In occasione della Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura Medici Senza Frontiere (MSF) esorta ad aumentare l’attenzione sui tanti sopravvissuti tra migranti e rifugiati in arrivo in Europa. Oggi si stima che circa il 25% dei richiedenti asilo e dei rifugiati in tutto il mondo, compresi coloro che arrivano in Grecia attraverso il Mediterraneo, siano stati vittime di tortura.
Nel 2014 Medici senza Frontiere ha aperto una clinica per le vittime di tortura ad Atene in collaborazione con i partner locali BABEL Day Center e il Consiglio Greco dei Rifugiati. Il progetto è nato in seguito all’individuazione di un gran numero di vittime fra le popolazioni migranti e rifugiate e in risposta al loro bisogno impellente di riabilitazione. Negli ultimi tre anni, la clinica ha assistito oltre 430 persone.
“La tortura cancella la natura umana e si impadronisce dell’intero essere”, spiega la psicologa Eleftheria Zerva. “Non è soltanto la salute mentale della vittima a essere pesantemente segnata, ma anche la sua autostima e la capacità di operare nella società”.
La clinica di Atene, nel quartiere multietnico di Kypseli, adotta un approccio olistico alla riabilitazione delle vittime di tortura, fornendo assistenza medica, psicologica e fisioterapica oltre che servizi di supporto sociale e sostegno nel processo di richiesta d’asilo.
Con la chiusura della rotta balcanica e l’implementazione dell’accordo fra Unione Europea e Turchia a marzo del 2016, 60.000 rifugiati sono rimasti bloccati in territorio greco in condizioni estremamente precarie e di isolamento. Molti hanno dovuto aspettare così più di un anno per conoscere l’esito della loro richiesta d’asilo. Questo ha peggiorato notevolmente le loro condizioni psicologiche. Inoltre, come conseguenza dell’accordo bilaterale, chi si trova sulle isole è a rischio imminente di deportazione in Turchia. Questa minaccia è particolarmente sentita dalle vittime di tortura.
“Quando sono uscito di prigione, tutto mi faceva paura”, racconta un sopravvissuto siriano, paralizzato a causa delle scariche elettriche subite. “Avevo paura di stringere la mano a qualcuno nel caso perché temevo mi avrebbe picchiato … Ancora adesso non riesco a dormire, ho incubi continui. Mi sento torturato all’esterno così come dentro di me”.
Molti sopravvissuti alla tortura, alcuni identificati come tali e altri no, sono ancora bloccati sulle isole greche, lontano dalla cure mediche adeguate che potrebbero ricevere ad Atene. Altri sopravvissuti alla tortura che hanno raggiunto il continente senza permesso si sono trovati in limbo, incapaci di procedere con la loro richiesta di asilo. Il sistema di asilo opaco e le numerose barriere all’accesso ai servizi di base ad Atene e in tutto il paese accrescono le difficoltà.
Urge un approfondito controllo medico delle persone che arrivano sulle isole, per identificare chi ha bisogno di assistenza medica e sociale. Tali persone vulnerabili, comprese le vittime di tortura, devono essere immediatamente trasferite in terraferma e affinché accedano alla riabilitazione, incluso l’accesso a servizi medici, sociali e legali. “La cicatrice sarà sempre una cicatrice, non sarà mai cancellata”, spiega la dott.ssa Anastasia Papachristou. “Ma può diventare il tuo tratto distintivo, ciò che ti distingue dagli altri”.
Anche a Roma, MSF ha aperto un Centro di riabilitazione per vittime di tortura e trattamenti inumani o degradanti, dove i pazienti ricevono un sostegno medico, psicologico, fisioterapeutico e socio-legale. Un progetto gestito in collaborazione con l’associazione Medici Contro la Tortura e con l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. Il centro ha finora seguito 123 pazienti provenienti da 25 paesi, principalmente dell’ Africa subsahariana.