“Il futuro senza lavoro” è il saggio superlativo e dirompente di Martin Ford, che racconta l’attuale rivoluzione economica legata alla gestione automatizzata e ottimizzata del lavoro (il Saggiatore, 2017, 340 pagine, euro 24).

 

L’età dell’oro dell’economia americana e occidentale è finita, la disuguaglianza dei redditi ha raggiunto livelli mai certificati prima, “ed è emerso con chiarezza che gli incrementi di produttività che negli anni cinquanta finirono nelle tasche dei lavoratori oggi rimangono quasi interamente in mano ai proprietari delle imprese e agli investitori” (introduzione).

Gli stipendi e i salari che crescono di anno in anno non esistono più, e bisogna considerare che “nel 2013 un lavoratore tipo con mansioni produttive, o comunque non di supervisione, guadagnava circa il 13 per cento in meno rispetto al 1973 (tenendo conto dell’inflazione), sebbene in quegli anni la produttività fosse aumentata del 107 per cento e i costi di prodotti e servizi cari come la casa, l’istruzione e la sanità fossero cresciuti in maniera considerevole” (p. 11).

I lavori di routine, più prevedibili e più specializzati, sono quelli destinati a essere svolti da sistemi robotizzati e sistemi informatici. Molti altri lavoratori saranno sostituiti da elaboratori di big data e da almeno un “algoritmo intelligente di apprendimento automatico (machine learning) che inizierà a istruirsi da solo esplorando la documentazione lasciata dai suoi predecessori umani” (p. 15). Ad esempio la professione del radiologo sarà sicuramente una di quelle dove i sistemi intelligenti automatizzati lavoreranno molto meglio di una persona soggetta a turni di lavoro pesanti e a distrazioni quasi inevitabili. Anche i giornalisti sono molto a rischio. Ad esempio la società Narrative Science vende un ottimo sistema di scrittura automatica che analizza molte informazioni. Per motivi etici e di sicurezza sarebbe meglio avere sempre la supervisione umana.

Con l’accelerazione tecnologica anche i ricercatori e gli scienziati rischiano grosso: Nutonian ha progettato Eureqa, un sistema informatico che analizza i big data e che si pone delle domande scientifiche grazie a un algoritmo intelligente. Mentre Watson, il sistema di intelligenza artificiale di IBM viene usato e riadattato nel mondo finanziario e in quello medico, con ottimi risultati. Inoltre si è già aperta la nuova frontiera della programmazione genetica: gli algoritmi informatici progettano se stessi attraverso dei processi di selezione naturale e sessuale di stampo darwiniano con mutazioni casuali (p. 120). Il vantaggio di questi sistemi è l’eliminazione dei pregiudizi.

In effetti “negli ultimi dieci anni gli stipendi dei neolaureati sono diminuiti, e fino al 50 per cento di loro è costretto ad accettare un impiego che non richiede la laurea” (p. 15). Questa tendenza era già presente molti anni prima della crisi finanziaria del 2008. Perciò i laureati americani faranno sempre più fatica a ripagare i loro debiti universitari. Oggigiorno i lavoratori dei paesi più sviluppati hanno meno soldi da spendere e le imprese troveranno sempre più difficoltà a vendere i loro servizi e i loro prodotti in patria e in altri paesi. Per ora i posti di lavoro nella sanità e nell’istruzione sono quelli che dovrebbero ridursi in maniera molto minore rispetto a tutti gli altri.

Comunque si possono identificare le sette tendenze principali che hanno trasformato il panorama economico: il forte aumento della disuguaglianza, il calo del reddito totale da lavoro dipendente, l’aumento del lavoro part-time e di quello a chiamata (spesso affidato ai lavoratori autonomi), il miglioramento delle capacità di calcolo dei computer e delle tecniche manageriali, il trasferimento degli investimenti nei paesi meno sviluppati e la delocalizzazione elettronica del lavoro, le nuove tecnologie finanziarie, le politiche di deregolamentazione e la riduzione della sindacalizzazione.

La trasformazione non è graduale e non segue un grande piano: “è un processo organico profondamente intrecciato con il ciclo dell’economia: durante le recessioni i lavori di routine [anche impiegatizi] vengono eliminati per motivi economici, ma poi le imprese scoprono che le sempre più avanzate tecnologie dell’informazione consentono di operare con successo senza assumere nuovi lavoratori una volta iniziata la ripresa”  (p. 65). Non c’è bisogno di comprare altre ore di lavoro. Quindi si ha una leggera ripresa economica senza un aumento dei posti di lavoro. La disoccupazione dura sempre più a lungo e per molte persone può durare per il resto della vita.

In effetti “Il 2 gennaio 2010 il Washington Post riferì che nel primo decennio del XXI secolo non era stato creato neanche un posto di lavoro. Zero. Non è mai successa una cosa simile in nessun decennio dalla Grande Depressione in poi; di fatto, dopo le due guerre mondiali non c’è mai stato un decennio in cui il numero di posti di lavoro non sia aumentato almeno del 20 per cento. Perfino gli anni settanta, un decennio associato alla stagflazione e a una crisi energetica, videro aumentare i posti di lavoro del 27 per cento” (p. 11).

Nel 1998 i lavoratori americani “svolsero un totale di 194 miliardi di ore di lavoro”, nel 2013 sempre 194 miliardi di ore. Nel frattempo l’incremento del valore della produzione è stato del 42 per cento” (p. 291). Dal 2008 al 2014 “la popolazione adulta in età lavorativa negli Stati Uniti è aumentata di circa 15 milioni di persone. Per tutti questi nuovi ingressi nella forza lavoro, l’economia non ha creato neppure una nuova opportunità” (p. 290).

Forse i lavori degli artisti e dei pubblicitari non sono facilmente replicabili, ma “solo un numero relativamente basso di persone è pagato in primo luogo per occuparsi di mansioni davvero creative o per pensare in modo visionario” (introduzione). Probabilmente molte mansioni umane verranno prese in carico quasi interamente dai robot, mentre molte altre tipologie di lavoro vedranno riduzioni limitate intorno al 20 o al 30 per cento della forza lavoro.

In ogni caso il mondo lavorativo futuro non offrirà meno opportunità se riusciremo a gestire bene la riduzione degli orari di lavoro a livello internazionale e a indicizzare le retribuzioni private e pubbliche in base alla produttività e al costo della vita. Lasciamo lavorare duramente i computer e i robot. Non si stancano mai, non si ammalano mai, non sbagliano quasi mai.

Martin Ford vive nella Silicon Valley in California e lavora nel campo dei software da oltre 25 anni.

Per approfondimenti video: www.youtube.com/watch?v=4MN_mwHQtjk (Festival of Dangerous Ideas, Australia, 2015); www.youtube.com/watch?v=DKsrNKIEMBE (Singularity 1 on 1, 2015); www.youtube.com/watch?v=piGTWD9-3lw (The Rise of Robots and Artificial Intelligence, 2016); www.youtube.com/watch?v=LB0Bw1WfoiM (Innovation Conference, 2016); www.youtube.com/watch?v=Wsmmih5mqgk (Rise of the Robots, 2016).

 

Nota tecnologica – Chi ha più soldi e più potere, e chi è più istruito e più intelligente può comprare le tecnologie migliori, e può trovare un modo migliore per fare soldi (oppure può trovare un modo per migliorare la vita di tutti). “La crescita del settore finanziario è dipesa fortemente dai progressi delle tecnologie dell’informazione” e dall’evoluzione dei computer. Molte innovazioni finanziarie e “gli algoritmi automatizzati sono oggi responsabili di quasi due terzi del mercato azionario, e le società di Wall Street hanno creato enormi servizi computerizzati… Dal 2005 al 2012 il tempo medio necessario per effettuare un’operazione di compravendita è sceso da circa 10 secondi ad appena 0,0008 secondi” (p. 71). Naturalmente le grandi banche sono nella prima fila per Vip.

Nota cibernetica – Nel 1949 Norbert Wiener, matematico e fondatore della cibernetica scrisse: “se siamo in grado ci fare una cosa in modo chiaro e intellegibile, possiamo farla mediante le macchine” e quindi ci sarà “una rivoluzione industriale di una crudeltà assoluta” con macchine capaci di “ridurre il valore economico del comune operaio al punto che non varrà la pena di assumerlo a qualunque prezzo” (p. 47). La cibernetica studia matematicamente l’organizzazione, l’informazione, la comunicazione e l’autoregolazione nei sistemi viventi e nei sistemi artificiali.

Nota futuristica – Grandi aziende come la Nike hanno pensato di “eliminare dal prodotto la necessità di manodopera attraverso l’ingegneria”. Ma di sicuro i robot non compreranno le scarpe. Inoltre “L’incremento dell’automazione è visto anche come un modo per evitare le accuse di sfruttamento che spesso vengono rivolte alle fabbriche di abbigliamento nei paesi del terzo mondo” (p. 29). Una grossa impresa potrebbe prendere il migliore dipendente in un determinato ruolo, potrebbe formarlo e “poi clonarlo dando vita a un intero esercito di lavoratori [robotizzati], tutti istantaneamente dotati delle sue conoscenze e della sua esperienza”, e delle sue capacità di adattamento” (p. 89). Quindi “se vi trovate a lavorare con (o sotto la guida di) un sistema software intelligente, potreste scommettere con una certa sicurezza che – consapevoli o meno – state anche formando il software che alla fine prenderà il vostro posto” (p. 133).

Nota morale – Gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica sono in gran parte pubblici e non è giusto che solo le persone più benestanti finiscano per goderne di quasi tutti i benefici economici (p. 93). Il reddito minimo garantito dovrebbe rimborsare tutti i cittadini per tutti gli investimenti pubblici fatti con le varie tasse (dirette e indirette). Quindi in realtà corrisponderebbe a un “dividendo del cittadino” (p. 276). Probabilmente sarà il modo più intelligente per garantire il pagamento delle tasse future e per evitare rivoluzioni molto drammatiche. Comunque prima o poi i politici dovranno indicare alla gente un modo onesto per riuscire ad ottenere abbastanza denaro per essere in grado di sfamarsi e per pagare le varie spese ordinarie (energia, affitti, telefono, igiene) e anche quelle straordinarie più necessarie (ad esempio i vestiti e le spese mediche).

Nota immorale – “Nei primi anni di ripresa dalla Grande recessione, il 95 per cento dell’aumento dei redditi è andato a favore soltanto dell’1 per cento più ricco” (p. 222). Negli Stati Uniti “dal 2006 al 2009 è stato registrato un incremento del 68 per cento del tasso di abbandono delle terapie prescritte. Si tratta di casi in cui un paziente chiede a un farmacista di ritirare una ricetta medica, ma se ne va quando scopre il costo di un medicinale” (p. 179). Il numero dei bambini americani poveri è il più alto dei paesi sviluppati, dopo la Romania: il 19,9 per cento (Stiglitz, 2017, p. 183). In Svezia solo il 7,3 per cento dei bambini è povero (The New York Times, Stiglitz, La grande frattura, 2017, p. 336). L’ammontare del debito degli studenti americani ha superato quello delle carte di credito. Questi debiti non possono essere cancellati, “neppure in caso di procedura fallimentare. Un genitore che avalla con la propria firma un prestito non può in alcun modo vederselo condonato, neppure in caso di morte del figlio”, o di malattia grave (Stiglitz, 2017, p. 401).

Nota speciale – Friedrich von Hayek è ritenuto un economista conservatore ma era a favore di un reddito minimo, “era un realista e non un ideologo. Aveva capito che la natura della società stava cambiando: le persone si erano trasferite dai campi, dove erano perlopiù autosufficienti, alle città, dove dipendevano da un posto di lavoro, e le strutture della famiglia allargata stavano venendo meno, lasciando gli individui nel bisogno di assumersi rischi più elevati. Hayek non aveva problemi con l’idea che lo Stato svolgesse un ruolo nell’aiutare le persone a tutelarsi da tali rischi”  (p. 269).

Nota keynesiana – I modelli matematici utilizzati dagli economisti, offrono una visione molto limitata delle cose: “Troppa parte della recente teoria economica “matematica” è pura manipolazione, imprecisa quanto i presupposti iniziali sui quali riposa, che permette all’autore di perdere di vista la complessità e le interdipendenze del mondo reale in un dedalo di simboli pretenziosi e inutili” (p. 215, John Maynard Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta).

Nota pikettiana – La disuguaglianza economica, come ritiene Piketty, “dipende dalla possibilità dei possessori di ricchezza di godere per i propri capitali di un tasso di rendimento, al netto delle imposte, superiore al tasso di crescita dell’economia. Come ci riescono? Stabilendo loro le regole del gioco al fine di garantire questo risultato, vale a dire attraverso la politica” (Stiglitz, 2017, p. 311 ). Infatti in quasi tutti i paesi le rendite vengono tassate poco e al massimo meno della metà dei redditi da lavoro. Warren Buffett ha iniziato la sua carriera da ragazzino vendendo quotidiani e lavorando duramente e ha affermato: “Perché la mia segretaria paga più tasse di me?”.

Nota cinematografica – Il film “Elysium” racconta uno scenario futuristico di tecno-dittatura e di neofeudalesimo (www.mymovies.it/film/2013/elysium), mentre nel film “Io, robot” viene narrato il nuovo rapporto emotivo tra umani e macchine pensanti (www.mymovies.it/film/2004/iorobot).