Questo pomeriggio una delegazione colorata di persone di varie età e provenienze, si è ritrovata a Giove per la consegna delle firme, indossando tutti almeno un indumento di colore bianco per identificarsi e produrre curiosità nel resto della popolazione. Poi si è diretta a piedi in Comune affollando festosamente per alcuni minuti l’ufficio dove il plico di fogli è stato quindi protocollato. “Con la consegna di queste firme non finisce niente” – afferma Alessandra De Simone del CSP della Tuscia, -“Inizia in realtà un nuovo periodo in cui le forme di informazione della popolazione e di persuasione o pressione verso le istituzioni locali, saranno diversificate e si intensificheranno”. “Non è possibile che, a tre anni dallo scadere degli incentivi europei per questo tipo di impianti, che sono praticamente dei piccoli inceneritori dato che possono bruciare anche i rifiuti”- aggiunge Laura Ferri dell’associazione Naturis di Penna – “degli imprenditori pretendano di mettere a rischio la salute della gente proprio ora che l’Europa sta prendendo una direzione diversa dissociando la produzione energetica dallo smaltimento dei rifiuti. I Sindaci, come Tutori della salute dei propri concittadini, non possono permetterlo. Perciò chiediamo al Sindaco di Giove di ritirare il nulla-osta concesso”.
Impianto a biomassa a Giove? La gente dice NO
- Giove (TR) -
Nonostante la torrida estate di quest’anno, fra luglio e settembre sono state raccolte più di mille firme che richiedono la revoca del nulla-osta per la costruzione di una centrale a biomassa nel territorio di Giove.
Le associazioni (Legambiente di Amelia, CSP della Tuscia, Naturis di Penna, Club della Teverina, Meetup Le stelle non stanno a guardare di Amelia e valle del Tevere) e alcune aziende agricole locali che hanno promosso questa iniziativa, hanno consegnato ieri pomeriggio al Comune di Giove 1300 firme raccolte nei 7 comuni che maggiormente sarebbero danneggiati dagli effetti nocivi dell’impianto in progetto. “Se si pensa che in Italia si può proporre una legge di iniziativa popolare con meno dello 0,1% di firme della popolazione e un referendum abrogativo con l’1% di firme della popolazione, qui siamo molto oltre, siamo oltre il 5% della popolazione dei comuni coinvolti. Come minimo dovrebbe essere rimessa in discussione l’autorizzazione”- dichiara Francesco Fossati di Legambiente.