di riduzione degli arsenali è andato rallentando, fin quasi ad arrestarsi (mentre, come ho documentato più volte, si sono sviluppati colossali programmi di “ammodernamento” per i prossimi decenni).

Fra gli sviluppi che riaccesero le tensioni ci fu anche la realizzazione delle imponenti (e costosissime, per la delizia delle grandi industrie militari) difese antimissile degli Usa, che introdussero un grave fattore di destabilizzazione, poiché accentuavano la superiorità del proprio sistema militare offensivo, acquisendo la capacità almeno teorica di abbattere i missili di un attacco nucleare, potendosi anche illudere di poter sferrare un first-strike, abbattendo i missili della ritorsione dell’avversario. La Russia accumulò infatti crescenti preoccupazioni, poiché non era in grado di contrastare i progetti americani o di poter competere.

È necessario comunque precisare che nessun sistema tecnologico darà mai la certezza assoluta di distruggere missili balistici in arrivo: come commentava la rivista Nature, “Il progetto di difesa antimissile rimane più discutibile tecnicamente e indesiderabile dal punto di vista strategico  che mai”[3]. Sono infatti possibili mezzi, molto meno costosi, per ingannare o saturare una difesa antimissile: false testate, esche, ecc. Questo fattore non fu estraneo ai limiti quanto meno deludenti posti dal Nuovo Trattato START del 2010 di 1.550 testate per parte, quando sarebbe stato più che logica una riduzione molto maggiore: Mosca evidentemente volle conservare una deterrenza maggiore, che può essere un altro strumento per saturare le difese antimissile.

In ogni caso l’allarme della Russia appare ampiamente giustificato. Le difese antimissile hanno introdotto una profonda rivoluzione militare e innescato una corsa a nuovi armamenti.

Già 10 anni fa Mosca rigettò una proposta degli Usa di cooperazione nel campo della difesa antimissile, nella quale percepiva chiaramente una trappola. Da un lato minacciò di ritirarsi dal Trattato CFE (Conventional Armed Forces in Europe) del 1990, che limitava i sistemi di armi convenzionali che entrambe le parti possono schierare in Europa. E sorsero le prime voci sulla minaccia di un ritiro unilaterale dal Trattato INF e di un ridispiegamento dei missili nucleari a gettata intermedia.

 

Un pilastro del regime di non proliferazione a rischio?

Dal 2014 si sono intensificati gli allarmi che il trattato INF sia a rischio. Le accuse tra Usa e Russia sono reciproche[4]. Washington denuncia lo sviluppo da parte de Mosca del nuovo missile cruise SSC-8[5]. A sua volta Mosca accusa invece che il lanciatore antimissile Mark-41[6] (Aegis) violerebbe il trattato INF, specificando che gli Usa userebbero missili vietati dal trattato nei test delle difese antimissile e alcuni droni armati sarebbero di fatto missili cruise vietati.

Le violazioni sono controverse: le hanno denunciate il comandante supremo della Nato Curtis M. Scaparrotti, e il Vice capo dello Stato Maggiore Generale Paul J. Silva, il quale però ha anche ammesso che questa violazione non da a Mosca nessun particolare vantaggio militare in Europa “data la localizzazione degli specifici missili schierati”[7]. Gli alleati europei e la comunità internazionale non sembrano affatto convinti che la Russia stia violando seriamente il trattato. D’altra parte ho già riportato i rischi pericolosissimi dell’intenzione di Trump di sviluppare nuove testate tattiche di piccola potenza[8].

Non è il caso di entrare qui in maggiori dettagli, il mio messaggio è semplice: il 10 dicembre festeggiamo alla grande il Nobel a Ican, ma ricordiamo anche il trentennale del Trattato INF rilanciando l’impegno per la sua preservazione!

 

 

 

 

[1]              La storia delle lotte per il disarmo nucleare è stata ricostruita da Lawrence S. Wittner, The Struggle Against the Bomb: il Vol. 3 riguarda questo periodo, Toward Nuclear Abolition: A History of the World Nuclear Disarmament Movement, 1971 to the Present, Stanford, CA: Stanford University Press, 2003; Confronting the Bomb: A Short History of the World Nuclear Disarmament Movement. Stanford, Stanford University Press, 2009.

[2]              Intermediate Nuclear Forces Treaty, U. S. History in Context,  http://ic.galegroup.com/ic/uhic/ReferenceDetailsPage/ReferenceDetailsWindow?failOverType=&query=&prodId=UHIC&windowstate=normal&contentModules=&display-query=&mode=view&displayGroupName=Reference&limiter=&currPage=&disableHighlighting=true&displayGroups=&sortBy=&search_within_results=&p=UHIC%3AWHIC&action=e&catId=&activityType=&scanId=&documentId=GALE%7CBT1605203047&source=Bookmark&u=imgacademy&jsid=c12f65181edb89f3448e2e58e8704d7f. Yuri Matvenko, On the issue of the denunciation of the Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty – Part II, 19 aprile 2016, http://katehon.com/article/issue-denunciation-intermediate-range-nuclear-forces-treaty-part-ii.

[3]              Nature, Editoriale, Vol. 447, 2, 3 maggio 2007.

[4]              Si vedano ad esempio: Yuri Matvenko, On the issue of the denunciation of the Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, 18 aprile 2016, http://katehon.com/article/issue-denunciation-intermediate-range-nuclear-forces-treaty. Editorial Board, “A cornerstone of Peace at Risk”, The New York Times, 3 aprile 2017, https://www.nytimes.com/2017/04/03/opinion/a-cornerstone-of-peace-at-risk.html. Blog Post by Senior Programme Advisor Col Stefan Hinz, 10 luglio 2017, http://www.gcsp.ch/News-Knowledge/Global-insight/The-INF-Treaty-at-Risk. US Potential Unilateral Withdrawal From INF Treaty Puts Europe at Risk, 29 giugno 2017, https://sputniknews.com/analysis/201706291055065875-usa-inf-withdrawal-europe-risk/.

[5]              9M729 – SSC-8, https://www.globalsecurity.org/wmd/world/russia/ssc-8.htm.

[6]              Mk-4 vertical launching system, Seaforces online, http://www.seaforces.org/wpnsys/SURFACE/Mk-41-missile-launcher.htm. https://www.lockheedmartin.co.uk/content/dam/lockheed/data/ms2/documents/launchers/MK41_VLS_factsheet.pdf.

[7]              A. Panda, The uncertain future of the INF Treaty, 25 ottobre 2017, https://www.cfr.org/backgrounder/uncertain-future-inf-treaty.

[8]              A. Baracca, “Piccole atomiche crescono, Pressenza, 4 ottobre 2017, https://www.pressenza.com/it/2017/10/piccole-atomiche-crescono/.