“Dall’indagine svolta sull’Anagrafe dei rapporti finanziari, sono emersi anzitutto gravi ritardi nella sua realizzazione”. Inizia così il capitolo conclusivo della Relazione presentata dalla Corte dei Conti su “L’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari ai fini dell’attività di controllo fiscale”. Dopo un excursus che ricostruisce la vicenda a partire dal 1991 e la segnalazione dei troppi ritardi che hanno accompagnato la realizzazione dell’Anagrafe finanziaria da parte dell’Agenzia delle Entrate, il relatore Bruno Domenico Tridico scrive: “ben più grave è la situazione relativa al suo concreto ed effettivo utilizzo per la lotta all’evasione, per il quale deve rilevarsi una grave inadempienza dell’Agenzia che non ha mai elaborato le previste liste selettive e le analisi del rischio evasione né, ovviamente, ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all’evasione derivanti dall’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari. È stato quindi, ad oggi, inattuato il chiaro disposto normativo”.
Il dossier della magistratura contabile tra l’altro ricorda: “Nel 2011 il legislatore aveva disposto che il direttore dell’Agenzia delle entrate individuasse, con un suo provvedimento, criteri per elaborare con procedure centralizzate specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. Tali criteri non sono mai stati emanati, e non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva”. La Corte dei Conti evidenzia il fatto che, persino quando è stata realizzata una raccolta di informazioni, sono state tralasciate quelle davvero rilevanti per le finalità di un’Anagrafe dei rapporti finanziari. Infatti, non sono stati inseriti “i dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all’evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari”. Questa condotta – da parte dell’Agenzia delle Entrate – ha portato al risultato di “sostanzialmente svuotare di contenuto la previsione normativa e realizzare un prodotto di scarsa efficacia ai fini della lotta all’evasione”. In realtà queste forti perplessità avanzate dalla Corte dei Conti si riferiscono ad una “bozza di provvedimento” che “non è mai stato adottato”. In altre parole, l’Agenzia ha lavorato in modo alquanto parziale e comunque non è pervenuta ad alcun risultato utile, benché previsto dalla normativa.
Già così sembra una sentenza priva di attenuanti. Ma la magistratura contabile non ha terminato la disanima della questione: “Con la legge di stabilità per il 2015 è stato previsto l’utilizzo dei dati, anche finanziari, per effettuare analisi del rischio di evasione. A distanza di oltre due anni da tali modifiche, e di oltre cinque anni dall’obbligo di elaborare liste selettive, deve registrarsi l’inesistenza di selezioni di contribuenti attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quali soggetti a maggior rischio di evasione, sicché non v’è dubbio che la norma sia stata totalmente disattesa dall’Agenzia”. Non è tutto, perché il Decreto Legge 201/2011 “prevede che l’Agenzia delle entrate trasmetta alle Camere una relazione con la quale sono comunicati i risultati relativi all’emersione dell’evasione a seguito dell’applicazione delle disposizioni di cui trattasi. Tale relazione, prevista con cadenza annuale, non è mai stata predisposta, né, come detto, poteva esserlo, stante l’inadempienza dell’Agenzia sull’elaborazione delle liste selettive e delle analisi sul rischio di evasione”.
In aggiunta a queste note negative, la Relazione sottolinea che “non è mai stato realizzato, né pare sia imminente, un utilizzo massivo dell’ingente mole di dati presenti nell’Anagrafe relativa alle disponibilità finanziarie”. Di conseguenza , indica che “sarebbe auspicabile avviare al più presto procedure automatizzate comparative tra i dati contabili e/o reddituali disponibili in Anagrafe tributaria e le informazioni sulle disponibilità finanziarie emergenti dall’Archivio dei rapporti finanziari, considerando l’eventualità di rappresentare al contribuente le incoerenze che dovessero emergere e comunque orientando l’azione di accertamento alla verifica delle posizioni più anomale”.
Resta da chiedersi come sia stata possibile questa plateale disapplicazione della legge e di chi sia la responsabilità delle inadempienze e del mancato controllo. Anche in questo caso la magistratura contabile non si sottrae al compito di mettere nero su bianco qualche precisa indicazione: “Deve, altresì, prendersi atto che il Ministro dell’economia e delle finanze, pur titolare dei poteri di indirizzo e vigilanza, non è mai intervenuto attraverso specifiche indicazioni affinché l’Agenzia provvedesse, prima, ad elaborare le liste selettive e, poi, ad effettuare analisi del rischio evasione, nonché a riferire al Parlamento, come dovuto per espressa previsione normativa”.
Una Relazione di questo genere dovrebbe far saltare sulle sedie tutte le cariche istituzionali e almeno produrre il risultato di togliere la sedia a chi ha rilevanti responsabilità in questo oggettivo aiuto agli evasori fiscali. In realtà è probabile che non accada nulla: si abbia almeno il pudore di smetterla di chiamarla lotta all’evasione fiscale.