La sera dell’11 agosto a Charlottesville, in Virginia, un gruppo di diverse centinaia di suprematisti bianchi ha marciato in un rally a sorpresa attraverso il campus dell’Università della Virginia. Erano muniti di armi, attrezzature paramilitari, simboli nazisti e di estremismo di destra; portavano delle fiaccole in puro stile KKK e scandivano “White Lives Matter” e “We will not be replaced” (non saremo rimpiazzati), “Blood and soil” (sangue e terra). Stavano preparando il terreno per la manifestazione Unite the Right (unire la destra) che si sarebbe dovuta tenere il giorno successivo per protestare contro la rimozione pianificata dal comune della statua di Robert E. Lee – generale dell’esercito sudista durante la guerra civile statunitense – da un parco intitolato proprio al militare sino a poco tempo fa, e recentemente ribattezzato “Emancipation Park”. Secondo la testimonianza della studentessa ed attivista Lisa Frediksen Bolivar (ripresa dal suo profilo di Facebook), venerdì sera, in un momento in cui pochi studenti si trovavano nel campus, centinaia di simpatizzanti del KKK (compreso il capo nazionale David Duke), neo-nazisti e appartenenti al cosiddetto “alt-right movement (guidato dal fondatore Richard Spencer), tutti a viso scoperto, hanno circondato e quindi attaccato una decina di studenti che mostravano uno striscione con le parole “UVA Students Against White Supremacy. Il pestaggio da parte dei suprematisti è terminato solo dopo l’arrivo della polizia. Ma, mentre gli scontri riprendevano, Richard Spencer è salito nella parte alta del campus per tenere un discorso. Soltanto chi era lì vicino ha potuto sentire, a causa di un problema con il megafono, che Spencer li incitava, affermando che era un momento storico e che le strade erano ormai in mano loro. Per farsi un’idea della proporzione degli studenti che costituirebbero la minaccia di “rimpiazzamento”, basti pensare che all’università di Charlottesville solo 1500 studenti, sui 13mila iscritti, sono afroamericani o appartenenti ad altre minoranze etniche.
Alla notizia degli scontri, altri studenti ed attivisti anti-nazisti o anti-razzisti sono arrivati nel campus.
La mattina successiva, circa seimila suprematisti bianchi sono stati ammessi nel parco in cui doveva avere luogo la manifestazione, mentre qualche migliaio di contro-manifestanti sono rimasti fuori. Un neo-nazista ventenne, James Fields Jr., arrivato dallo stato dell’Ohio e appartenente al gruppo Vanguard America – che è contraddistinto dallo slogan nazionalista “blood and soil” – si è scagliato con la sua automobile sui contro-manifestanti: uccidendo l’attivista Heather Heyer e ferendo altre 19 persone, prima di essere catturato e arrestato circa mezz’ora dopo.
Sempre all’interno della manifestazione, diversi afroamericani sono stati isolati e aggrediti nel corso della giornata. Infatti, oltre ai 19 feriti dall’attacco di James Fields Jr., altri 15 sono stati oggetti di pestaggi, compreso un dj afroamericano aggredito in un garage vicino al parco con pali di metallo divelti dal terreno.
Sia il sindaco di Charlottesville sia il governatore della Virginia Terry Mc Auliffe hanno denunciato la manifestazione. Il governatore, in un discorso piuttosto duro, ha accusato “i suprematisti bianchi e i nazisti che sono arrivati a Charlottesville oggi”, invitandoli ad andarsene. Il presidente Trump, invece, in un primo momento si è limitato a condannare le “diverse parti” coinvolte negli scontri e poi, senza molta convinzione, la manifestazione nello specifico: non pronunciando mai, però, le parole “suprematisti bianchi”. Nel corso della giornata, David Duke – leader nazionale del KKK – si è compiaciuto della posizione di Trump, affermando che il presidente sta facendo esattamente quello per cui lo avevano eletto.
Domenica 13 agosto sono pianificate molte manifestazioni a livello nazionale contro i suprematisti bianchi in varie città, mentre il 12 si è già svolta una manifestazione a Oakland contro la normalizzazione del suprematismo bianco. La città di Berkeley, in California, nota assieme a Oakland per la sua storia di contestazione e di leadership di vari movimenti progressisti, è stata in particolare individuata come bersaglio dalle varie organizzazioni suprematiste che nei mesi scorsi hanno organizzato manifestazioni provocatorie, sfociate poi in scontri. Qualche settimana, dopo l’elezione di Trump, i giovani repubblicani avevano invitato a parlare al campus uno dei leader del cosiddetto “alt right movement”, ma sono stati costretti a desistere grazie a una vivace contromanifestazione organizzata da Antifa e da gruppi antirazzisti e anti xenofobi. In tutto il Paese sono in corso varie iniziative per impedire la normalizzazione del suprematismo bianco, dei movimenti misogini e omofobi e opposti ai migranti. All’interno degli stessi movimenti progressisti esistono posizioni molto divergenti sulla questione della ‘libertà di parola’, ma gli eventi di Charlottesville hanno destato grande preoccupazione sia tra liberal che tra radical e sono stati interpretati da molte delle organizzazioni progressiste, comprese quelle sorte dopo l’elezione di Trump, come segno dell’urgenza di contrastare tali visioni.
Pina Piccolo