Nasce undici anni fa, nei locali seminterrati di una scuola, abbandonati ai topi e al degrado, una delle esperienze più belle di convivialità attiva ed uso comune di uno spazio autogestito.

Un’esperienza fatta di cultura, di solidarietà, di arte, di lavoro e persino di allegria, considerata dai fondatori del gruppo una “pratica resistente”, come si può leggere nel sito de “La Casa in Movimento”. Questo è il nome della struttura che raccoglie diverse realtà che ormai da anni, in locali resi belli a colpi di pennello e di fantasia, organizzano scambi socio-culturali di natura diversa, dalla scuola popolare per donne migranti, ai gruppi di acquisto solidale, ai laboratori culturali e politici contro la guerra infinita e l’educazione a una cultura di pace, ai laboratori artistici, all’animazione per i bambini e molto altro. Tutto rigorosamente gratuito.

Ma ora la Casa è a rischio. Il Comune di Cologno Monzese ha dato lo sfratto alle associazioni che la vivono, la animano e la fanno vivere.

Da quel che risulta parlando con alcune persone di questo spazio autogestito, il sindaco Angelo Rocchi non gradirebbe una serie di cose che non rientrano proprio nella sua cultura leghista. Ha già dato chiari segni della sua interpretazione del bene comune chiudendo l’asilo nido, bloccando le attività del tavolo interculturale che precedentemente erano organizzate in forma collaborativa tra le scuole e il Comune, vuole che venga chiusa la scuola di italiano per donne migranti e, infine, arriva l’annuncio dello sfratto.

Visitando il luogo si ha  l’impressione immediata che si tratta di un’esperienza che dovrebbe moltiplicarsi piuttosto che spegnersi. Bastano poche ore di frequentazione e una visita alle diverse sale per capire che in questo luogo  fantasia e razionalità si son date la mano alla grande. Dalle tante testimonianze affisse alle pareti che parlano di attività svolte e di presenze accolte; dai materiali che riempiono gli scaffali delle varie stanze; dai ragazzini che si organizzano in gruppi creando collages o disegni  collettivi senza sentirsi disturbati da chi li osserva, tutto fornisce un analogo messaggio: qui si cura il bene comune.

Su un tavolo c’è un mucchio di foglietti colorati, su ognuno è stampata una diversa poesia. Nella prima riga di ogni foglio si legge: “poesie di autori extra-europei per coltivare bellezza con una pioggia di cultura in tutta la città”. Chiediamo cosa significa e ci rispondono che vengono organizzate passeggiate di gruppo in cui si va in giro per la città a regalare poesie.

La città ha circa 48.000 abitanti e di questi circa 9.000 sono stranieri, per cui è facile che la poesia di Wang Chien finisca nelle mani di una ragazza cinese o quella di Ahmad Shawqi nelle mani di un ragazzo egiziano, ma è ancor più facile, statisticamente parlando che finiscano nelle mani di un uomo o di una donna italiani che così scopriranno la poesia extraeuropea ed allargheranno le proprie conoscenze oltre i poeti che prestano i loro nomi alle strade cittadine.

Ma sicuramente non rientra nella cultura dell’amministrazione di centro destra il valore di quella bellezza che non si esprime in moduli monetari e non si vende ma si offre gratuitamente. E’ inutile!  Quindi la Casa dovrebbe chiudere.

Ma la tenacia delle donne e degli uomini che la sostengono ha creato una crepa nella decisione che sembrava monolitica della Giunta comunale: ora si tratta. L’ingiunzione di sfratto è rinviata e subordinata alla  condizione di pagare un affitto, anche se nel 2005 le chiavi vennero ufficialmente consegnate dall’Amministrazione di allora per uso gratuito.

In questi undici anni la Casa ha svolto attività basate esclusivamente sul volontariato sostituendosi di fatto al Comune nel suo fornire  servizi sociali e culturali a costo zero e offrendo attività  riconosciute di grande valore sociale. Ma la giunta attuale chiede di valutare in termini monetari questi servizi, per effettuare un’eventuale compensazione. Ecco, lo scontro con la realtà rischia di rompere il sogno di un mondo basato sulla bellezza della gratuità. L’amministrazione attuale, per bocca della sua assessora al Patrimonio dichiara che se la casa espliciterà le attività svolte, dando ad esse un valore monetario potrà contare su eventuali contributi perché, afferma, quella del Comune non è “una presa di posizione ideologica o partitica”.

Ecco come tutto si confonde usando parole che ad un’analisi sostanziale rappresentano esattamente il contrario di quel che vorrebbero comunicare. Non si tratta di scelta “ideologica” afferma l’assessora, e non si rende conto che è proprio nel non riconoscere un dato sistema di valori, appunto un’ideologia, che sta il punto della questione. Quel sistema di valori, o ideologia, che dà valore, ma non monetario, al bene comune. Quello che rappresenta l’ “ideologia” della casa.

Forse vincerà la Giunta leghista, anche se la Casa non pagherà l’affitto. Vincerà perché verrà fatta una compensazione tra il valore monetario dei servizi offerti (non più quindi bene comune) e l’importo della locazione. Forse avrà vinto il Comune anche se la Casa dovesse andare in credito per la qualità e la quantità dei servizi offerti. Avrà vinto la sua “ideologia”: quella di valutare con metro monetario ciò che per anni ha seguitato ad essere magicamente bene comune. Se vincerà, lo trasformerà in un bene economico qualunque.

Ma forse capacità, convinzione “ideologica” e tenacia avranno la meglio e per questo la Casa sta raccogliendo firme sotto il motto semplice e diretto di “cultura e non chiusura” come si può leggere anche nel suo sito, www.casainmovimento.org