Si è conclusa il 10 ottobre a Gerusalemme la marcia della pace: evento organizzato dal Movimento Women Wage Peace con la collaborazione di Uniti per Unire e la Confederazione Internazionale Laica Interreligiosa (Cili-Italia), che ha coinvolto 30.000 donne musulmane, ebree, cristiane e laiche, provenienti da tutti gli angoli del paese per percorrere insieme la via della speranza e della pace.
Questo evento storico è partito Il 24 settembre 2017, con una cerimonia di inaugurazione che ha conciso con l’inizio del nuovo anno ebraico, a Sderot la mattina e la sera presso il Kibbutz Tzeelim (ore 19). Quattro le rotte percorse – Sud, Nord, Ovest, Est – che hanno toccato numerose città e località tra le quali: Kissoufim, Zeelim, Yerouham, Rahat, Beer Sheva, Arad, Gush Etzion (vicino Eli), Dimona (il 26 settembre); Nazaret (il 3 ottobre); Jaffa (il 6 ottobre). L’8 ottobre le donne ebree, musulmane e cristiane si sono incontrate nel villaggio di pace di Agar e Sarah, costruito nel deserto accanto al Mar Morto, dove hanno organizzato gruppi di discussione, mostre artistiche ed eventi musicali con la partecipazione di artisti di ogni provenienza.
L’8 ottobre, al termine del grande raduno a Gerusalemme, le donne sono state accolte da Adina Bat Shalom, figlia del grande rabbino sefardita Rav Ovadia Yossef z”al, che ha fatto un importante discorso sulla pace. Il 9 e 10 ottobre le “costruttrici di pace” hanno costruito una grande “Capanna della Pace” (Sukkàt Shalom), dentro cui hanno condotto incontri e gruppi di studio e il 10 ottobre hanno inaugurato un Parlamento femminile . Tutta la Strada della Pace è stata accompagnata da un Manifesto congiunto per israeliani e palestinesi, co-firmato dalle donne.
La scrittrice di religione ebraica Shazarahel, Vice Presidente della Confederazione Internazionale Laica Interreligiosa #Cili-Italia e Coordinatrice del Dipartimento #DonnedelDialogo di Uniti per Unire, ha dichiarato: “Nei nostri incontri a volte ci abbracciamo e piangiamo di commozione le une sulle spalle delle altre, senza bisogno di dirci nulla. Diverse donne hanno infatti perso un figlio, un marito, qualcuno dei propri cari. Ogni famiglia israeliana e palestinese ha almeno un morto fra i propri cari, perso a causa del conflitto. I media ci hanno abituato alle liste numeriche di morti. Quando ascolti le testimonianze dal vivo di chi invece ha perso uno dei propri cari, ti rendi conto che ogni morto non è un “numero anonimo” e che dietro ogni morto c’è tutto un mondo di sofferenza, di affetti recisi, di famiglie spezzate”.
“Trentamila grazie a tutte le donne musulmane, ebree, cristiane e laiche che hanno marciato per la pace e stanno scrivendo una nuova pagina della storia del dialogo in Medio Oriente”, ha dichiarato Foad Aodi, Fondatore della Confederazione Internazionale Laica Interreligiosa CILI-Italia e del Movimento Internazionale Uniti per Unire. “Queste donne hanno coinvolto trasversalmente diverse realtà in Terra Santa, anche i loro figli. Lo hanno fatto con grande passione, volontà e impegno per concretizzare una proposta di pace vera e duratura facendo cadere il muro della paura, della diffidenza, del silenzio, della sofferenza e delle false illusioni”.