Le notizie degli ultimi suicidi in carcere mi indignano.
Eppure nessuno ne parla, nessuno affronta il problema delle molte “Guantanamo” che ci sono in Italia e di tutti questi morti che restano, per lo più, anonimi e, quindi, dimenticati.
Non starebbe a me dire certe cose: io non ho la moralità e l’intelligenza dei nostri governanti, politici ed intellettuali. Io sono un avanzo di galera, un delinquente e per giunta pure ergastolano, anche se in regime di semilibertà.
Tutti sanno che in Italia il carcere, nella migliore delle ipotesi, è una fabbrica di stupidità umana mentre, nella peggiore, è una fabbrica di morti.
È come se chi va all’ospedale morisse invece di guarire. Il carcere, così com’è, produce negatività, si nutre di male per produrre altro male e nuovi detenuti.
Sì, è vero, il carcere, per qualsiasi classe politica e per qualsiasi governo, porta consensi e voti elettorali, ma sono consensi e voti che grondano sangue e morte.
Questa non è più giustizia, è solo vendetta culturale e sociale di uno Stato ingiusto che guadagna sulla sofferenza sia delle vittime sia degli autori dei reati.
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Non sai chi sono io? Il SenzaDio aveva allargato le braccia. Sì, lo so chi sei. Il boss aveva stretto le labbra, come era solito fare: E non hai paura? Lorenzo scuotendo il capo, lo aveva fissato. Ho più paura di vivere che di te. Il boss aveva esitato perché sconcertato. Era rimasto zitto senza sapere che cazzo dire. Ma ci aveva pensato Lorenzo a dire qualcosa. Per un ergastolano, la morte è sempre un ottimo affare.
Dal libro “Angelo SenzaDio” di Carmelo Musumeci, distribuito da Amazon.it
“Le Cayenne italiane. Pianosa e Asinara: il regime di tortura del 41bis”. di Pasquale De Feo ( per la collana, curata dall’Associazione Liberarsi, L’evasione possibile, editore Sensibile alle Foglie) “Questo libro raccoglie testimonianze di persone che hanno trascorso anni e anni in regime di 41bis. Di cosa si tratta nello specifico lo capirete dai loro racconti. È cosa che va oltre quanto è possibile immaginare scorrendo le pur inumane restrizioni a cui detenuti in regime di 41 bis sono sottoposti… Ma tanta brutalità non nasce dal nulla. Nei miei lunghi anni di carcerazione ho letto e riletto della storia d’Italia interrogandomi sulle cause delle condizioni del nostro Sud e della gente che lo abita. È una storia, ho capito, che parte da molto lontano…”
Pasquale De Feo
Voci da fuori
Caro Carmelo, (scusa se ti do del “tu”, ma sembra di conoscerti da anni), non mi conosci, ma io ti conosco molto bene, fin da quando ho letto il tuo primo libro “Gli uomini ombra”, i tuoi scritti raccolti nel libro “Le urla dal silenzio” e l’epistolario “L’assassino dei sogni: lettere fra un filosofo ed un ergastolano” e naturalmente da quando ricevo queste e-mail.
Anche io, sotto altra veste (insegno da 16 anni presso l’ITE “E. Caruso” “nel Centro Penitenziario di Secondigliano) mi trovo in carcere. Quest’anno in qualità di volontario ho conosciuto Zito Pierdonato che era in cerca di un docente che gli insegnasse matematica, fisica e chimica, volendo prepararsi in qualità di privatista agli esami per conseguire l’idoneità al V° anno del liceo delle scienze umane. Anche lui, come te (ho visto dal link allegato il tuo intervento di Firenze) aveva difficoltà con la matematica ed in generale nelle discipline scientifiche. Proprio questo mi ha spinto ad accettare di sostenere Pierdonato: non mi era mai capitato nessuno che volesse così ardentemente imparare una materia sempre stata ostica per qualsiasi studente.
Quando l’ho conosciuto, ho capito tutto. Pierdonato, come te, ha capito che solo la cultura può rendere veramente libera una persona seppur con un ergastolo alle spalle. In giro ci sono invece tante persone “perbene” che pensano di essere libere, ma in realtà libere non lo sono, a causa di una profonda “non conoscenza” che le fa essere succubi del mondo che le circonda.
Tu questo l’hai capito, così come Pierdonato, ed io apprezzo tantissimo lo sforzo che hai fatto per redimerti e diventare finalmente libero, non solo fisicamente. Ho apprezzato la tua risposta all’osservazione di qualcuno che asseriva che sei cambiato “grazie al carcere”. Hai risposto in modo esemplare: sei cambiato grazie alle persone che hai conosciuto (docenti, volontari e quant’altro). Pierdonato è una persona eccezionale: come te, ha una sete di sapere tale da non fermarsi neppure davanti ad “ostacoli matematici” che sembrano insormontabili. Insomma attraverso Pierdonato vedo te e, come lui, hai dovuto superare ostacoli enormi, ma alla fine ce l’hai fatta. E ti dico grazie perché sei un esempio per tutti quelli che ancora oggi sono sottoposti all’ergastolo ostativo.
Quello che la gente di fuori non capisce (vedi la domanda della “sconosciuta” della email di oggi) è che le persone cambiano nel tempo. Purtroppo per l’opinione pubblica il detenuto è quello rappresentato dai media quando raccontano fatti di cronaca nera: il detenuto va segregato e punito senza possibilità di riscatto. Oggi per fortuna il carcere, seppur lentamente, sta aprendosi al mondo esterno e questo permette ad un maggior numero di persone di conoscere un mondo da sempre chiuso in se stesso e capire che lì ci possono essere persone veramente libere. Un caro saluto,
prof. Antonio Belardo
Ciao Carmelo, giovedì, dopo tanta fatica, mi sono laureato. La tesi è piaciuta molto, mi hanno dato 110 con lode ed encomio della commissione. Volevo ringraziarti per il dialogo che mi hai concesso in questi mesi, per il materiale e per gli spunti che mi hai offerto.
Come diceva un mio professore, per fare una bella tesi bisogna credere che l’argomento del quale si parla sia il più importante del mondo… e tu sicuramente in questo mi hai aiutato, perché scrivendo e studiando ho capito, grazie alla tua esperienza, quanto il problema carcerario sia grosso. Questo mi ha dato le giuste motivazioni per superare i miei limiti. Voglio portarti una copia ben rilegata della tesi, anche perché nelle dediche ci sei anche tu… e ho scritto due righe per tutti coloro che vivono all’interno del carcere.
Ti ringrazio sinceramente per tutto… e chiaramente con questa mail non ti saluto perché, se tu sei d’accordo, continuerò a scriverti ed a mantenere questa bellissima collaborazione che è nata. Un sorriso.
Daniel Monni
Voci da dentro
Essendo in due in cella bene o male si sopravvive; quello che mi preoccupa è che qui in sezione sono quasi tutti a tre, ma io questo non lo accetterò mai e, come alternativa, penso che andrò in isolamento. Per quanto riguarda l’udienza del mio reclamo, dall’avvocato mi sono giunte notizie che il magistrato non ritiene di poter decidere senza che gli sia pervenuta la relazione richiesta. Questo meccanismo sembra fatto apposta per logorare lo spirito e il morale. Come può essere che tutti questi soggetti istituzionali a fronte delle ripetute richieste del magistrato di sorveglianza, possono così disattenderle? Quando si è trattato di rispondere all’istanza che mi hanno rigettato, l’hanno fatto in quattro e quattr’otto con una motivazione telegrafica e oscura tale da non consentire il diritto di difesa.
Pasqualino, Carcere di Livorno
Una donna, dopo tre ore di viaggio, con un bimbo di 15 mesi, all’entrata del nuovo carcere di Uta (Cagliari), viene rimandata indietro per un semplice diverbio con un agente. Pioveva quel giorno, lei aveva l’ombrello e cercava di ripararsi insieme al bambino. La fanno entrare al primo cancello, arriva al secondo cancello e le dicono che non può portare l’ombrello. Lei non lo sapeva, vuole depositarlo lì per riprenderlo al ritorno dopo il colloquio con il marito. Ma le viene detto che deve portarlo fuori dalla struttura, pertanto ritornare indietro e uscire. Questo avrebbe comportato ritornare di nuovo a fare la fila e aspettare altre ore fino a quando sarebbe arrivato di nuovo il suo turno.
La donna ha chiesto di lasciarlo lì, ma l’agente è stato irremovibile. Ne è nato un diverbio. È palese che l’arbitrio dell’agente è stato pura crudeltà, soffermandosi su un ombrello senza pensare alla pioggia e al bambino: ottusità cieca.
La colpa non è neanche di questo signore che, nella sua stupidità, si deve sentire Dio in terra, ma di chi l’ha messo in un posto così delicato, dove ci vorrebbero persone che sappiano trattare con le famiglie dei detenuti e comprendere circostanze come questa.
Temo che ci vorrà ancora molto tempo per raggiungere un grado di civiltà paragonabile ai paesi del nord Europa.
Pasquale De Feo, Carcere Massama.
A cura di Carmelo Musumeci per l’Associazione Liberarsi http://www.liberarsi.net