La crisi umanitaria a Cox’s Bazar, in Bangladesh – dove si sono rifugiati oltre 582.000 Rohingya in fuga dalle violenze nello stato di Rakhine, in Myanmar – sta peggiorando: nei soli primi due mesi della nuova ondata di arrivi, Medici Senza Frontiere (MSF) ha assistito oltre 30.000 pazienti, un numero cinque volte maggiore a quello delle persone trattate nelle proprie strutture nello stesso periodo dello scorso anno.
“Se la risposta a questa crisi non aumenterà per far fronte all’enorme bisogno di rifugi, acqua pulita, assistenza medica e cibo, temiamo lo scoppio di una grande epidemia e, con essa, un’emergenza di salute pubblica”, dichiara Roberto Onus, coordinatore dell’emergenza per MSF.
In risposta alla crisi umanitaria MSF ha ampliato enormemente le proprie operazioni nel paese. In aggiunta al personale già sul campo, l’organizzazione ha impiegato altre 800 persone, portando la propria presenza a Cox’s Bazar da 200 a 1.000 operatori. “Raramente ho visto così tante persone, centinaia di migliaia, vivere in ripari di fortuna, bloccati in un’area delle dimensioni di una piccola città europea e con scarso accesso ai servizi di base”, racconta Paul Jawor, esperto di acqua e potabilizzazione per MSF.
MSF ha aumentato la capacità della propria struttura a Kutupalong da 50 a 70 posti letto, con nuovi reparti e possibilità di isolamento per casi di malattie infettive. La struttura, che fornisce assistenza medica di base e di secondo livello – la più grande di MSF a Cox’s Bazar – è operativa dal 2009. Una seconda struttura, che si focalizzerà sulla salute materno-infantile, è in costruzione a Balukhali e aprirà nei prossimi giorni
Nella regione è inoltre prevista l’apertura di altre due strutture, per venire incontro alla crescente domanda di assistenza di secondo livello. Inoltre, sono già stati istituiti presidi sanitari e cliniche mobili a Kutupalong, Balukhali, Mainnerghona, Jamtoli, Unchiparang e nelle zone di confine.
“Oltre alla risposta medica, l’aumento di acqua e di servizi igienici è fondamentale per prevenire il diffondersi di malattie”, spiega Roberto Onus. “Con l’approssimarsi della stagione secca e l’aumento della popolazione, l’accesso all’acqua rimarrà la preoccupazione principale in tutti gli insediamenti. Come MSF prevediamo di continuare questo lavoro fino a dicembre”.
MSF ha finora costruito 200 latrine, 34 pozzi e un sistema di approvvigionamento dell’acqua, e trasporta quotidianamente una media di 100m3 di acqua dal centro medico di Kutupalong. Da adesso fino alla fine dell’anno, nelle baraccopoli di Balukhali e Kutupalong saranno costruiti 100 pozzi tubolari profondi, 300 pozzi tubolari di minore profondità e 1.000 latrine.
“Data l’estensione della popolazione e le precarie condizioni di igiene, servono almeno 8.000 latrine per scongiurare la diffusione delle malattie. Ma con una popolazione di oltre 582.000 rifugiati che si sono aggiunti ai 200.000 già presenti, rimangono da colmare enormi lacune nei servizi e nelle infrastrutture” conclude Roberto Onus.
MSF in Bangladesh:
MSF lavora in Bangladesh dal 1985. Vicino all’insediamento di Kutupalong nel distretto di Cox’s Bazar, MSF gestisce due cliniche che offrono cure sanitarie di base e di emergenza, così come servizi di degenza e ambulatoriali ai rifugiati Rohingya e alla comunità locale. Nel 2016, le équipe di MSF hanno eseguito 89.954 visite ambulatoriali, 2.491 ricoveri e 4.559 consultazioni di salute mentale. Le équipe hanno inoltre trattato 103 vittime di violenza sessuale, più del doppio della cifra registrata nel 2015. Inoltre, sono state eseguite 15.194 consultazioni prenatali. MSF lavora inoltre nella baraccopoli di Kamrangirchar, nella capitale Dhaka, fornendo cure di salute mentale, di salute riproduttiva, servizi di pianificazione familiare e consultazioni prenatali, e gestendo un programma di salute sul posto di lavoro per gli operai.