Giugno 2017

Mi hanno chiesto cosa penso della notizia dell’eventuale scarcerazione per motivi di salute di Salvatore Riina. Di solito cerco di dire quello che penso e cerco di pensare a quello che dico. E ho risposto in questo modo:

credo che quando ti accorgi che i tuoi governanti sono più vendicativi di te e in nome della sicurezza violano le loro stesse leggi, finisci per non provare alcun senso di colpa per i reati che hai commesso.
Penso che il caso di Riina (come fu quello di Provenzano) sia un caso politico e sono convinto che con la sua morte alcuni uomini potenti tireranno un sospiro di sollievo perché si porterà nell’aldilà i loro segreti. Probabilmente certi professionisti dell’antimafia ci rimarranno male, loro che lottano contro la mafia per nascondere di essere “culturalmente” mafiosi. Infatti, non potranno più cavalcare l’onda dell’emergenza criminalità organizzata.

Credo che le peggiori ingiustizie spesso le facciano i “buoni” con la scusa di fare giustizia. Vedrai che qualche politico, in cerca di consenso elettorale, o qualche altro personaggio, pur di fare carriera s’inventerà qualcosa e, pur di mantenere il regime del carcere duro del 41 bis, dirà che Riina, anche da morto, potrebbe continuare ad essere pericoloso dall’inferno mandando “pizzini” ai mafiosi.
Personalmente, mi trovo anni luce distante dalla cultura mafiosa e Riina mi è anche antipatico! Ma penso che se lo Stato lo lascia morire in catene, diventerà un eroe per i mafiosi in erba e perderà una bella occasione per lottare contro la cultura mafiosa. È assodato che la mafia non si sconfigga solo militarmente (questa strategia lo Stato l’ha già usata in passato) ma soprattutto culturalmente.
Molti non saranno d’accordo con questa mia affermazione e mi scuso con tutte le vittime della mafia, ma non posso non dire come la penso. Uno Stato di diritto non dovrebbe mai rinunciare alla vera legalità neanche in nome della presunta sicurezza che vuole garantire ai suoi cittadini, perché al di sopra di tutto è tenuto a dimostrare di essere migliore del male che combatte.

Voci da fuori

Carmelo Musumeci carissimo, la dedica vergata con grafia ferma e decisa mi commuove. Non sono io a farlo sentire più buono, ma il Dio fedele alle sue promesse. “L’Angelo Senza Dio” mi ha strappato lacrime segnate dal sangue del cuore. Solo chi ha vissuto la struggente ed inedita storia, poteva dare adito ad un finale meditativo e sconvolgente. Medito gli attimi più sofferti, inumani della sua tormentosa esistenza. Il silenzio sconvolgente delle notti senza fine hanno toccato i limiti del respiro, invocando morte.

Ai margini del tormentoso oceano, arenile attendeva il ritorno del rinato alla vita. L’amore è più forte della morte. Gioiosamente lo confermi, lo dedichi con semplicità e dolcezza a quanti abbisognano di attenzione, comprensione dello spirito purificato rivolto ininterrottamente verso l’Oltre. Non ringrazierò mai abbastanza Dio che, per strade diverse, fa incontrare in fraterna comunione. Quando amiamo e siamo riamati siamo come una nota musicale di una grande Sinfonia.
Di gran cuore ringrazio del prezioso dono. Non merito tanto. Con gli auguri di Buon Maggio, un affettuoso fraterno abbraccio.

Sr. Alma.

Ciao, ero presente stasera all’edicola e francamente volevo continuare ad ascoltare la tua storia, ma il tempo purtroppo non era molto. Ho studiato sociologia all’università e sono sempre rimasta affascinata e incuriosita riguardo ad argomenti quali la devianza, le istituzioni totalitarie, ecc. Ci tenevo solo a dirti che oggi, oltre ad aver dato una lezione di vita a tutti noi, o almeno a me l’hai data (e pochi ci riescono), hai fatto una vera e propria lezione. Quindi grazie e soprattutto non smettere di fare ciò che fai perché le persone hanno bisogno di aprire la mente, e persone come te riescono a farlo, non è una cosa da poco, è una missione.

P.S: il prossimo anno mi laureerò (spero) e oggi ho visto in te e nella tua storia una possibile tesi di laurea. Scusa la sfacciataggine ma ormai ci sono: sarebbe possibile, magari il prossimo anno restare in contatto con te per una possibile tesi?
Grazie, grazie ancora.

Una studentessa

Solo chi lo vive lo capisce: il 41 bis ti toglie il diritto di vivere, ti toglie la dignità, ti uccide, non hai nessuna voce nemmeno per urlare dolore. Gli Italiani perdono parole e commenti sui detenuti, il 41bis o l’ergastolo ostativo, e non si rendono conto che molti detenuti, dopo anni di detenzione, cambiano. Io lo vivo il 41 bis da anni credetemi, è una vera tortura.

Adele (parente di un ergastolano nel regime di tortura del 41 bis)

Voci da dentro

Ho letto un articolo sulla “Nuova Sardegna” in cui il carcere di Uta (Cagliari) è classificato come il primo in Italia per suicidi: davvero un triste primato! Il solito sindacalista risponde che tutto dipende dal poco personale. Mi viene spontaneo chiedere, ma cosa c’entra l’aumento di personale con i tentativi di suicidio? Semmai è il regime che è troppo rigido e, di conseguenza, la disperazione porta i detenuti a fare gesti estremi.

Nelle carceri dove il regime è improntato sull’umanità, i gesti estremi sono rarissimi, se non nulli. Viceversa, dove impera la crudeltà condita con una disumanità ottusa, i tentati suicidi sono molti.
Le statistiche sono lì a dimostrarlo, anche se certe informazioni vengono censurate. Negli ultimi 25 anni, ne ha uccisi più lo Stato nei luoghi di detenzione che tutte le mafie messe insieme. Pertanto certe istituzioni sono un feroce killer “legalizzato”. Dicono che le cose sono cambiate; francamente non vedo niente di nuovo. Speriamo più in là.

Pasquale De Feo, Carcere Massama.

Caro Carmelo,
ti informo che sabato mattina io ed altri sette detenuti siamo stati trasferiti qui ad Opera-Milano. A Parma c’era sovraffollamento e ad alcuni detenuti che protestavano per avere la cella singola dopo mesi d’isolamento, gli hanno applicato il 14 bis. Qui, dal primo impatto e dalle prime informazioni, credo di essere caduto dalla padella alla brace. Un abbraccio. Mimmo.

Domenico, Carcere Opera Milano

Ciao Carmelo,
tutto il giorno c’è stato trambusto in sezione: detenuti e guardie nervose,  ed io ho preferito chiudermi a riccio per crearmi un mondo alternativo, ogni tanto un giorno di riposo…
Ti confido che questa notte ho sognato di trovarmi nel giardino di casa mia, ma non riuscivo ad entrare dentro casa perché avevo perso le chiavi… Al risveglio ero contento di avere sognato aria di casa mia. Dopo un po’ di anni non sogni più il mondo di fuori, perché inizia ad essere lontano dai ricordi e non poter sognare la libertà è ancora più dolorosa di non averla.

Salvatore, Carcere di Nuoro

Oggi, un compagno si è tagliato le vene.
Tutto quel sangue mi ha impressionato: la limitatezza e la fragilità della natura umana in carcere è come uno specchio e ti senti emotivamente coinvolto… insomma non è come vedere le sofferenze in televisione: è tutto molto più brutto, più vero, più crudele…

Pasquale, Carcere di Livorno

A cura di Carmelo Musumeci per l’Associazione Liberarsi http://www.liberarsi.net