Quanto si spende in Italia per curarsi? E quante persone devono rinunciare a medicine e terapie per la loro condizione economica? Il quadro lo traccia un’elaborazione del Banco Farmaceutico sui dati Istat. Se n’è parlato oggi a Roma, nella sede di Aifa, in occasione della presentazione del ‘Rapporto 2017 – Donare per curare: povertà sanitaria e donazione farmaci’, promosso dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus e BFResearch.
I poveri spendono 29 centesimi al giorno per curarsi
In Italia, nel 2015, le persone indigenti hanno potuto spendere per curarsi 29 centesimi al giorno, cioè 106 euro all’anno (14 euro in meno rispetto all’anno precedente), contro i 695 euro (+13 euro) del resto della popolazione. Contestualmente, le famiglie povere hanno potuto spendere solo il 2,4% del proprio budget in salute (22,18 euro su 905.84 euro mensili), contro il 4,5% (111,92 euro su 2.498,58 euro mensili) delle famiglie non povere.
Tra i poveri assistiti in Italia, oltre all’aumento degli stranieri (+6,3%), va rilevato quello dei minorenni (+3,2%). Gli under 18, in particolare, rappresentano il 21,6% degli utenti. La crescita maggiore si evidenzia tra i minorenni italiani (+4,5% in un anno, contro il +1,5% dei minori stranieri).
In merito agli anziani, emerge quindi dal Rapporto, gli assistiti sono meno dell’anno precedente (-5,2%) e sono prevalentemente italiani (20,2%, contro il 9,2% di anziani stranieri). Gli adulti rappresentano la componente maggiore dei poveri assistiti: sono il 65,2% del totale (59% tra gli italiani; 68,9% tra gli stranieri).
Una persona su tre rinuncia ad acquistare medicine.
Anche chi non è povero fatica a curarsi
Un’indagine commissionata da Banco Farmaceutico a Doxa Pharma e condotta su un campione rappresentativo di utenti, infatti, ha rilevato che un individuo su tre è stato costretto a rinunciare almeno una volta ad acquistare farmaci o ad accedere a visite, terapie o esami. Il 16% ha cumulato tutte le tipologie di rinuncia.
Il 23% degli intervistati ha rinunciato almeno qualche volta ad acquistare farmaci. Rinuncia soprattutto chi ha un titolo di studio basso (40,85%), chi ha più figli (42,1%) e chi vive al sud (50,6%).Rinunciano casalinghe (40,2%), pensionati (39,8%) e, più di tutti, i lavoratori atipici (51,2%).
Chi ha rinunciato a farmaci, emerge ancora dall’indagine, in 4 casi su 10 ha dovuto ridurre in modo molto consistente anche visite, terapie ed esami. Più ampia (26%) la platea di chi ha rinunciato almeno una volta a visite, esami o terapie. Poco meno della metà di questo sottogruppo ha dovuto rinunciare tre o più volte alla cura nel corso dell’anno. Ma anche dentro il perimetro degli utenti coperti dal Servizio sanitario nazionale ci sono problemi: più del 10% degli intervistati ha rinunciato infatti a visite ospedaliere o a esami del sangue, non potendosi permettere il ticket.
13 milioni di italiani limitano le visite mediche
Nel 2015 oltre 13 milioni di italiani (un milione in più rispetto al 2014) hanno limitato il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico. Sono in questa condizione 20 famiglie non povere e 42 povere su 100.Secondo l’Osservatorio sui Medicinali (OsMed) di Aifa, inoltre, le spese farmaceutiche totalmente a carico delle famiglie sono ammontate nel 2016 a 8 miliardi e 165 milioni di euro, cioè il 37,1% della spesa totale (22 miliardi 58 milioni di euro). Questo significa che il Servizio sanitario nazionale, nonostante assolva in buona parte alla sua funzione universalistica, copre solamente il 62,9% di tale spesa.