In un periodo in cui le Ong, in ogni parte del mondo, sono viste con sospetto se non con vera e propria ostilità, dall’Angola arriva una notizia positiva: la Corte costituzionale ha respinto un decreto presidenziale che imponeva una serie di limitazioni e condizioni per la registrazione e il finanziamento delle organizzazioni della società civile.
Il decreto, entrato in vigore nel marzo 2015 senza passare per il Parlamento (e questo è un elemento di forma che la Corte non ha mancato di far notare), conferiva all’ufficio del procuratore generale il potere di sospendere le attività delle Ong nazionali e internazionali sospettate di “riciclaggio di denaro proveniente da fonti illecite” e di “azioni illegali ai danni dell’integrità territoriale e della sovranità” dell’Angola. Il tutto definito in termini assai vaghi da un governo che non brilla per il rispetto della libertà di espressione e di associazione.
La Corte costituzionale ha voluto così mandare un messaggio al governo di Luanda: collabori con le Ong, considerandole una ricchezza del paese, invece di tentare di ridurle al silenzio.