Oggi, 25 settembre, sono 20 mesi dalla sparizione di Giulio Regeni al Cairo. Martedì 3 ottobre saranno altrettanti mesi dal ritrovamento del suo corpo, orribilmente torturato.
Che cosa è successo in questi 20 mesi? Quale risposta è stata data alla famiglia di Giulio, alla sua avvocata in Italia, ai consulenti legali in Egitto, ai milioni di persone che hanno chiesto, dai loro balconi, dalle strade e dalle piazze d’Italia e dai social media “verità per Giulio Regeni”?
La risposta è semplice: una presa in giro.
Dall’Egitto, dopo mesi di depistaggi e versioni incredibili e offensive, è iniziata la “melina”: incontri improduttivi, promesse e strette di mano, vacui impegni a collaborare che hanno convinto il governo italiano, ma solo quello, che le cose stavano prendendo una piega positiva.
E infatti, non appena è stato annunciato il ritorno dell’ambasciatore italiano, nell’afa pre-ferragostana, al Cairo hanno intensificato non la collaborazione ma la repressione, soprattutto contro la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (che fornisce consulenza legale alla famiglia Regeni e a cui viene negato l’accesso ai fascicoli) e ai suoi collaboratori, come l’avvocato Ibrahim Metwaly.
Il governo italiano ha ceduto, dopo un anno e quattro mesi, all’esigenza di normalizzare le relazioni con l’Egitto. Preceduta da un’intensa campagna mediatica promossa da parlamentari, giornalisti che non hanno mai messo piede in quel paese, autori di articoli-fotocopia e persino persone attribuitesi ruoli all’interno di Ong), la decisione di rinviare l’ambasciatore al Cairo si è basata sulla premessa rivelatasi infondata che dal Cairo fossero arrivate carte importanti e sulla cinica e tutta da dimostrare promessa che la verità per Giulio si sarebbe avvicinata. Al Cairo hanno applaudito.
Alla presa in giro hanno contribuito, in modo comprimario, anche l’università di Cambridge che non ha mostrato la trasparenza da tanti auspicata e l’Unione Europea, che se Giulio fosse stato davvero un cittadino europeo avrebbe ritirato 28 ambasciatori.
Chi si occupa di diritti umani è abituato alle prese in giro, ma non è abituato ad arrendersi. E dunque, 20 mesi dopo la sparizione di Giulio al Cairo, la campagna “Verità per Giulio Regeni” continua a riempire l’Italia di giallo.