Quest’Italia piena di storia e di bellezza – anche di altro per la verità – ogni tanto regala sorprese inaspettate. Così, per esempio, può capitare di scoprire una piccola città ricca di storia, oltre che di opere d’arte e architetture notevoli, solo perché si è stati invitati a un convegno per parlare della Palestina, della sua bellezza e della sua amara quotidianità sotto l’occupazione israeliana.
Il convegno è patrocinato dal Comune di Empoli, ed Empoli è la città in questione, quella di cui la maggior parte degli italiani hanno forse qualche vaghissima reminiscenza di storia medioevale fissata probabilmente più dai giochi goliardici sui buffi nomi medioevali che facevano fiorire storielle sul famoso Castruccio Castracani, non perché citato anche da Dante nella Commedia, ma per la creativa fantasia adolescenziale che lo vedeva rincorrere con un coltello in mano Can Grande Della Scala, condottiero coevo che divenne signore di Treviso e che tra i pericolosi rivali non aveva in realtà il Castracani ma il nipote Mastino (per chi non ricorda la storia medioevale sia chiaro che sono nomi reali e che portavano gli studenti a risate incontenibili che solo i professori più ottusi punivano con qualche nota disciplinare). Comunque Can Grande non morì per i morsi del nipote Mastino, né evirato dal feroce Castracani, ma morì avvelenato per il sapiente uso di piante fortemente tossiche, esattamente la bella digitalis mescolata a un’innocua tisana di gelso e camomilla. Un po’ come è successo al presidente Arafat che riuscì a sopravvivere all’assedio di Sharon ma che poi morì lentamente, avvelenato col polonio due anni dopo.
Ma tornando a Empoli, al Medioevo e ai personaggi sopra citati, va ricordato che il famoso Castruccio Castracani venne scomunicato da papa Giovanni XXII non per la sua ferocia e per quelli che oggi si chiamerebbero crimini di guerra e contro l’umanità, ma perché – ghibellino – non riconosceva il potere temporale del papa. Qualcosa richiama quella decisione, stabilita da chi allora rappresentava il massimo del potere, a situazioni attuali, non per la scomunica che ormai è arma spuntata, ma per l’uso disinvolto tanto di Nobel per la pace che di sanzioni applicate in modo a dir poco arbitrario. Ma passando a tempi più vicini a noi, Empoli va ricordata per le violenze nazi-fasciste che la colpirono negli anni “40.
Tra i ricordi tristi di quel periodo si legge di trenta operai presi e fucilati dai nazi-fascisti, altri invece finirono nel rastrellamento dell’8 marzo del 1944 in cui 597 lavoratori di Empoli e del suo distretto, colpevoli di aver aderito allo sciopero contro la repubblica di Salò, vennero deportati a Mauthausen. Di loro ne tornarono solo una decina.
Quello del “44 fu uno sciopero straordinario e assolutamente impensabile solo pochi mesi prima. I dati della RSI parlavano di 200 mila operai, probabilmente erano anche il doppio e fu lo stesso Hitler a ordinare che il 20% degli scioperanti venisse arrestato e inviato ai campi di sterminio. Furono i fascisti italiani, a braccetto con i loro camerati tedeschi a fare la retata. Per una volta, nella “Giornata della memoria” che ad Empoli è molto sentita, non si fa riferimento a etnie o religioni perché in realtà quei lavoratori potevano essere atei o credenti di qualunque credo, ma non fu questo a decretarne la deportazione, le angherie e la morte. Fu il coraggio di ribellarsi all’occupazione nazista e al giogo fascista che aveva schiacciato per venti anni il popolo italiano.
Come ricorda Claudio Biscarini nel suo “Discesa nell’inferno”, a Mauthausen e nei campi secondari ad esso collegati morirono sotto diversi tipi di torture russi, polacchi, tedeschi, ungheresi … preti, testimoni di Geova, ebrei, zingari, cattolici e protestanti, atei e studiosi della bibbia… Morirono prigionieri di guerra, soprattutto sovietici, morirono anche tanti italiani. A marzo arrivarono a centinaia i lavoratori che avevano aderito allo sciopero delle fabbriche, prima da Firenze, quelli rastrellati nell’empolese, poi da Milano, da Bergamo, ecc. L’ordine impartito da Hitler avrebbe significato 70 mila operai e fu la lungimiranza – non certo l’umanità – dell’ambasciatore Rudolf Rahn a ridurre il numero aggiungendo al decreto una specifica che prevedeva l’arresto e deportazione solo per gli esponenti più in vista della protesta, altrimenti le fabbriche italiane che lavoravano per la causa bellica tedesca avrebbero collassato e per la Germania sarebbe stato un colpo troppo pesante da reggere.
In modo diverso la storia si ripete. Le fabbriche italiane di armi seguitano a produrne e venderne, sebbene non ai tedeschi, ma ad altri occupanti di altri popoli e di altri paesi. Quante bombe che hanno ucciso e stanno uccidendo uomini, donne e bambini nel mondo sono di fabbricazione italiana?
Anche una buona parte delle armi che hanno ucciso qualche migliaio di palestinesi tra cui centinaia di bambini a Gaza erano italiane. Sarebbero morti lo stesso con armi di altre nazioni, certo! così come si può dire dei tanti che stanno morendo oggi per le armi che l’Italia vende, per esempio, all’Arabia Saudita, ma questo non salva dalla responsabilità di essere complici di stragi e genocidi. Questo le persone che realmente credono nel rispetto dei diritti umani lo sanno bene e lo sanno per il passato e per il presente, mentre provano a far qualcosa per il futuro.
Lo sanno probabilmente i rappresentanti del Comune di Empoli che hanno dato il patrocinio a un convegno in cui si parlerà della Palestina chiamando in causa anche le responsabilità delle istituzioni italiane le quali, a livelli diversi, porgono i loro ossequi al governo di estrema destra dello Stato di Israele in cui sono presenti elementi dichiaratamente fascisti. Ma la ricerca di una pace giusta si fa anche creando consapevolezza laddove passa soltanto una narrativa mediatica sostanzialmente a senso unico. E la consapevolezza si crea invitando a conoscere anche l’altra verità, quella inequivocabilmente documentata dai fatti, sulla scorta della conoscenza storica del loro addivenire nel tempo.
Empoli, solo un mese fa, è stata oltraggiata da qualche emulo di quei nazi-fascisti che nel “44 hanno spedito a morire a Mauthausen i lavoratori in sciopero. Un’orribile svastica ha sporcato il monumento in memoria proprio di quei lavoratori. La stampa nazionale non ha dato troppo peso allo sfregio perché probabilmente non era di stampo dichiaratamente antisemita, ma è stato un errore, perché il nazismo non fu il male assoluto solo per gli ebrei ma per ogni umano amante della giustizia e della libertà. Così come difendere il diritto alla resistenza del popolo palestinese (perché di quello si parlerà al Palazzo delle Esposizioni il 14 settembre) non è argomento che nasce e muore con la Palestina, ma investe il rispetto vero dei diritti umani ovunque vengano conculcati. E soltanto questo può impedire che l’orrore seguiti a ripetersi, non importa dove, ma seguiti a ripetersi.
Come ricorda lo storico Biscarini citato sopra, nei campi di Mauthausen la morte veniva somministrata anche tramite i cosiddetti sonderwagen cioè avvelenando i deportati con monossido di carbonio, e l’ideatore di questa pratica, Walter Rauff, dopo il “45 divenne agente della CIA, cioè dei servizi segreti dello Stato considerato il faro della democrazia nel mondo! Qualcosa non torna. Rifletterci è necessario.
Non sarà certo Empoli a cambiare il mondo, ma intanto, l’invito alla consapevolezza che il Comune concretamente offre ai suoi cittadini, a partire dagli studenti, in sintonia con le associazioni democratiche che s’impegnano per il rispetto dei valori costituzionali e dei diritti umani, è sicuramente un ostacolo, magari modesto, ma comunque un ostacolo all’avanzata della barbarie.