A New York proseguono i negoziati, con la partecipazione della società civile, per decidere il testo di un Trattato che il 7 luglio stabilirà l’illegalità dalle armi nucleari. Sarà in ogni caso una data storica, che cambierà il corso delle future prospettive e dei futuri negoziati per raggiungere l’obiettivo finale dell’eliminazione di queste armi, anche se non è facile prevedere quali saranno gli sviluppi, soprattutto perché gli Stati nucleari e i paesi della Nato (con l’esclusione dell’Olanda) hanno deciso di disertare i negoziati.
Non è facile avere notizie aggiornate sullo stato dei lavori (anche per la differenza di fuso orario, le notizie di oggi le vedremo domani): cerchiamo di estrarre qualche notizia rilevante da comunicati ricevuti al fine di mantenere viva l’attenzione. Per la società civile italiana partecipano la Rete Italiana Disarmo, Senzatomica, e Alfonso Navarra per i Disarmisti Esigenti, e Giovanna Pagani, anche per la Wilpf Italia (Women’s International League for Peace and Freedom). Ai negoziati partecipano attivamente 130 Stati. Il governo italiano non partecipa – sottostando supinamente alla decisione degli USA e della Nato – e la discussione di mozioni parlamentari in proposito che era prevista nella settimana passata è addirittura stata spostata a dopo il 7 luglio, a negoziati conclusi.
È stata resa nota dalla Presidenza dei negoziati la bozza del Trattato a cui si era giunti il 27 giugno, e sembra che una nuova bozza sarà resa nota all’inizio della settimana. L’International Peace Bureau insieme alla Ialana (Associazione Internazionale dei Legali Contro le Armi Nucleari) hanno emesso un comunicato dettagliato sulla settimana 26-30 giugno (http://www.ipb.org/news/report-on-the-second-week-at-the-un-negotiations-to-prohibit-nuclear-weapons/). Gli appunti che seguono hanno carattere assolutamente provvisorio, ma sottolineano questioni molto rilevanti, e delicate.
Sebbene molti articoli importanti debbano ancora essere discussi, si sottolineano notevoli miglioramenti del testo del Trattato, un linguaggio più fermo, maggiore chiarezza sugli obblighi, e un Preambolo molto circostanziato che specifica tutte le conseguenze dell’uso delle armi nucleari: l’impatto umanitario, ambientale, di genere, socio economico, compreso lo spreco di risporse per la produzione di queste armi; il riconoscimento dei danni inaccettabili che subirebbero le vittime, compresi i popoli indigeni; e la consistenza del nuovo Trattato con il Diritto Umanitario, ed il Trattato di Non Proliferazione del 1970, ribadendo l’obbligo, finora disatteso, dell’Art.VI di effettuare trattative in buona fede per arrivare al disarmo nucleare definitivo.
Sembra di capire, ed era probabilmente prevedibile, che vi siano degli Stati che ripropongono una logica che risale ai tempi della Guerra Fredda (tra questi l’Olanda, unico paese partecipante, come si è detto, aderente alla Nato), ma la maggioranza degli Stati, insieme con il Comitato della Croce Rossa, esperti e giuristi, e la società civile coordinata da Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) spingono insieme per un Trattato più incisivo e chiaro possibile.
È stata inclusa la proibizione non solo dell’uso ma anche della minaccia delle armi nucleari (quindi della strategia della deterrenza). Ma rimangono ancora in sospeso questioni cruciali: come potranno gli Stati che hanno armi nucleari aderire al Trattato? Potranno farlo mentre stiano ancora eliminandole, e dichiarino che lo faranno “appena sarà possibile”? O dovranno distruggerle prima? Chi controllerà? La Iaea? Chi e come controllerà la distruzione degli impianti per la produzione di armi nucleari?
Vi sono altri aspetti non facili da spiegare, e altri problemi delicati aperti. Come gli obblighi di assistenza alle vittime esposte ad esplosioni, e all’ambiente (totalmente assenti dal Tnp): anche perché le radiazioni e il fall-out non rispettano certo le delimitazioni geografiche degli Stati, e una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 3 febbraio 2012 ha affermato l’immunità dagli Stati. Questione aperta anche l’obbligo di fornire assistenza anche ai lavoratori e a residenti nei pressi di impianti nucleari, nonché legati al ciclo nucleare.
Il tempo rimanente non è molto, una settimana, e la Presidente dei negoziati, Elayne Whyte, ha deciso di proseguire i lavori in piccoli gruppi dedicati ad articoli specifici, quindi chiusi, con sessioni plenarie aperte alla società civile: ma da notizie ultime ricevute da Alfonso Navarra, arrivato a New York, sembra che in realtà potrebbe esserci una sola sessione aperta, poiché il Trattato dovrebbe essere definito giovedì 29 luglio, e il 30 dedicato alle votazioni finali. Una prospettiva un po’ frustrante, anche se, osserva l’IPB, lascerà ai delegati degli Stati più libertà di discussione.
Una questione molto delicata riguarda l’Art. 18 del Trattato, che prevede la possibilità per uno Stato di recedere “se decide che eventi straordinari mettano a repentaglio gli interessi supremi del paese”. Una formulazione generica, che lascia pericolosamente aperta la strada a sotterfugi: quali interessi supremi? Chi decide se i motivi addotti sono giustificati? Ognuno può facilmente immaginare concreti casi possibili.
Anche una definizione esauriente e lungimirante di “esplosione nucleare” manca e lascia aperte molte incognite per il futuro. Come si configurano le cosiddette “bombe sporche” (dirty bombs), cioè costituite, in termini banali, dall’esplosione convenzionale di materiale radioattivo, con conseguente diffusione nell’ambiente? E quali sviluppi futuri della tecnologia nucleare, oggi inesistenti, diventeranno possibili? Attualmente, per fare un esempio concreto, un’esplosione basata sulla sola fusione nucleare è possibile solo come effetto di un’esplosione a fissione che la inneschi (bomba termonucleare), e questo vincola alla formazione di una massa critica di materiale fissile: ma negli Stati Uniti è entrata in funzione da anni nei laboratori militari di Los Alamos la National Ignition Facility che si propone di realizzare la fusione nucleare diretta di nuclei leggeri “comprimendoli” attraverso la concentrazione dell’energia dei fasci di 192 super laser. La realizzazione, e soprattutto un eventuale uso militare, sono ancora lontani, ma questo Trattato deve poter resistere per decenni, o secoli. Valga l’esempio della Convenzione di proibizione delle armi biologiche del 1972: i radicali progressi delle biotecnologie rischiano di fornire nuove tecniche che possano aggirarla.
C’è da aggiungere, come nota negativa generale, il boicottaggio dei media sui negoziati, a quanto pare in tutti i paesi, che sembra aderire al boicottaggio degli Stati nucleari, privando l’opinione pubblica di informazioni vitali attinenti alla sopravvivenza futura dell’umanità! In Italia solo l’Avvenire, quotidiano cattolico, dà risalto e copertura in seguito alla posizione molto chiara di Papa Francesco: il Manifesto ha fornito notizie solo all’inizio di questa sessione dei negoziati, e Left nel numero in edicola sabato scorso.