L’8 giugno si terranno nel Regno Unito le elezioni annunciate a sorpresa a metà aprile da Theresa May sull’onda della popolarità che tutti i sondaggi le riconoscevano, con l’obiettivo di assicurarsi una solida maggioranza per portare avanti i negoziati per la Brexit da una posizione di forza e continuare la politica di drastici tagli alle spese sociali degli ultimi governi conservatori.
Da quel momento però le cose sono cambiate e il vantaggio in apparenza insormontabile dei conservatori sui laburisti ha continuato a ridursi: i sondaggi sono confusi e contraddittori, ma mostrano comunque una notevole risalita dei laburisti sia in termini di previsione di voto che in termini di popolarità personale, con il 34% che ora si dichiara soddisfatto della May contro il 33% che preferisce Corbyn. All’inizio della campagna elettorale le percentuali erano ben diverse: il 49% riteneva Theresa May il miglior Primo Ministro, contro il 14% che appoggiava Jeremy Corbyn. Un recente sondaggio di YouGov mostra la percentuale più alta raggiunta dai laburisti dal 2014, con il 39% contro il 42% dei conservatori.
I conservatori rimangono comunque in testa ed è possibile che l’ultimo, terribile attacco terrorista a Londra finisca per favorirli al momento del voto, ma in questo mese e mezzo di campagna sono comunque emersi degli elementi nuovi e incoraggianti, che avranno un peso anche al di là del risultato elettorale.
Il primo elemento è il Manifesto laburista dall’eloquente titolo “For the Many, Not the Few” (“Per i molti, non i pochi), diventato virale online e condiviso decine di migliaia di volte in pochissimo tempo dopo il suo lancio. Qui Corbyn riprende molte delle proposte che gli hanno fatto vincere per due volte di seguito le primarie del partito – ri-nazionalizzazione di sanità, poste, ferrovie e acqua, abolizione delle tasse universitarie e dei contratti a zero ore, aumento del salario minimo a dieci sterline all’ora, servizi per l’infanzia gratuiti, così come le mense nelle scuole primarie, costruzione di un milione di nuove case e controlli sugli affitti, pensioni garantite e investimenti nei servizi sociali. Il tutto finanziato con una ridistribuzione della ricchezza basata su imposte per le imprese e i redditi superiori alle 80.000 sterline all’anno, una seria lotta all’evasione e alle frodi fiscali e la cosiddetta tassa “Robin Hood” sugli istituti finanziari.
Insomma, un programma finanziato dal 5% più ricco della popolazione, a vantaggio della maggioranza, che infatti mostra di apprezzare le proposte laburiste: secondo un recente sondaggio di ComRes il 52% dell’elettorato è a favore della ri-nazionalizzazione delle ferrovie e il 50% appoggia quella delle poste. Il 71% approva l’eliminazione dei contratti a zero ore e il 64% un aumento delle tasse per i redditi alti
Il secondo elemento determinante nella rimonta laburista ha a che vedere con lo stile della campagna elettorale. Dopo essere rimasto per mesi intrappolato nei giochi parlamentari e nella logorante guerra interna portata avanti dall’ala destra del suo partito, sostenuta dalla martellante campagna denigratoria della maggior parte dei media, Corbyn ha ripreso a muoversi nel modo che gli è più congeniale: ed ecco tornare i grandi raduni in tutto il paese, tenuti insieme agli attivisti di varie cause sociali e una campagna dinamica, di base, che ha contribuito a trasformare la sua immagine pubblica, da politico “ineleggibile” a leader credibile e coinvolgente. Ad aiutare Corbyn è stata per contrasto anche la pessima “performance” di Theresa May, con il suo altezzoso rifiuto di partecipare ai dibattiti televisivi e un atteggiamento arrogante che ha finito per rivelarsi controproducente, facendola apparire incompetente e incapace di comunicare la sua visione politica e il modo di tradurla in pratica.
Il terzo elemento interessante ci riporta ancora una volta ai tempi delle due campagne per le primarie del Partito Laburista e offre grandi speranze per il futuro: la capacità di coinvolgere i giovani. Secondo un sondaggio commissionato dal gruppo anti-razzista “Hope, not Hate” e sostenuto dal sindacato degli insegnanti, il 63% dei giovani tra i 18 e i 24 anni è “assolutamente certo” di andare a votare e tra questi il 67% intende sostenere i laburisti, contro il 16% che appoggia i conservatori, l’8% che sceglie i liberaldemocratici e il 3% che preferisce i Verdi e i nazionalisti scozzesi. Metà degli intervistati ritiene che Corbyn abbia le qualità giuste per diventare Primo Ministro, in confronto al 28% favorevole a Theresa May. Dalle risposte emerge anche come i temi considerati più importanti siano la salvaguardia del sistema sanitario e l’abolizione delle tasse universitarie.
Questi dati mostrano come i giovani siano molto più impegnati a interessati alla politica di quanto non si pensi e ne fanno l’ago della bilancia delle prossime elezioni. Il loro voto a favore dei laburisti potrebbe porre fine al lungo regno dei conservatori, realizzando l’augurio che con un divertente gioco di parole costituisce uno degli slogan oggi più diffusi in rete: “Let’s make June the end of May”.