*(cominciando dall’autore dell’articolo)
o “Giorno della marmotta”
E’ estremamente difficile parlare di un tema come questo a causa delle sue ampie implicazioni: personali, sentimentali, psicologiche, storiche (e all’interno di queste, di momento e opportunità storica), economiche e, infine, di interpretazione.
Chiunque voglia scrivere sul tema dovrebbe farlo da ciascuna di queste prospettive e, anche così, sarebbe impossibile abbracciarlo nella sua totalità.
Infine, ognuno/a parla a partire dalla propria prospettiva parziale e “abbiamo come centro il nostro stato d’animo” – come diceva un buon amico. Soprattutto quando ci addentriamo, con ogni probabilità, in uno di quei momenti speciali che accadono di tanto in tanto nella Storia e nei quali gli avvenimenti precipitano e oltrepassano il buonsenso.
L’altro punto importante, dal mio punto di vista, è indovinare verso dove soffiano i venti della Storia. Questione molto difficile, sebbene si possano indicare da un lato la decentralizzazione e dall’altro la libera cooperazione.
Un po’ di storia
Non c’è dubbio sul fatto che questo conflitto arrivi da molto lontano. Ci sono conflitti, sì, che si incistano, restano latenti e di tanto in tanto risalgano in superficie. Questo ne è un esempio.
Benchè arrivi da più lontano, la data di riferimento è l’11 settembre dell’anno1714, data in cui, nel conflitto europeo, i sostenitori dell’Arciduca Carlo (tra cui si contavano la maggior parte dei/delle catalani/e) vennero sconfitti da quelli di Filippo V (tra cui si contavano la maggior parte degli/delle spagnoli/e). Sconfitta che si trasformò in guerra civile, guerra di Successione spagnola che nel suo ultimo tratto durò dal 25 luglio del 1713 all’11 settembre 1714.
Con la sconfitta dei sostenitori dell’Arciduca Carlo arrivò la soppressione dei fori e delle istituzioni catalane. Perciò, dalla fine del XIX secolo, l’11 settembre di ogni anno si celebra ufficialmente la Diada (Día Nacional de Cataluña, Giornata Nazionale della Catalogna, ndt)
Altre date chiave sono:
Il 9 marzo 1873 viene proclamato lo Stato Catalano all’interno della Federazione spagnola, promossa da Baldomer Lostau e proclamata dalla Deputazione di Barcellona. Lo Stato catalano includeva le quattro province catalane e le Isole Baleari.
Dopo di ciò, il presidente della Prima Repubblica spagnola, Estanislao Figueras, e il leader del partito federale, Francesc Pi i Margall, promisero la dissoluzione dell’esercito spagnolo in Catalogna, e la proclamazione venne annullata.
Il 14 aprile 1931 Francesc Macià, proclamó la Repubblica Catalana come stato integrato nella Federazione iberica. La proclamazione della Repubblica Catalana da parte di Macià aprì un conflitto con il neo-costituito Governo provvisorio della Repubblica spagnola. Ai fini della sua risoluzione, tre giorni dopo, tre ministri del Governo provvisorio giunsero a Barcellona per negoziare, raggiungendo un accordo in base al quale Macià rinunciava alla Repubblica Catalana in cambio dell’impegno del Governo provvisorio a presentare nelle future Corti Costituenti uno Statuto di Autonomia per la Catalogna, e che da allora in poi il governo della Catalogna avrebbe utilizzato la denominazione di Generalitat.
Il 6 ottobre 1934 a Barcellona venne proclamato lo Stato Catalano, da parte del Presidente della Generalitat di Catalogna, Lluìs Companys, all’interno della Repubblica Federale spagnola. Finita la guerra, Lluís Companys fu imprigionato e fucilato.
Il 25 ottobre 1979, con l’avvento in Spagna della democrazia, dopo 40 anni di dittatura, il popolo catalano, con un referendum, approvò lo Statuto di Autonomia della Catalogna, anche conosciuto come Statuto di Sau. Con questo statuto, la Catalogna potè accedere al proprio autogoverno costituendosi come Comunità Autonoma all’interno della Spagna. Lo statuto rimase in vigore dalla sua promulgazione, il 18 dicembre 1979 (Legge Organica 4/1979), fino all’approvazione, nel 2006, di un nuovo statuto. Lo stato ha progressivamente trasferito alla Generalitat competenze su educazione, salute…
In date più recenti:
Nel 2005 il Parlamento di Catalogna approvò un nuovo Statuto di Autonomia che sostituiva quello del 1979. Nel 2006, con qualche modifica, fu approvato anche dal Parlamento spagnolo e dai/dalle cittadini/e di Catalogna con un referendum. Ma il Partito Popolare (attuale partito di governo), all’opposizione, raccolse firme in tutta la Spagna contro lo statuto e fece ricorso davanti al Tribunale Costituzionale, che fece dei tagli e quasi lo riportò allo stesso livello di quello del 1979. Davanti a questo affronto, un milione di catalani si riversò per le strade contro questa decisione e le associazioni indipendentiste crebbero in modo esponenziale.
Il 27 settembre 2015 si sono tenute le ultime – ad oggi – elezioni al Parlamento della Catalogna. La campagna elettorale è stata dominata dal tema dell’indipendenza della Catalogna e a partire dall’indipendentismo è stato progettato un plebiscito sull’indipendenza, dopo che il referendum reclamato era stato dichiarato incostituzionale.
Da anni i partiti indipendentisti, con davanti la Generalitat, chiedevano un referendum al governo spagnolo. La risposta del governo è sempre stata che un referendum di autodeterminazione era impossibile perchè la Costituzione non lo consentiva (“dimenticandosi” che nel 2005 venne modificato un articolo della Costituzione su istanza del governo della Merkel, senza consultare la cittadinanza).
I partiti sostenitori dell’indipendenza ottennero la maggioranza assoluta, anche se con il 47,7% dei voti.
Il 1° ottobre 2017 si tiene un referendum per l’autodeterminazione, implementato dai partiti indipendentisti (maggioranza assoluta) e promulgato dalla Generalitat di Catalogna.
Giorni prima nel Parlamento di Catalogna si tengono alcune controverse sessioni, in cui si approvano questo referendum e la legge di Transitorietà Giuridica e Fondamentale della Repubblica (o “sconnessione”). Questa legge stabilisce che il referendum è vincolante e che si proclamerà l’indipendenza due giorni dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali se il “si” ottiene più voti del “no”, senza che sia richiesta una partecipazione minima. I partiti dell’opposizione si rifiutano di votare tale legge.
La legge è illegale non solo secondo la Costituzione e la legislazione spagnole, ma anche secondo lo Statuto di Autonomia della Catalogna, che richiede una maggioranza di due terzi del Parlamento catalano per qualunque cambiamento di status della Catalogna. La legge è stata sospesa il giorno successivo dal Tribunale costituzionale.
I partiti indipendentisti cercano protezione sotto i diritti umani e il mandato ricevuto dai/dalle cittadini/e.
Il referendum, che il governo spagnolo aveva detto non si sarebbe tenuto, si tiene nonostante la repressione, e rende evidente la determinazione e l’organizzazione efficace dei sostenitori dell’indipendenza, benché non sia stato effettuato con garanzie, mancando i rappresentanti di lista, le schede di censimento, non avendo potuto votare tutta la popolazione (residenti all’estero, viaggiatori)…, e non essendo omologabile dalla Commissione di Venezia.
Il 10 ottobre 2017 il signor Carlos Puigdemont fa una dichiarazione istituzionale in base alla quale non rimane chiaro se proclami o meno l’indipendenza, lasciando la porta aperta al dialogo secondo alcuni/e, e più incertezza secondo altri/e.
Conclusioni, affermazioni, una domanda e una quasi-affermazione:
Come possiamo vedere, la Storia si ripete e assomiglia come una goccia d’acqua al film Il giorno della marmotta: Phil Connors è un metereologo frustrato che si occupa del piccolo villaggio di Punxsutawney ogni 2 febbraio per ritrasmettere il comportamento di una marmotta che determina quanto tempo resta alla fine dell’inverno. Questa tradizione locale è conosciuta come il Giorno della Marmotta. Quello che non immagina è che dovrà passare la notte nel villaggio a causa di una tormenta di nece e, la mattina seguente, misteriosamente tornerà a vivere lo stesso giorno e così via per i giorni a seguire.
Davanti a questa ripetitiva situazione si aprono tre strade:
- Lo scontro duro e puro (guerra, incarcerazioni, repressione, censura…) in cui vincerà il più forte o, cosa più probabile, perderemo tutti/e. E’ la risposta che fino ad ora si è data abitualmente.
Impossibile nel contesto internazionale in cui ci muoviamo.
- Il dialogo franco e sincero – con mediatori affidabili per le due parti – al fine di giungere a un accordo in cui, come in ogni accordo, ogni parte dovrà cedere e (magari!) si potrebbe arrivare in fondo alla questione (fatto storico che si trascina come minimo da 300 anni), per ottenere una vera riconciliazione. Sarà possibile a questo punto? Lo sarebbe se ci fosse una forte pressione internazionale.
Via molto incerta, questa, a giudicare dalla Storia.
– Scontro indiretto. Trovandoci in un nuovo momento storico, ed essendo parte dell’Unione Europea, una guerra è impossibile. Per questa terza via si passa dal ritiro dei trasferimenti, alle coercizioni, all’assunzione di funzioni proprie della Generalitat da parte del governo centrale (probabile applicazione dell’articolo 155 della Costituzione), alla prigione per qualcuno… appellandosi alla legge vigente. Si potrebbe arrivare a sospendere l’Autonomia della Catalogna, si cercherebbe di proclamare elezioni anticipate che, se si tenessero, darebbero risultati simili, comporterebbero un’ampia disaffezione… e ci troveremmo in uno scenario di incertezza, di tensione permanente, di saturazione… giungendo a una graduale decomposizione e destrutturazione di istituzioni, partiti… e infine, dell’interiorità di ogni persona.
E forse – forse – dopo una certa quantità di anni di incertezza e sofferenza, e dopo aver toccato il fondo, una nuova generazione, con una nuova sensibilità, si alzerebbe e inizierebbe a lavorare per/con un livello di coscienza un grado più alto*.
La Storia dirà!
*Che, di sicuro, non sarà molto diverso da ciò che accade in altri punti del pianeta, connessi come siamo. Perché questo conflitto, apparentemente locale, come molti dei problemi posti dall’essere umano, sarà/saranno molto difficili da risolvere con l’attuale livello di coscienza che abbiamo.
Traduzione dallo spagnolo di Matilde Mirabella