Di Maio è ufficialmente il candidato premier (*) del Movimento 5 Stelle.
I candidati erano Luigi di Maio e altri 7 figuranti (Domenico Ispirato, Andrea Davide Frallicciardi, Elena Fattori, Marco Zordan, Gianmarco Novi, Vincenzo Cicchetti, Nadia Pisceddu), un po’ come accaduto spesso e volentieri per le primarie del Partito Democratico (quelle di Roma, in più d’un’occasione, hanno mostrato scenari analoghi, ma nobilitati dalla grande stampa per ragioni tutte politiche). Il vincitore è stato, ovviamente, il Vice Presidente della Camera dei Deputati. Ma va?!
I risultati delle votazioni li fornisce Grillo stesso dal palco di Rimini, dalla festa del Movimento 5 Stelle: i votanti sono stati 37.442 e il vincitore ne ha ottenuti 30.936. Gli altri: Ispirato 102 voti, Frallicciardi 168, Cicchetti 274, Zordan 373, Novi 543, 1.410 la Piseddu e 3.596 Elena Fattori.
Gli aventi diritto al voto, ad ogni modo, erano circa 140.000. Una situazione che fotografa un astensionismo che colpisce primariamente il sistema interno al Movimento 5 Stelle, che ha fatto dell’orizzontalità e dell’ognunovaleuno, la propria filosofia.
L’astensione che colpì il Movimento per scegliere il gruppo al Parlamento Europeo
Tre anni fa, nel corso delle votazioni online quando la piattaforma Rousseau non era ancora attiva, gli iscritti certificati del blog avrebbero dovuto votare tramite il blog di Beppe Grillo la collocazione europea per cui l’organizzazione avrebbe dovuto optare. Le ipotesi messe in campo dal gestore del portale erano tre: EFD, ECR e gruppo misto, cioè quello dei non iscritti a nessuna componente politica. L’ECR era (ed è) il gruppo dei Conservatori e Riformisti, quello a cui fa riferimento il Conservative Party (i ‘Tories’) di David Cameron e quello di appartenenza al primo partito della Polonia Prawo i Sprawiedliwość (Legge e Giustizia). L’EFD, invece, Europa per la Libertà e la Democrazia, è il gruppo di riferimento del tanto discusso e più volte rimpallato di prima pagina in prima pagina sulle testate nazionali UKIP (United Kingdom Independence Party), il cui segretario era Nigel Farage nonché della nostra Giorgi(on)a Meloni nazionale e del suo partito Fratelli d’Italia.
Il 12 giugno 2014, in sostanza, su 87.656 aventi diritto, votarono solo in 29.584. Il risultato ha consegnato la vittoria dell’affiliazione all’EFD: 23.121 voti, pari al 78,1% dei votanti, lasciando al palo l’ECR (i conservatori-riformisti), superato di poco dalla preferenza espressa per la collocazione nella componente dei non iscritti, con 2.930 voti pari al 10% di chi ha partecipato alla votazione on line.
Non si tratta di un fenomeno isolato
Dunque, ricapitolando. Sui 140.000 votanti presi in esame per la votazione che ha incoronato Di Maio leader, hanno votato solo in 37.442; per quella riguardante la collocazione nel Parlamento Europea gli aventi diritto erano 87.656, ma gli effettivi furono 29.584. Ma c’è dell’altro.
Nel gennaio del 2014 i votanti che «hanno espresso il parere vincolante sul voto che il Gruppo Parlamentare del Senato dovrà esprimere domani 14 gennaio sul “reato di clandestinità”» sono stati 24.932.
Si badi, però, che alla votazione sul reato di clandestinità, che esprimeva parere vincolante per il gruppo parlamentare (non propriamente una bazzecola) aveva diritto di voto solo chi era un iscritto certificato al blog entro il 30 giugno 2013. Per la cronaca, comunque, 15.839 avevano votato per l’abrogazione del reato di clandestinità.
Se si continua a cercare nelle votazioni sul Blog di Beppe Grillo (prima dell’entrata in vigore di Rousseau) si nota che, ad esempio, per l’espulsione dei senatori Orellana e Campanella, gli aventi diritto erano 43.368 e i votanti a favore e contro la cacciata sono stati 29.883 e 13.489.
Il Movimento 5 Stelle, dunque, cova al proprio interno una crescente ‘astensione’, che aumenta man mano che le votazioni vengono convocate dal Blog. Il fatto che una zona grigia non segua il movimento nelle decisioni assunte via internet, in cui l’utente può votare questo o quel provvedimento o l’uno o l’altro candidato presidente, è da prendere in seria considerazione.
La retorica del gli scontenti della politica votano Grillo non regge più e a votarlo, come l’Istituto Piepoli ha spesso mostrato nelle pubblicazioni sui flussi elettorali, è sempre di più l’elettorato già politicizzato. Quello che, comunque, si sarebbe recato alle urne, indipendentemente dalla presenza dei 5 stelle sulla scheda elettorale.
E il dato, a mio parere, è decisamente interessante.
(*) Premier è un termine decisamente improprio in una Democrazia Parlamentare come quella italiana giacché non esiste. Il termine, infatti, che si usa – infelicemente – in ambito giornalistico e non, sta ad indicare il Presidente del Consiglio dei Ministri. Le due funzioni, però, Premier e Presidente del Consiglio dei Ministri sono ruoli decisamente non sovrapponibili. I due, infatti, svolgono incarichi decisamente diversi.