“Un secolo di Russia” è un saggio molto interessante che prende in esame la cultura, l’economia e la politica russa (Lorenzo Gianotti e Nicola Lombardozzi, Editori Riuniti, 213 pagine, euro 16).
Nel centenario della Rivoluzione Russa è sicuramente molto utile riflettere più a fondo con un libro equilibrato e appassionato che descrive bene la cultura centralista russa, e che affronta questioni molto spinose come il conflitto con l’Ucraina nel Donbass e l’annessione della Crimea. Quindi gli autori prendono in esame il ruolo stabilizzante di Putin e quella destabilizzante della mafie e “del pizzo di Stato” che coinvolge molte burocrazie ufficiali (compresa la polizia e la magistratura).
Oggi un grande mafioso russo “veste in maniera sobria, non ha il corpo coperto di tatuaggi, manda i figli a studiare all’estero. Vive una doppia vita tra relazioni sociali riservate alle élite e un sottobosco criminale cui è rimasto il ruolo di manovalanza pura. A loro, ai manovali, sono concessi rituali e abitudini legati al passato” (p. 188). In alcuni cimiteri ci sono foto molto eloquenti.
Vladimir Putin non vuole rischiare a livello di sicurezza interna e ha creato la Guardia nazionale che dipende direttamente da lui. Questo corpo è dotato di carri armati e di mitragliatrici Tokar-2 che hanno un effetto dirompente e spietato in tutti gli ambienti urbani, contro terroristi e altri nemici.
In Russia e ai confini della Russia “Ogni tentativo di stravolgere il sistema si ritroverebbe contro un’orda di ceceni che non sono più delle belve autodidatte che combattono all’arma bianca ma unità regolari, armate addestrate e con l’ordine preciso di non fare prigionieri” (Vladimir Goljsev, storico e blogger, p. 177). Si può affermare che “gli inglesi trovarono la soluzione del problema scozzese trasformando montanari ribelli e aggressivi nella loro élite militare” e Putin ha adottato lo stesso metodo con i ceceni (conversazione privata, p. 176).
Negli ultimi anni le migliori risorse russe si stanno trasferendo all’estero: “si valuta che nel 2014-15 abbiano abbandonato la Russia 200 mila persone con un profilo professionale elevato… il 42 per cento dei top-manager russi di società russe aveva l’intenzione di trasferirsi all’estero e uno ogni sei pensava di farlo entro i prossimi due anni con Usa, Germania e Gran Bretagna come possibili destinazioni” (p. 146). Tutti valori sottostimati poiché molte persone non notificano la loro partenza. Negli Stati Uniti ci sono almeno “16.000 superlaureati provenienti dall’ex Urss” (Lev Gudkov, Centro Levada, 2016, p. 147). A Londra i critici e gli oppositori del Cremlino vivono negli stessi ambienti dei rampolli dei miliardari e dei ministri russi.
In ultima analisi sarebbe meglio condividere il pensiero di George F. Kennan: “durante la guerra fredda, sosteneva che la sola via per contenere la Russia non fosse quella di isolarla, ma di coinvolgerla in un sistema globale” Gleb Pavlovskij, politologo russo, p. 201). Oggi il maggior pericolo “è che uno stato sovrano in possesso di un enorme arsenale di armi di distruzione massiva possa diventare incontrollabile” (Pavlovskij, 2016). Gli Stati Uniti non possono continuare a spingere ai margini la Russia: “Dobbiamo avere un approccio con la Russia di bilanciamento ottimale tra collaborazione e competizione per un complesso di questioni di mutuo interesse” (Matthew Rojansky, Istituto Kennan del Centro Woodrow Wilson, p. 202).
Nicola Lombardozzi è dal 1989 agli Esteri di Repubblica che dirigerà per dieci anni. Dal 2009 al 2016 corrispondente per Repubblica da Mosca. Ha seguito da inviato a Kiev la rivolta della Majdan. Poi in Crimea tutte le fasi dell’”invasione mascherata” e della annessione della penisola alla Russia.
Lorenzo Gianotti è nato nel 1939, è stato un senatore per molti anni e ha una prolungata conoscenza dell’Unione Sovietica (dal 1922 al 1991, 15 paesi), della Russia e dell’Est europeo.
Nota tedesca – Un avvicinamento “con la Germania, nel campo della scienza e della formazione rappresenta una sorta di compensazione per il diradarsi della cooperazione politica” (Thomas Sebastian Vitzthum, Die Welt, agosto 2015). Nelle università tedesche sono presenti più di undicimila studenti russi (nota a p. 109).
Nota epidemiologica – In Russia la speranza di vita è la più bassa del continente europeo: 63 anni. La quota dei defunti maschi tra i 30 3 i 45 anni d’età è alta. Le spiegazioni più probabili sono: “l’ambiente sporco e pericoloso, la bassa qualità dei prodotti, la loro mancanza, la cattiva alimentazione, le pessime condizioni abitative, l’organizzazione produttiva pericolosa. La criminalità. I suicidi… Non c’è da stupirsi se in queste condizioni molta gente beve e molti muoiono avvelenati dalla vodka” (Vasilij Vlasov, 2015, p. 111).
Nota militare – In Siria gli aerei militari russi hanno compiuto tanti voli al giorno quanti quelli della coalizione Usa al mese. La flotta militare russa ha lanciato missili dal Caspio, a distanza di 1,5 mila chilometri” (Kim Sengupta, The Indipendent, 2016, p. 157).
Nota internazionale – Putin è riuscito a vincere la guerra in Siria e ora ha stabilizzato la regione. La Russia ha gestito anche importanti accordi energetici con il Qatar e con la Cina, accordi facilitati dal ponte finanziario italiano di BancaIntesa (Demostenes Floros, analista di Limes). Inoltre l’Italia sta diventando un ponte diplomatico tra Stati Uniti e Russia attraverso la gestione ben diversificata dei diritti di estrazione dell’Eni, che negli ultimi anni ha scoperto giacimenti di gas molto importanti. Comunque attualmente la Russia fornisce il 70 per cento del gas consumato in Europa. Nonostante tutto l’apparato burocratico e militare americano continua a considerare la Russia un paese ostile, anche se è la Cina che detiene il 90 per cento delle riserve di terre rare e ha iniziato a vendere il petrolio nella sua valuta nazionale. La Russia probabilmente non è nemmeno capace di stimare le proprie riserve minerarie se si pensa ai vastissimi territori ghiacciati e quasi inesplorati. In ogni caso Putin è una persona molto razionale e nessun russo ha fretta di morire (a differenza di molti fondamentalisti islamici). Però alcuni russi nazionalisti e parte delle forze armate, “temono che il grande disegno russo-cinese di costituire due blocchi euroasiatici interconnessi finisca per far assumere alla Russia… il ruolo di bacino di risorse da far sfruttare ai cinesi” (Fabio Mini, 2017, p. 82). La rivoluzione ucraina del 2004 gestita dagli Usa ha fatto scattare la reazione russa (p. 74).