All’inizio di due processi separati, che si celebrano a Istanbul e Smirne, Amnesty International ha dichiarato che le accuse di terrorismo fabbricate contro 11 difensori dei diritti umani, tra i quali la direttrice e il presidente della sezione turca dell’organizzazione per i diritti umani, non stanno minimamente in piedi. Per quelle accuse, gli 11 imputati rischiano fino a 15 anni di carcere.
“È stato chiaro sin dal momento dell’arresto che siamo di fronte a procedimenti di natura politica aventi l’obiettivo di ridurre al silenzio le voci critiche della Turchia”, ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa di Amnesty International.
Dieci difensori dei diritti umani, tra i quali la direttrice di Amnesty International Turchia İdil Eser, sono stati arrestati il 5 luglio, un mese dopo l’arresto di Taner Kılıç, presidente dell’associazione. L’accusa nei loro confronti è di “appartenenza a un’organizzazione terroristica”.
“Le autorità turche hanno cercato di montare un caso contro gli 11 difensori dei diritti umani con accuse prive di sostanza e di fondamento. Tre mesi dopo l’arresto, la pubblica accusa non ha portato alcuna prova. Non ci dovrebbe volere neanche mezz’ora al giudice per archiviare tutto”, ha commentato Dalhuisen.
Secondo l’accusa, normali attività in favore dei diritti umani – come candidarsi a un bando, chiedere il rilascio di insegnanti in sciopero della fame, o la richiesta di cessare la vendita di gas lacrimogeni – equivarrebbero ad appoggiare gruppi che praticano il terrorismo.
İdil Eser avrebbe assistito tre organizzazioni terroristiche aventi ideologie diametralmente opposte. Alcune delle accuse rivolte contro İdil Eser si basano su due rapporti di Amnesty International diffusi prima che lei entrasse a far parte dell’associazione.
Non sorprende che la pubblica accusa non sia riuscita a provare in alcun modo la tesi che il seminario di formazione che si stava svolgendo sull’isola di Büyükada, luogo degli arresti, fosse un “incontro segreto per preparare una rivolta simile a quella di Gezi Park” o che gli imputati stessero prendendo parte ad attività illegali. Amnesty International ha svolto una dettagliata analisi degli atti giudiziari, esaminando una per una le accuse nei confronti degli 11 imputati.
Mentre 10 imputati compariranno in aula a Istanbul, il presidente di Amnesty International Turchia Taner Kılıç andrà a processo a Smirne con l’accusa di “appartenenza all’organizzazione terroristica Fethullah Gülen”, per aver scaricato l’app di messaggistica ByLock con la quale gli aderenti del movimento diretto da Gülen erano soliti comunicare. Tuttavia, due perizie indipendenti commissionate da Amnesty International sono giunte alla conclusione che sul telefono di Taner Kılıç quell’app non è neanche mai stata installata.
I processi iniziano mentre crescono le pressioni internazionali sulla Turchia affinché gli 11 difensori dei diritti umani siano rilasciati. Si sono espressi in questo senso, tra gli altri, il segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e il presidente della Commissione diritti umani del Parlamento Europeo Pier Antonio Panzeri.
Del lungo elenco di governi, istituzioni e leader politici che hanno chiesto il rilascio degli 11 difensori dei diritti umani fanno parte la Commissione Europea, il dipartimento di Stato degli Usa, Angela Merkel e tutto il governo tedesco così come quelli di Austria, Belgio e Irlanda.
“Questi due processi costituiranno una prova decisiva per il sistema giudiziario turco e il loro esito ci dirà se stare dalla parte dei diritti umani sia diventato o meno un reato in Turchia”, ha sottolineato Dalhuisen.
“Se la giustizia verrà sovvertita da una spaventosa fantasia basata su accuse assurde e infondate, quello sarà un giorno nero per il sistema giudiziario turco e un fosco presagio per il futuro dei diritti umani in Turchia. Gli occhi del mondo osserveranno i processi di Istanbul e Smirne. È ampiamente giunto il momento perché i nostri colleghi siano rilasciati”, ha concluso Dalhuisen.
Ulteriori informazioni
Il 5 luglio i “10 di Istanbul” stavano prendendo parte a un seminario di formazione su benessere e sicurezza digitale sull’isola di Büyükada quando la polizia ha fatto irruzione nell’albergo dove si trovavano arrestando tutti i partecipanti. Dopo aver trascorso 13 giorni nella sede centrale della polizia di Istanbul, i 10 sono comparsi di fronte a un giudice che ha ordinato la loro detenzione in attesa del processo.
Il 4 ottobre un pubblico ministero ha chiesto, sulla base di pretestuose e assurde accuse di terrorismo, 15 anni di carcere per loro così come per Taner Kılıç che sarebbe stato a conoscenza dei preparativi del seminario di Büyükada ed era in contatto con İdil Eser e altri imputati.
Dei “10 di Istanbul” fanno parte İdil Eser di Amnesty International, Günal Kurşun e Veli Acu dell’Associazione Agenda per i diritti umani, Özlem Dalkıran e Nalam Erkem dell’Assemblea dei cittadini, il consulente su strategie della tecnologia dell’informazione Ali Gharavi, il formatore su benessere e nonviolenza Peter Steudtner e İlknur Üstün della Coalizione delle donne. Altri due difensori dei diritti umani – Şeyhmus Özbekli dell’Iniziativa per i diritti e Nejat Taştan dell’Associazione per il monitoraggio dell’uguaglianza dei diritti – sono stati rilasciati su cauzione in attesa del processo.