L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha accusato l’Unione Europea e gli USA di aver contribuito con il loro silenzio alla grave crisi umanitaria di cui sono vittime i Rohingya in Birmania. L’esodo di massa di oltre 90.000 persone che scappano dalla Birmania è estremamente grave ed è molto pericoloso lasciare che questa crisi umanitaria venga strumentalizzata dal dittatore ceceno Ramzan Kadyrov, dal presidente turco Recep Erdogan o ancora dai talebani afghani. L’APM si appella all’UE e agli USA affinché finalmente pretendano dalla Birmania il rispetto dei diritti umani dei Rohingya e chiede alla ministra degli esteri europea Federica Mogherini che si impegni maggiormente per le persone perseguitate in Birmania.
Il tutto mondo milioni di persone di fede islamica stanno protestando affinché si ponga fine alle persecuzioni dei Rohingya nel paese asiatico mentre l’Europa e gli USA, con il loro silenzio, permettono che si crei l’impressione estremamente pericolosa che i diritti umani non sono universalmente validi.
Mentre la ministra Mogherini e i ministri degli esteri dei singoli paesi europei tacciono sulle persecuzioni, le torture e le uccisioni dei Rohingya in Birmania, il dittatore ceceno Ramzan Kadyrov ha radunato nella capitale cecena Grosny più di un milione di persone per manifestare contro le persecuzioni dei Rohingya. Manifestazioni per protestare contro la violenza in atto in Birmania si sono svolte anche in Indonesia, Malesia, Pakistan e in molti altri paesi a maggioranza musulmana. L’Europa con il suo immobilismo intanto perde sempre più credibilità nei confronti dei credenti musulmani in tutto il mondo e rende possibile che il cosiddetto conflitto Rohingya e la sofferenza di centinaia di migliaia di persone possano essere usati come pedine in un gioco di potere in corso nel paese asiatico. In considerazione dell’ampio movimento di protesta in corso, i governi di molti paesi musulmani hanno deciso di denunciare le persecuzioni dei Rohingya nella prossima assemblea plenaria delle Nazioni Unite.
Secondo l’APM, solamente la pressione internazionale può porre fine alle uccisioni e alla spirale di violenza in corso in Birmania. Le dichiarazioni di alcuni stretti collaboratori della leader e politica birmana Aung San Suu Kyi, secondo cui i Rohingya stessi danno fuoco alle proprie case per poter accusare l’esercito di violenza, sono semplicemente assurde e sconcertanti. Permettere la messa in fuga e le persecuzioni dei Rohingya in Birmania significa anche sostenere la politica e i piani dei gruppi buddisti estremisti che da anni tentano di espellere la minoranza dei Rohingya dal paese.