Il governo ha annunciato quella che ha definito “la decarbonizzazione totale” entro il 2025. E meno male che finalmente ci si è arrivati, almeno all’annuncio. Ma poi il premier e il suo ministro hanno frapposto una serie di “se”, “hanno giocato al ribasso” con le rinnovabili, come denunciano le associazioni ambientaliste, e continuano a puntare sul gas.
Il premieri Gentiloni, il ministero per lo sviluppo economico Carlo Calenda e dell’ambiente Galletti hanno presentato la cosiddetta “Strategia energetica nazionale” annunciando l’uscita dal carbone entro il 2025. Grandi applausi, ma anche molte richieste di ulteriori garanzie e concretezze.
«Ora è necessario che alla dichiarazione della SEN seguano provvedimenti e politiche: come tutti gli obiettivi, infatti, anche quello del phase out dal carbone, necessita di azioni concrete e operative oppure rischia di rimanere sulla carta» dice il WWF. «Chiederemo al governo di dar corso alle norme attuative, tenendo conto delle indicazioni contenute nel rapporto “Politiche e misure per accelerare la transizione energetica e l’uscita dall’uso del carbone nel settore elettrico”, in cui si dimostra come l’introduzione di adeguate regole finanziarie e meccanismi fiscali non solo possa facilitare l’uscita dal carbone, ma possa tradursi in un vantaggio economico per il nostro Paese».
«Uno degli aspetti probabilmente più critici della nuova SEN è però continuare a puntare sul gas, intendendo erroneamente questo combustibile come adeguato a un serio processo di decarbonizzazione» prosegue il WWF. «La letteratura scientifica ci dice invece come il gas, seppur dotato di performance ambientali migliori del carbone, non debba essere oggetto di massicci investimenti in una fase di transizione già iniziata e avanzata, giacché questo impedirebbe di puntare sulle tecnologie a zero carbonio e, quindi, non consentirebbe di conseguire gli obiettivi climatici stabiliti dall’accordo di Parigi (ossia di contenere l’innalzamento delle temperature planetarie entro i 2°C rispetto al periodo preindustriale, puntando a 1,5°C). Oggi occorre puntare direttamente sulle fonti rinnovabili, sull’efficienza e sul risparmio energetico, su sistemi di accumulo efficienti, sulle smart grid, su un massiccio riassetto nel sistema dei trasporti. Disperdere risorse su tecnologie “non definitive” rappresenta solo un spreco di denaro e di tempo che il pianeta, come è ormai evidente a tutti, non può permettersi».
Sul tema è intervenuto anche il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio:«Non possiamo pensare di sostituire il carbone con il gas naturale: bisogna investire in smart grid, efficienza energetica e rinnovabili, per limitare al minimo indispensabile il ricorso al gas e la costruzione di nuove infrastrutture come gasdotti o rigassificatori, visto che questo andrebbe anche contro i dichiarati obiettivi di indipendenza energetica. Sul tema della mobilità attendiamo inoltre la definizione di strumenti chiari, non solo in sostegno alle auto elettriche, ma anche in favore di mobilità alternativa e condivisa».
Secondo l’associazione ambientalista è importante che, contestualmente all’abbandono del carbone, si diano ai cittadini gli strumenti per diventare energy citizen, ovvero per autoprodurre energia e diventare consumatori consapevoli.
Greenpeace ha proiettato in questi giorni in Germania un messaggio in diverse lingue per ricordare che non c’è nessun futuro nei combustibili fossili. In Italia, invece, l’organizzazione ambientalista ha lanciato venerdì scorso un tweet bombing, indirizzato proprio al Presidente del Consiglio Gentiloni e al ministro Calenda, per fare chiarezza sulla posizione del governo italiano sul cosiddetto “Winter package”, un pacchetto di misure in discussione in Ue che deciderà il futuro energetico del nostro continente fino al 2030.
«In Europa l’Italia si dice favorevole al capacity payment, ossia al finanziamento con soldi pubblici di centrali a carbone e a gas, senza alcuna restrizione. Sul tema degli energy citizen invece la posizione del governo a Bruxelles è vaga e certamente non virtuosa, mentre la SEN si limita a citare il tema senza dare obiettivi. Inoltre, in Ue, siamo tra i Paesi che non vogliono definire obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili, richiesti invece perfino da parte dell’industria elettrica, con Enel in testa. Tutto ciò appare ancor più incomprensibile per un Paese che giustamente ha annunciato l’abbandono del carbone e che dichiara di volersi impegnare a fondo per portare avanti l’Accordo di Parigi», conclude Onufrio.
Sottolinea dal canto suo Legambiente: «Ci aspettiamo che il Governo approvi politiche per lo sviluppo delle rinnovabili già nella Legge di Bilancio, per rilanciarne la crescita e consentire di raggiungere gli obiettivi indicati dalla SEN».
L’obiettivo energetico al 2030 «va ora accompagnato da politiche che spingano davvero le rinnovabili: attraverso l’autoproduzione, che invece è ancora bloccata nel nostro Paese, e gli investimenti nelle smart grid, nell’efficienza, nella mobilità elettrica e sostenibile nelle città, nei sistemi di accumulo» prosegue Edoardo Zanchini dell’associazione.
«Ora davvero servono scelte coraggiose per rilanciare questi interventi, a partire dalla Legge di Bilancio, dopo anni in cui la produzione da rinnovabili ha smesso di crescere in Italia. Altrimenti il rischio è che la produzione da carbone sia sostituita dal gas, vanificando gli obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici. Anche a livello europeo – conclude Zanchini – ci aspettiamo che l’Italia non si metta di traverso, come troppo spesso è avvenuto, rispetto alla scelta di introdurre target più ambiziosi a livello europeo nel pacchetto Energia e Clima al 2030”.