L’approvazione in sede di Conferenza dei Sindaci dell’ATO2 (gestione dell’acqua a Roma e provincia) dell’avvio di un tavolo per la ripubblicizzazione del servizio idrico, dell’inserimento qualificato nello stesso dei Comitati per lacqua, e della decisione di destinare gli utili di Acea agli investimenti invece che ai dividendi per gli azionisti, porta con sé un apparente paradosso: tutte queste decisioni sono state prese contro l’amministrazione di Virginia Raggi e del movimento 5Stelle, che, anche in quella sede, si sono opposti con determinazione.
Per essere un soggetto che proprio sulla vittoria referendaria del 2011 ha capitalizzato molte delle sue fortune politiche e che ha posto l’acqua pubblica come prima delle sue cinque stelle, la trasformazione parrebbe inspiegabile.
Ma, se analizziamo meglio lideologia e la pratica del Movimento 5Stelle, il paradosso smette di essere tale e ne investe tutte le contraddizioni.
Epigoni sin dalla nascita della democrazia diretta, in realtà i 5Stelle non l’hanno mai pensata come espressione della partecipazione sociale diffusa, né come strumento della riappropriazione sociale, bensì come forma del cittadinismo, espressione di individui singoli e consapevoli, onesti e meritevoli, le cui aspirazioni sono state negli anni bruscamente fermate dalla malagestione e dalla corruzione dei partiti politici (peraltro fondata).
Questa visione porta con sé due automatismi, ben evidenti ogni volta che i 5Stelle vincono le elezioni per un governo cittadino.
Il primo riguarda l’assetto dei poteri forti, che, identificati solo nei partiti, magicamente spariscono con la loro sconfitta elettorale, permettendo un’era di governo lineare e senza contraddizioni. Impossibile spiegare loro quanto invece affermò, davanti ad una piazza stracolma, l’attuale sindaca di Barcellona, Ada Colau, la sera della sua elezione: ”oggi abbiamo preso il governo di Barcellona, siamo molto lontani da averne preso il potere. Per questo è necessario che le mobilitazioni non si fermino questa sera, delegando a noi il domani, ma che continuino ogni giorno, per permettere a noi tutti dal governo di Barcellona di iniziare a contrastare il potere di Barcellona”.
In assenza di questa consapevolezza, si finisce per pensare, come è successo ad Acea di Roma, che, sostituendo i membri del Consiglio di Amministrazione deciso dai partiti con nuovi membri decisi dai 5Stelle, la multiutility si trasformi, da esempio di privatizzazione dell’acqua, in strenua difensora dei beni comuni e che le sue scelte, fino a ieri contrastate con forza, vengano oggi difese dai grillini a qualsiasi livello istituzionale con un’acriticità che rasenta il fanatismo.
Il secondo automatismo riguarda il concetto di democrazia e di conflitto sociale. Se la visione globale si basa sul cittadinismo come sopra declinato, una volta vinte le elezioni è sufficiente dichiararsi cittadini portavoce per eliminare qualsiasi dialettica sociale: nasce da qui l’astio dei 5Stelle che, oltre partiti e corpi sociali intermedi, investe i movimenti sociali, i comitati e le realtà di base, che, in quanto portatori di interessi collettivi, vengono automaticamente derubricati in lobby di potere che sovrastano i veri cittadini, i quali, onesti e puri, possono e debbono riferirsi ai loro portavoce che li rappresentano esaustivamente.
E’ così che, nati in risposta alla crisi verticale della democrazia rappresentativa, i 5Stelle ne divengono gli ultimi epigoni, deprivandola della dialettica sociale e trasformandola nell’identificazione adesiva dei singoli con i loro eletti.
Da qui a vedere nei comitati per l’acqua pubblica il nemico il passo è automatico.
Ma poiché la realtà mette le illusioni con le spalle al muro, e niente è più reale dei poteri forti in una città come Roma, ecco che il castello di carte cade al primo soffio di vento: che sia l’acqua, che sia lo stadio, il risultato finale è che, a furia di proclamarsi amministrazione al servizio dei cittadini, si finisce per ritrovarsi al servizio di solo alcuni di essi. I soliti noti.
Marco Bersani