Festeggia l’industria mineraria mentre cresce la preoccupazione tra le popolazioni indigene del paese
In seguito alla mancata conferma nelle Filippine della ministra per l’ambiente Regina Lopez, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) si è detta preoccupata per quello che a tutti gli effetti sembra una vittoria dell’industria mineraria a scapito delle popolazioni indigene del paese e dell’ambiente.
Dopo essere stata in carica per 10 mesi, lo scorso 3 maggio la commissione parlamentare che avrebbe dovuto ratificare la nomina della Lopez l’ha invece sollevata dal suo incarico. Per l’APM si tratta di una evidente vittoria della potente lobby legata all’industria mineraria che da mesi tenta di impedire le limitazioni ambientali imposte dalla Lopez all’industria dell’estrazione mineraria. Le Filippine sono attualmente la quinta nazione mondiale per attività mineraria e sono uno dei più importanti fornitori di nichel al mondo.
Nei dieci mesi del suo incarico, la Lopez ha fatto chiudere 22 miniere su 41 per non aver rispettato i diritti delle popolazioni indigene e/o la legislazione sull’ambiente. Regina Lopez non si era fatta intimidire dalla potente lobby dell’industria estrattiva e solo pochi giorni fa la ministra aveva proibito le miniere a cielo aperto per gli ingenti danni ambientali da queste causati. Per le 110 popolazioni indigene delle Filippine la Lopez costituiva una speranza per vedere finalmente rispettati i loro diritti. Ora temono una nuova ondata di violenza e l’ulteriore distruzione della loro base vitale da parte dell’industria estrattiva.
La notizia della mancata conferma di Regina Lopez è stata accolta dalle borse di tutto il mondo con un notevole aumento delle quotazioni delle imprese estrattive operanti nelle Filippine. Evidentemente gli operatori di borsa partono dal presupposto che alla fine del mandato della Lopez seguirà ora l’annullamento delle limitazioni imposte dalla ministra.
Fino a marzo 2016 nel paese asiatico sono state concesse 246 licenze per l’estrazione mineraria su 610.000 ettari di terre indigene. Le licenze erano state concesse in base a una controversa legge del 1995. I progetti minerari hanno causato la deportazione di migliaia di persone, la distruzione di intere foreste e la contaminazione dei fiumi in cui le miniere scaricavano i residui chimici della loro attività. L’attività mineraria è anche alla base dei 76 assassini di attivisti per i diritti indigeni compiuti dal 2010 al 2016 nelle Filippine. Dal giungo 2016 ad oggi solamente sull’isola di Mindanao sono state uccise 16 persone appartenenti al popolo dei Lumad con l’intento di intimorire e ridurre al silenzio la popolazione.
Dei complessivamente 98 milioni di abitanti delle Filippine, circa 15 milioni di persone appartengono a uno dei 110 popoli indigeni presenti nel paese.
Bolzano, Göttingen, 4 maggio 2017