Ma l’Italia è ancora “Una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, come recita all’articolo 1 della nostra Costituzione? Secondo GreenItaly 2017, l’ottavo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere presentato lo scorso 24 ottobre a Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, sì, almeno per quanto riguarda la forza lavoro espressa dalla green economy nazionale. Sono infatti 355mila le aziende italiane, ossia il 27,1% del totale dell’industria e dei servizi, quelle che dal 2011 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie rinnovabili per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Una quota che in alcuni settori, come ad esempio il manifatturiero, sale al 33,8% dimostrando che l’orientamento green è un driver strategico del made in Italy. In particolare nel 2017, per il rapporto, “Si registra una vera e propria accelerazione della propensione delle imprese ad investire green: ben 209.000 aziende hanno investito, o lo faranno entro l’anno, su sostenibilità ed efficienza, con una quota sul totale del 15,9%, dato che ha superato di 1,6 punti percentuali i livelli del 2011”.
Di fatto più di un’impresa su quattro dall’inizio della crisi ha scommesso sulla green economy. Numeri che spiegano perché a questo settore si devono 2 milioni 972.000 green jobs, ossia occupati che applicano le proprie specifiche “competenze verdi”, una cifra che corrisponde al 13,1% dell’occupazione complessiva nazionale, conteggiata nel rapporto partendo da un’analisi dei microdati Istat sulle forze di lavoro e che è destinata a salire ancora entro dicembre di quest’anno. “Le assunzioni di green jobs programmate dalle imprese per il 2017 sono 318.010”, ai quali il rapporto aggiunge le assunzioni per le quali sono richieste competenze green, “che sono altre 863.000”. Si tratta, per il rapporto, di figure professionali che si caratterizzano per una maggiore stabilità contrattuale visto che “le assunzioni a tempo indeterminato sono oltre il 46% nel caso dei green jobs, quando in altre mansioni e settori tale quota scende a poco più del 30%”. Paradossalmente però questi nuovi impieghi rappresentano posti di lavoro che per le imprese non è sempre facile coprire, visto che è richiesta un’esperienza e un livello di qualificazione elevato.
In attesa che il mondo dell’istruzione del Belpaese fornisca competenze e personale sempre più preparati, una cosa appare evidente analizzando i dati: ambiente ed economia, non solo in Italia probabilemnte, si mostrano fortemente legati. “Emerge con sempre maggiore forza la necessità di un’economia più sostenibile e a misura d’uomo e per questo più forte e competitiva” ha commentato il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci. “Per andare in questa direzione adesso occorre un’economia che incroci innovazione e qualità con valori e coesione sociale; ricerca e tecnologia con design e bellezza, industria 4.0 e antichi saperi. La green economy è la frontiera più avanzata per cogliere queste opportunità”. Per il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, “Questo rapporto che sviluppiamo insieme a Symbola conferma che la green economy italiana è da anni sinonimo di competitività. Perché è capace di coniugare tradizione e innovazione, qualità e bellezza, coesione e cura dei dettagli, rispetto dell’ambiente e crescita sostenibile. E questo connubio si traduce per le imprese che abbracciano la scelta verde in migliori performance in termini di ordinativi, presenza all’estero e propensione ad assumere”. Anche per questo ha detto Lo Bello “conviene seguire la strada green per accelerare una crescita sostenibile, moderna e innovativa, del sistema Paese”.
La strada per la ripresa economica è quindi segnata e tutta in discesa? Non proprio. Se è vero, infatti, che per incentivare questo andamento green nel 2016 l’Italia ha approvato l’articolo 34 del Codice dei contratti pubblici di lavori, forniture e servizi, diventando il primo Paese europeo a rendere obbligatoria l’adozione dei Criteri ambientali come elemento chiave per l’assegnazione degli appalti verdi nelle nostre pubbliche amministrazioni, questa scelta virtuosa è curiosamente bilanciata dal fatto che gli acquisti verdi sempre delle pubbliche amministrazioni non solo non sono mai realmente decollati, ma risultano in calo nel 2017. Similmente mentre migliora l’efficienza energetica del Paese, in Italia sono tornate a crescere le emissioni di gas serra, e “cresce tre volte più velocemente del Pil anche la produzione di rifiuti speciali”, un dato che per l’Ispra è addirittura incerto e probabilmente sottostimato.
Secondo GreenItaly 2017, quindi, la situazione dell’Italia, per quanto positiva, non può fermarsi all’ottimismo ecologista e deve poter contare su una regia capace di valorizzare lo sviluppo sostenibile. Molto dipenderà dalla scelte della politica e delle istituzioni, che dovranno “avanzare misure coerenti con gli impegni della COP21 di Parigi, proseguire con il cammino imboccato dall’Europa sull’economia circolare, proporre una Strategia Energetica Nazionale che investa tutti i settori e che sia al tempo stesso coerente ed ambiziosa”. Del resto “è oggi assolutamente praticabile proporre, in campo elettrico, l’abbandono del carbone prima del 2030 e la totale produzione energetica da rinnovabili per il 2050″. Dalle scelte di molte imprese green potrebbe arrivare per l’Italia un futuro più desiderabile, più equo, più sostenibile e insieme meno fragile di fronte a questa crisi strutturale. Un tema interessantissimo, anche per la già calda campagna elettorale in vista delle politiche del 2018, se solo qualcuno saprà coglierlo.