La Vijećnica, la facoltà di teologia islamica e l’hammam di Isa-bey a Sarajevo; il maktab di Karagozbey e il Ginnasio di Mostar; il municipio di Brčko: edifici sorprendenti che hanno segnato il carattere delle città della Bosnia-Erzegovina come incontro tra oriente e occidente. Tutti costruiti nel cosiddetto stile d’architettura pseudo-moresco, durante i quarant’anni di occupazione austro-ungarica della Bosnia-Erzegovina, tra il 1878 e il 1918.
Anche se tale stile si incontra anche altrove, il suo sviluppo in Bosnia-Erzegovina ha portato con sè una serie di caratteristiche uniche. “I bosniaci definiscono solitamente questo stile architettonico come pseudo-moresco, ma tale nome non è esatto,” dice all’inizio della conversazione Maximilian Hartmuth, ricercatore presso l’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Vienna. Hartmuth è uno dei pochi esperti nel campo dell’architettura islamica nei Balcani, e negli ultimi anni ha dedicato il suo interesse allo stile pseudo-moresco, o come si può definire più scientificamente stile neo-islamico o neo-orientale.
Il più noto edificio del genere in Bosnia-Erzegovina è certamente la Viječnica di Sarajevo, famosa come municipio e poi biblioteca nazionale, completata nel 1894 [e da poco ricostruita, ndr]. “La storia del palazzo del municipio è complessa e stratificata”, dice Hartmuth, osservando che proprio in questo edificio possono vedere le due influenze più forti che hanno segnato lo stile neo-orientale bosniaco: l’architettura della Spagna islamica e del Cairo medievale.
“Una caratteristica tipica della Vijećnica che ricorda l’architettura moresca sono le arcate a ferro di cavallo del suo portico, tipicamente presenti solo in Spagna “, afferma Hartmuth. A ciò si aggiunge la tipica facciata a bande orizzontali in grigio e ocra, caratteristica degli edifici del periodo mamelucco al Cairo e in altre aree nel Levante.
La Facoltà di Studi Islamici
Anche se lo stile neo-orientale si lega alla Vijećnica, esso era già stato utilizzato per gli edifici religiosi islamici in Bosnia-Erzegovina. Uno tra i primi e tra i più rappresentativi è l’attuale Facoltà di Studi Islamici dell’Università di Sarajevo, già accademia giudiziaria sciaraitica, costruita nel 1887 e 1888. “L’Austria-Ungheria assegnò a tale istituzione lo status di accademia destinata all’istruzione dell’élite degli esperti nel diritto islamico. Vi si studiava arabo, la lingua locale e le lingue occidentali, ma anche la giurisprudenza islamica ed europea, la poesia araba e la calligrafia, la matematica, la storia, la logica e la geografia “, spiega lo storico viennese.
Per garantirsi la lealtà dei musulmani bosniaci all’Austria-Ungheria come proprio stato e far loro voltare le spalle all’impero ottomano, la strategia dell’allora amministrazione asburgica in Bosnia-Erzegovina fu quella di costruire edifici pubblici in uno stile considerato rappresentativo dei musulmani locali. “L’Austria-Ungheria, e il suo primo ministro delle Finanze e governatore della Bosnia-Erzegovina, Benjamin Kallay, cercarono il modo di dare forma architettonica a un Islam europeo che fosse parte dell’Impero Austro-Ungarico, e quindi dell’Europa“, spiega Hartmuth. Uno dei migliori esempi di ciò è il piano originale per la costruzione del municipio di Sarajevo, che doveva essere in stile neo-bizantino, e che sotto la spinta di Kállay venne invece modificato in stile neo-orientale.
Tale stile venne poi esteso a tutta la Bosnia-Erzegovina. In molti casi furono le moschee ad essere rinnovate in stile neo-orientale. Uno degli esempi più eclatanti è la “moschea colorata” di Tuzla, che sarà ristrutturata nel prossimo periodo per tornare al suo aspetto pseudo-moresco originario. Lo stile neo-orientale trascende poi i confini dell’architettura religiosa islamica e si diffonde agli edifici pubblici o addirittura appartenenti ad altre confessioni.
“Moschea colorata“, Tuzla 1888
“Nel tempo lo stile neo-orientale è diventato uno stile architettonico distintivamente bosniaco nel contesto austro-ungarico. Anche se non durò a lungo, esso riuscì a trovare la sua applicazione in edifici non islamici come il Ginnasio di Mostar o la Sinagoga aschenazita di Sarajevo. È interessante notare come gli ebrei aschenaziti stabilitisi a Sarajevo dall’Europa centrale durante il periodo asburgico, accettarono tale stile come qualcosa di proprio, perché ricordava loro l’età d’oro della cultura e della scienza ebraica nell’Andalusia medievale “, spiega Maximilian Hartmuth.
La fascinazione per la cultura e l’architettura orientale nell’impero austro-ungarico divenne particolarmente pronunciato dopo la grande Esposizione Universale di Vienna del 1873. In quel momento, i professori di architettura viennese scoprirono gli stili architettonici fino ad allora pressoché sconosciuti della Spagna moresca o dell’Egitto. I loro studenti, come Karl Paržik, Alexander Wittek o Ciril Ivekovic applicarono tale stile già nei primi giorni della loro carriera in Bosnia-Erzegovina. Anche se lo stile pseudo-moresco bosniaco si rifà più all’Andalusia e all’Egitto, alcuni vi vedono anche la sopravvivenza della tradizione ottomana: “Se si guarda al primo chiostro della Facoltà di Studi Islamici, vi ricorderà la Kursumlija Madrasa del XVI secolo a Sarajevo”, indica Hartmuth.
Sinagoga aschenazita, Sarajevo
Con la fine dello stile neo-orientale nel XX secolo l’architettura islamica in Bosnia-Erzegovina torna ancora una volta alle influenze ottomane. “Questo può essere visto nel prolungamento della Moschea dell’Imperatore per la sede del Majlis degli Ulema [il Consiglio degli imam, ndr]. Gli architetti del tempo avevano già concluso che lo stile pseudo-moresco era ancora troppo estraneo alla tradizione locale in Bosnia-Erzegovina”, afferma Hartmuth, che ha scoperto il suo amore per l’architettura bosniaca e islamica durante il servizio civile a Sarajevo 16 anni fa..
Maximilian Hartmuth
E anche se oggi i turisti e la gente del posto ammirano la strana bellezza degli edifici pseudo-moreschi bosniaci, gli architetti locali per lungo tempo non li hanno visti di buon occhio. “Per gli architetti jugoslavi degli anni Cinquanta e Sessanta questo stile eclettico era associato con il capitalismo e il colonialismo“, dice Hartmuth. Solo a partire dagli anni ’80 in Bosnia-Erzegovina è iniziata a cambiare la percezione dell’importanza storica, architettonica e artistica dello stile neo-orientale.
Dopo l’ultima guerra, un gran numero di edifici neo-orientali in Bosnia-Erzegovina sono stati ristrutturati o ricostruiti. Anche se alcuni di essi sono descritti bene, ancora manca una lista completa degli edifici pseudo-moreschi in Bosnia-Erzegovina e la comunità scientifica architettonica internazionale ancora li conosce troppo poco. “Lo stile neo-orientale aveva in Bosnia-Erzegovina una dimensione multiconfessionale e multifunzionale. Si tratta di una parte indispensabile del patrimonio architettonico europeo, in cui deve diventare pienamente integrato”, conclude Maximilian Hartmuth.
di Nedad Memić, Deutsche Welle. Traduzione a cura di East Journal.