Per quasi cinque anni, la Procura Generale del Perù e la compagnia mineraria Yanacocha hanno avuto un obiettivo comune: porre fine alla resistenza fisica e morale di Máxima Acuña Atalaya e costringerla a cedere il terreno su cui vive.
Ma lei ha resistito: alla campagna denigratoria della Yanacocha, che pubblicamente la definiva una “occupante abusiva” e all’ostinazione della procura che cercava in tutti i modi di ottenerne la condanna per “invasione di terreni”.
Il 3 maggio la Corte Suprema del Perù ha detto basta, stabilendo che dopo anni di accuse infondate, non c’è alcuna ragione per proseguire il processo nei confronti di Máxima Acuña Atalaya.
In Perù molti difensori dell’ambiente vengono incriminati con accuse infondate, aventi l’unico obiettivo di impedire loro di portare avanti le loro legittime attività in difesa dei diritti umani, azzerare le loro limitate risorse e additarli all’opinione pubblica come criminali.
Dopo la sentenza della Corte Suprema, ora è fondamentale che le autorità peruviane adottino misure efficaci per impedire che il sistema giudiziario sia ancora utilizzato per intimidire e perseguitare i difensori dei diritti umani.