In Italia c’è un eccesso di legislazione da parte dell’Esecutivo (negli ultimi 20 anni il 79% delle leggi approvate dal Parlamento sono state di iniziativa governativa) ed in particolare c’è un abuso dello strumento del Decreto Legge (riconosciuto anche dal Governo precedente nella proposta di revisione costituzionale bocciata dagli elettori nel dicembre scorso).
Infatti, di norma “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” (art. 70 – Costituzione) e di conseguenza “il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria” (art. 77, I comma – Cost.).
Soltanto “in casi straordinari di necessità e d’urgenza il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge” (art. 77, II comma – Cost.). Si tratta, appunto, dei Decreti Legge, che sono immediatamente operativi, ma che perdono efficacia “sin dall’inizio” se il Parlamento non li converte in Legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale(art. 77, III comma – Cost.).
Questa eventualità può evidentemente creare seri problemi, poiché per 60 giorni sarebbe in vigore una Legge che poi risulterebbe non valida. In presenza di questa contraddizione la Costituzione ha stabilito che “le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti” (art. 77, IV comma – Cost.).
Da questa sintetica analisi si può comprendere facilmente per quali ragioni lo strumento del Decreto Legge dovrebbe essere usato con estrema cautela, poiché una mancata conversione da parte del Parlamento potrebbe creare un vulnus giuridico grave, dato che i cittadini verrebbero trattati in modo differenziato a seconda della data in cui si è tenuto un determinato comportamento (durante e dopo i 60 giorni previsti).
Anche per questo motivo un Decreto Legge dovrebbe essere emanato esclusivamente “in casi straordinari di necessità o urgenza”, come per esempio un terremoto o un’epidemia improvvisa. A vigilare che ci siano i requisiti per utilizzare lo strumento del Decreto Legge è stato posto il Presidente della Repubblica, che ha la facoltà di emanarlo (art. 87 – Cost.) oppure di respingerlo.
Per queste ragioni c’è chi in questi giorni si è appellato al Capo dello Stato Sergio Mattarella per evitare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dal preannunciato Decreto Legge approvato il 19 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e della Ministra della salute Beatrice Lorenzin, “contenente misure urgenti in materia di prevenzione vaccinale”.
Il Decreto – si legge nel sito web del Ministero della Salute – “è diretto a garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica con particolare riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, superando l’attuale frammentazione normativa”.
Queste ultime parole suonano paradossali, poiché proprio l’utilizzo di un Decreto Legge (con il rischio della mancata conversione), potrebbe creare un’ulteriore “frammentazione normativa”.
Senza entrare qui nel merito delle disposizioni contenute nel Decreto, appare alquanto difficile sostenere che si tratti di un “caso straordinario”, dato che lo stesso Governo fa riferimento agli “obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale” e “secondo le indicazioni del Calendario allegato al Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente”.
Insomma, si tratta evidentemente di scelte programmate e pianificate, che sono l’esatto contrario dei “casi straordinari”. Anche sulla “urgenza” e sulla “necessità” ci sarebbe da dubitare, ma bisognerebbe considerare le motivazioni addotte per approvare tale Decreto Legge, al momento non disponibili.
Ultima osservazione: l’obbligo di cura in una Costituzione democratica come quella vigente è previsto soltanto come eccezione. Infatti, “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (art. 32, II comma – Cost.). Il che dovrebbe implicare che si tratti di una Legge certa, ordinaria, stabile, condivisa, già approvata dal Parlamento e non di un Decreto Legge che è per sua natura provvisorio. A maggior ragione quando si tratta di una materia così delicata come la salute delle persone, a tal punto che la Costituzione precisa che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art. 32, III comma – Cost.).