È stata inaugurata lo scorso 17 agosto, per la prima volta dopo sei anni, la Fiera Internazionale di Damasco, capitale della Siria. Si tratta di un evento di notevole portata, che attesta uno dei vari “nuovi inizi” che stanno contrassegnando il panorama del conflitto siriano dei tempi più recenti. Sono ventitré i Paesi che partecipano alla Fiera, alcuni con proprie delegazioni ufficiali, altri in forma privata, cioè senza attestare la presenza ufficiale dello stato di appartenenza, segnalando comunque la presenza di proprie imprese negli stand e, tra queste, da quanto riferito dalla stampa, anche imprese della Francia e della Germania.
La Fiera Internazionale di Damasco
-
Ciò rispecchia le intenzioni degli organizzatori che, intervistati da alcune agenzie internazionali, hanno riferito di non avere invitato paesi con un atteggiamento ostile nei confronti della Siria, ma, al tempo stesso, di non avere espresso alcuna riserva nei confronti di compagnie private che avessero manifestato il desiderio di prendere parte alla Fiera, in alcuni casi direttamente, in altri casi attraverso intermediari siriani. Ancora più significativa risulta quindi la presenza, tra gli espositori, di compagnie di paesi occidentali.
Il fatto stesso che, al di là del suo significato economico e delle sue implicazioni commerciali, la Fiera, dopo sei anni di assenza e dopo l’intervento russo a fianco delle forze siriane, che ha ampiamente concorso a mutare le sorti del conflitto, si tenga, può rappresentare un punto di svolta. Come ha riferito la consigliera presidenziale per gli affari politici, Bouthaina Shaaban, secondo quanto riportato dall’agenzia siriana, SANA, il rilancio della Fiera, in questo momento, è assai simbolico e porta il messaggio che la guerra in Siria si avvia alla conclusione, nonché che «siamo all’inizio della strada da intraprendere verso la ricostruzione».
Commentando le dichiarazioni dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, per il quale il mese di settembre segnerà l’inizio di alcuni cambiamenti nel corso della crisi siriana, la stessa Shaaban ha indicato come questa trasformazione stia già avvenendo ed è in corso, grazie all’esercito siriano ed ai suoi alleati, sin dalla liberazione di Aleppo. Lo stesso primo ministro, Imad Khamis, nel suo discorso inaugurale, ha ricordato l’impegno della Siria nel contrastare le misure di blocco economico e, al contempo, nell’aprirsi alla cooperazione economica con i paesi amici. Ha confermato l’impegno della Siria a rafforzare la propria economia e a contrastare l’ingiusta politica di sanzioni e di blocco che, tra gli altri effetti, hanno quelli di privare la popolazione di prodotti alimentari e di necessità, di attrezzature e di medicinali.
Se la Fiera Internazionale di Damasco, che durerà dieci giorni, dal 17 al 26 agosto, è assai prestigiosa e tra le più antiche del mondo arabo (risale al 1954), essa attesta il ritorno a una relativa stabilità di diverse regioni della Siria, il consolidamento del controllo governativo sulle regioni più avanzate e popolose (la cosiddetta “Siria utile”) e, di conseguenza, un segnale per l’inizio del percorso della ricostruzione. Ricostruzione che non sarà né breve né facile e che rischia di aprire una nuova competizione internazionale sui contratti che si apriranno e gli investimenti che saranno attivati. Non va dimenticato che, secondo le stime, la guerra in Siria, oltre ad avere causato oltre 250 mila vittime, ha determinato danni per più di 220 miliardi di dollari.
Se è presto per dire che la guerra è finita e il terrorismo è sconfitto, non mancano segnali in direzione della fine della guerra e della faticosa ricostruzione della pace. Le zone di de-escalazione introdotte, il 6 maggio e il 9 luglio 2017, nelle province di Idlib, a nord, e di Dara, a sud, le ampie porzioni di territorio liberate dalle forze siriane e dai loro alleati negli ultimi mesi (nel 2017 sono state liberate aree complessivamente più grandi dell’intera zona sotto controllo del governo prima dell’intervento russo, iniziato, su richiesta delle autorità siriane, il 30 settembre 2015), la liberazione di Aleppo, la lenta avanzata delle milizie curde e delle forze occidentali su Raqqa, come pure delle forze siriane e dell’aviazione russa verso Deir el-Zor, rappresentano alcune delle tappe più significative nell’evoluzione più recente del conflitto in Siria.
Occorrerà una ancor più significativa e coerente azione politica e diplomatica, per contrastare il terrorismo e scongiurare la minaccia della frantumazione etnica, e prefigurare una soluzione in linea con il diritto e la giustizia internazionale, basata sui principi dell’autodeterminazione e sulle ragioni della convivenza.
Articolo originale de Il Dialogo