Sconfiggere la fame e la povertà, garantire la salute e un’istruzione di qualità per tutti, eliminare le diseguaglianze, promuovere un utilizzo responsabile delle risorse del pianeta. Sono solo alcuni degli Obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030 dell’Onu sottoscritta esattamente due anni fa da 193 Paesi. Traguardi certo ambiziosi (sono in tutto 17), ma che gli Stati si sono impegnati a perseguire per contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente. Tra i paesi che hanno sottoscritto l’impegno vi è anche l’Italia, che però sarebbe ancora ben lontana anche solo dall’imboccare il binario giusto verso la meta: “Nonostante i progressi compiuti in alcuni campi nel corso degli ultimi anni, l’Italia non è in una condizione di sviluppo sostenibile” commenta infatti Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), durante la presentazione del Rapporto ASviS 2017 avvenuta a fine settembre. Non solo: “A meno di un cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo – continua – il nostro Paese non sarà in grado di centrare né i target da raggiungere entro il 2020, né quelli fissati al 2030”.
Arrivato alla sua seconda edizione, il Rapporto 2017 è frutto del lavoro dell’ASviS, la più grande rete di organizzazioni (in tutto 175) che si occupano di sostenibilità in Italia, nata nel 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma Tor Vergata. Rappresenta uno strumento unico per comprendere la posizione del Paese nei confronti dei 17 Obiettivi (SDGs – Sustainable Development Goals), anche se per il momento le notizie fornite dallo studio non sono incoraggianti. “Il nostro Paese appare molto distante dai Goal relativi alla povertà, alla salute, all’energia, alle disuguaglianze, alle performance economiche, allo stato delle infrastrutture e delle città, nonché allo stato dell’ambiente e delle istituzioni” spiegano gli esperti. Questo nonostante la ripresa economica, che però, secondo il report, non basterà da sola a risolvere i numerosi problemi di un paese che si colloca agli ultimi posti tra i membri dell’Ocse per performance economiche, sociali e ambientali.
Certo, ci sono stati alcuni progressi, e il report registra un miglioramento per quanto riguarda ben nove obiettivi: Fame e alimentazione, Salute e benessere, Educazione di qualità, Uguaglianza di genere, Infrastrutture resilienti, Modelli sostenibili di consumo, Riduzione dei gas serra per combattere il riscaldamento climatico, Tutela dei mari e Giustizia per tutti. Si registra un peggioramento nei campi della Povertà, Gestione delle acque, Disuguaglianze ed Eco-sistema terrestre; mentre la situazione resta statica per i restanti quattro (Energia, Occupazione, Città sostenibili e Cooperazione internazionale). A prima vista sembrerebbe un risultato quasi positivo. Eppure, le distanze dagli altri Paesi europei restano ancora molto ampie: “Perseguendo politiche ‘business as usual’, anche con risultati positivi, non solo non raggiungeremo gli obiettivi di sviluppo sostenibile ma arretreremo rispetto ad altri Paesi europei – spiega Giovannini – Sostanzialmente l’Italia risulta indietro di 10 anni rispetto alle medie dell’UE”. Quindi non si tratta solo di peggioramento: anche solo rimanendo stabili, secondo gli esperti il divario continuerebbe a crescere. Da qui l’appello a un’inversione di rotta, o meglio, a “un profondo cambiamento culturale” che coinvolga in primis la politica e gli amministratori, ma anche il mondo del business e della finanza, così come la società civile. Il report, infatti, sottolinea la mancanza di una visione complessiva che spesso vanifica anche i singoli risultati positivi raggiunti. Giovannini fa l’esempio del Reddito di Inclusione, definito un passo avanti molto importante. “Peccato – commenta – che, per come è stato disegnato, non eliminerà probabilmente neanche un povero”. Date le risorse scarse a disposizione, infatti, secondo l’esperto allevierà sì lo stato di povertà delle famiglie beneficiarie ma difficilmente permetterà loro anche solo di arrivare a quella famosa soglia di povertà e mutare così la propria condizione.
Secondo gli esperti dell’ASviS, però, molto si potrebbe fare per cambiare questa situazione, e in questo un aiuto arriva proprio dal Rapporto: oltre a indicare i punti di forza e di debolezza del Paese rispetto agli Obiettivi Onu 2020-2030, lo studio propone infatti misure di breve e medio termine per portare l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile. Perfino in questi ultimi scampoli di legislatura sarebbe infatti possibile fare qualcosa: “Ci sono una serie di provvedimenti o all’esame del Parlamento o del governo che vanno approvati il più rapidamente possibile” spiega Giovannini. Dalla legge contro il consumo di suolo, alla legge quadro sulle aree protette, da quella per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale al disegno di legge sull’acqua. Ma è soprattutto alla futura nuova legislatura che il Rapporto ASviS si rivolge, suggerendo innanzitutto l’adozione di un insieme “sistemico” di politiche economiche, sociali e ambientali: “Tale insieme, però, deve essere accompagnato da specifici interventi in settori fondamentali, come quello della qualità dell’acqua e degli ecosistemi, anche per fronteggiare gli effetti negativi del cambiamento climatico”.
Un altro sollecito riguarda poi la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, che verrà realizzata sotto la diretta responsabilità della Presidenza del Consiglio e con un coinvolgimento continuo della società civile: “In questo, recepisce molte nostre proposte in termini di governance, ad esempio con la trasformazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile – continua Giovannini –. Resta però ancora troppo generica, va completata e dettagliata, con contenuti operativi da realizzare nei fatti”. La richiesta è dunque quella di un’attenzione particolare al perseguimento di questi obiettivi, e soprattutto l’adozione di un approccio diverso: non a caso, l’ASvis ha in programma a partire da subito degli incontri con tutti i leader politici, per informare e sensibilizzare chi si occuperà del governo del paese sui contenuti dell’Agenda 2030 e sui consigli e strategie migliori per raggiungerli. “Lanciamo l’idea che la prossima legislatura sia la legislatura dello sviluppo sostenibile – termina Giovannini – sia cioè il luogo in cui si prendono decisioni politiche centrali e fondamentali per portare l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile”.