I negoziati multilaterali di quest’anno per un divieto giuridicamente vincolante sulle armi nucleari rispondo ad un crescente consenso sul fatto che il divieto delle armi nucleari è essenziale al quadro normativo che occorre per raggiungere e mantenere un mondo libero dalle armi nucleari. Per alcuni osservatori di questioni nucleari, dentro e fuori i governi, esse costituiscono anche un benvenuto shock a uno stagnante processo di disarmo nucleare e di non proliferazione.
La Risoluzione ONU L41, che prevede negoziati per un nuovo divieto di armi nucleari, è stato adottata da una larga maggioranza in occasione dell’Assemblea Generale lo scorso dicembre (123 favorevoli, anche l’Italia per un colpo di sonno del rappresentante all’ONU; 38 contro, 16 astensioni). Essa rappresenta una nuova realtà politica nella storia del disarmo nucleare: E’ fondata sull’imperativo dell’abolizione del nucleare “per ragioni umanitarie”, perché molti Stati ritengono che il trattato di non proliferazione nucleare (TNP), come attualmente (non) implementato, non costituisce più un percorso credibile alla abolizione di quelle armi.
I negoziati derivanti dalla L41 sono iniziati nella settimana 27-31 marzo 2017 alle Nazioni Unite a New York e continueranno nel periodo 15 giugno al 7 luglio. Sono stati chiamati a partecipare tutti gli stati membri delle Nazioni Unite assieme alle organizzazioni internazionali e alla società civile.
Eppure, molti Stati hanno rifiutato. La maggior parte degli Stati dotati di armi nucleari e i loro alleati – in particolare gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri membri della NATO, più la Germania e il Canada – si sono attivamente opposti a questo sforzo e hanno apertamente cercato di minare la sua ragion d’essere. L’inviato degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Nikki Haley, ha cercato di giustificare l’assenza del suo paese dicendo, “Non c’è niente che voglio di più per la mia famiglia di un mondo senza armi nucleari. Ma dobbiamo essere realistici … C’è qualcuno che crede che la Corea del Nord sarebbe d’accordo ad un divieto di armi nucleari?”(Dicendo questo, ha confermato che gli Stati Uniti non era d’accordo ad un divieto delle armi nucleari. L’ironia, naturalmente, non è stato dimenticata).
E mentre non sorprende che gli stessi Stati che si basano sulla deterrenza nucleare si oppongano ad divieto legale di possedere armi nucleari, le argomentazioni principali utilizzate per opporsi al divieto non regge ad un attento esame. Essi sono fuorviante, in base a una logica di vicolo cieco, o addirittura sbagliate.
Consideriamo sei gli argomenti più comunemente citati.
1. I negoziati non prendono in considerazione la sicurezza globale nella situazione internazionale attuale.
Questo punto è stato spesso sollevato dagli avversari per condannare i negoziati prima ancora di iniziare. In realtà, né il modo in cui i colloqui si snoderà né possibili esiti sono predeterminati. Questi oppositori sono stati ripetutamente sollecitati dalla maggioranza degli Stati senza armi nucleari e dalle Nazioni Unite a partecipare ai colloqui, i quali consentirebbero loro di aggiungere tutti i problemi di sicurezza internazionale che essi vedono. Invece, hanno preventivamente incriminato di utopia l’iniziativa e hanno scelto invece di boicottare i negoziati.
Il 23 dicembre 2016, gli Stati Uniti, dopo aver votato contro la proposta, ha dato una spiegazione, che è stata ripresa da diversi altri Stati, tra cui, occorre notare, anche la Russia. Gli Stati Uniti hanno parlato dei presunti “effetti negativi di cercare di vietare le armi nucleari, senza considerazione per l’ambiente globale della sicurezza internazionale”. Anche la Francia ha detto lo stesso: “Un divieto delle armi nucleari, in sé e per sé, non migliorerà la sicurezza internazionale”. Ma nessuno Stato è a favore di un divieto senza condizioni e non è mai stato detto che la situazione internazionale non sarebbe stata considerata. Così, ci si chiede che cosa altro potrebbe essere inteso con le “considerazione per l’ambiente globale della sicurezza internazionale”. Forse che il mantenimento della sicurezza internazionale richiede la conservazione delle armi nucleari? O semplicemente che la comunità internazionale ora deve affrontare delle difficili sfide alla sicurezza (cosa che nessuno contesta)?
Non c’è un momento perfetto per chiedere il disarmo nucleare – o la pace nel mondo o la fine della fame o di parità di retribuzione a parità di lavoro. Non possiamo cercare le condizioni ideali, che sarebbero solo un pretesto per giustificare la mancanza di progressi. Gli Stati non dotati di armi nucleari non hanno mai sottoposto il loro dovere di adempiere alla non proliferazione col verificarsi di condizioni ideali di sicurezza internazionale; se lo avessero fatto, sarebbero stati sicuramente castigati dagli Stati dotati di armi nucleari.
Il raggiungimento dell’abolizione delle armi nucleari sarà un impegno lungo che necessariamente coesisterà con crisi più o meno gravi nella sicurezza internazionali. Aspettarsi ulteriormente è incredibilmente – e forse deliberatamente – ingenuo.
2. Il divieto di armi nucleari sarebbe inefficace.
In alcuni forum preparatori, gli Stati che si oppongono alle trattative per il divieto mettono apertamente in discussione l’impatto e l’efficacia di un trattato di divieto; in altri hanno ammesso che il processo potrebbe avere profonde implicazioni per la perpetuazione e la legittimità delle pratiche relative alle armi nucleari. E’ notevole che una delle migliori articolazioni del significato di un divieto legale viene dagli Stati Uniti e riflette il pensiero e la politica della NATO.
In un documento NATO non segreto dell’ottobre 2016 dal titolo “Stati Uniti Non-Paper: Difesa dalle conseguenze di un potenziale trattato del’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che bandisca le armi nucleari’” si presenta un divieto legale delle armi nucleari come tutt’altro che insignificante o inefficace. In esso gli Stati Uniti chiamano apertamente tutti gli alleati “a votare contro i negoziati su un Trattato sul divieto delle armi nucleari, non di astenersi solamente”. Si chiede inoltre agli alleati e partner di non partecipare ai negoziati. Il documento, che riconosce che “gli effetti di un trattato che vieti le armi nucleari potrebbe avere un’ampia portata” e “potrebbe avere un impatto su alleati USA e non,” elenca diversi modi con cui il divieto potrebbe avere conseguenze sulle armi nucleari dell’alleanza NATO. Ad esempio, potrebbe porre limiti a:
– progettazione, preparazione e transito delle armi nucleari
– nell’ indurre o assistere gli alleati ad usare, pianificare e imparare ad usare le armi nucleari;
nell’uso i sistemi di capacità nucleare; e
– nelle pratiche di condivisione delle armi nucleari tra i membri della NATO
Il documento indica sinteticamente lo scontro tra la logica del divieto e l’indiscutibile resistenza NATO ad esso: “Tali aspetti del trattato potrebbero – e anzi da alcuni dei suoi sostenitori sono così progettati – distruggere la base della nostra deterrenza nucleare nel mondo”. Infatti
3. Il processo per bandire le armi nucleari è di divisione e non sulla base di consenso.
Gli Stati oppositori sostengono che i negoziati vietando questo tipo di armi creeranno uno scisma nella comunità internazionale, specie se non interverranno gli Stati nucleari – la cui presenza continua ad essere ampiamente incoraggiata.
In effetti, questi colloqui creeranno divisioni. Ma semplicemente essi fanno ulteriore luce su divisioni di lunga data, che continuano ad essere esacerbate dal palese disprezzo degli Stati aventi armi nucleari verso i loro obblighi di disarmo.
Va notato che gli stessi Paesi che hanno negato il consenso al processo che ha preparato i negoziati per il bando delle armi nucleari, compresa la risoluzione L41, solo ora criticano la mancanza di consenso. Dopo il suo voto contro i negoziati proposti, la Francia, membro della Nato e dotato in proprio di armi nucleari, ha così spiegato il suo voto (concordato con il Regno Unito e gli Stati Uniti, entrambi i possessori di armi nucleari): “solo un approccio basato sul consenso” potrebbe portare a far progredire il disarmo nucleare. E’ sconcertante che gli Stati che vogliono minare i negoziati continuano a indicare la propria indisponibilità a parteciparvi come un difetto del processo stesso.
4.Un divieto legale delle armi nucleari non è un sostituto dell’attuale riduzione delle armi.
E’ vero. Uno strumento giuridico per vietare le armi nucleari, per quanto siano approfondite e severe le sue disposizioni, non si tradurrà automaticamente in un minor numero di testate nucleari nelle mani di ogni Stato possessore. Non un singolo sostenitore del divieto sostiene che questo sforzo sarà equivalente all’abolizione. I limiti del bando sono ben noti. La necessità di poi contrattare con gli Stati nucleari è una necessità indiscussa. Ma la mancanza di disposizioni specifiche per il disarmo non indica affatto la loro inefficacia.
La storica adozione della risoluzione L41 e il processo politico che la circonda costituiscono il segnale diplomatica più forte che si aspettavano da decenni i popoli del mondo che rifiutano tali strumenti terrificanti di distruzione di massa. E’ molto probabile che questi sviluppi segnino un punto di svolta nella lotta umanitaria, diplomatica e politica per la loro eliminazione. Oggi la spinta mondiale e la volontà politica per far avanzare il divieto non hanno precedenti nell’era post Guerra Fredda. La mancanza di interesse dichiarata dagli Stati nucleari e dai loro alleati può indicare che il processo sta cominciando a diventare per loro una preoccupazione diplomatica.
Molti degli sforzi internazionali recenti ed attuali riguardo alle armi nucleari non hanno ridotto le dimensioni degli arsenali nucleari né è prevedibile che lo facciamo. Altri panels ONU di esperti governativi, incontri ad alto livello sul trattato sul taglio al materiale fissile, e i piani di azioni concordati del NPT che non hanno prodotto riduzioni delle testate, hanno tuttavia ricevuto il sostegno multilaterale nel corso degli anni. Perché invece i negoziati su un divieto dovrebbero non avere un simile sostegno?
5. La ricerca di un divieto delle armi nucleari mina il l’attuale Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP).
Spesso gli oppositori ai negoziati per il bando delle armi nucleari dichiarano che questo processo mina il TNP. In effetti, è vero il contrario. La negoziazione di un divieto di armi nucleari costituisce una rara, specifica istanza di effettiva attuazione dell’articolo VI del TNP, che invita gli Stati a “perseguire negoziati in buona fede” verso il disarmo nucleare.
Nel 1996 la Corte Mondiale ha chiarito ulteriormente l’obbligo dell’Articolo VI. Essa ha indicato che il TNP impone agli Stati non solo di impegnarsi in buona fede nei negoziati per il disarmo nucleare, ma anche di portarli a termine.
Il TNP è stato progettato sia per evitare che gli Stati non dotati di armi nucleari acquisissero armi nucleari. sia per costringere gli Stati dotati di armi nucleari ad eliminare i loro arsenali. Nessuna frase diretta o implicita del trattato impedisce sforzi complementari all’attuazione delle sue disposizioni e far progredire il disarmo nucleare, come i negoziati per un divieto di armi nucleari. Gli Stati con arsenali nucleari hanno resistito, evitato, o ignorato non solo i loro obblighi derivanti dal trattato, ma l’ondata di sostegno all’abolizione del nucleare sorta da tutti gli angoli del pianeta.
6. Meglio di un divieto è un cosiddetto approccio progressivo e pragmatico per il disarmo nucleare.
Gli Stati dotati di armi nucleari e i loro alleati continuano a insistere su un approccio passo dopo passo. Che però, dopo 45 anni dall’entrata in vigore del TNP e dopo quasi tre decenni dalla fine della guerra fredda, non ha raggiunto l’obiettivo del disarmo nucleare completo. In effetti, essi stanno scegliendo lo status quo.
Oggi non esiste alcuna iniziativa multilaterale credibile che porti al disarmo nucleare nel prossimo futuro. Gli sforzi per promuovere l’agenda del disarmo nucleare si sono congelati quando gli Stati dotati di armi nucleari hanno negato il loro sostegno.
Questo loro approccio è sempre meno in sintonia con il processo emergente, avvincente, e convincente sostenuto dalla maggioranza delle nazioni del mondo, il quale dice che un divieto legale è non solo urgente, ma davvero possibile.
Lo scetticismo profondo per le trattative correnti per il disarmo nucleare è condiviso da un numero crescente di Stati di tutti i tipi; esso non si basa solo sul dubbio sul progresso futuro, ma su evidenze storiche e sulla pratica corrente. Gli attuali sviluppi di una rapida e costosa modernizzazione degli arsenali nucleari e relative infrastrutture (alcune stime: più di1 trilione di $), le accentuate tensioni tra superpotenze e un disarmo multilaterale disfunzionale, sottolineano l’inadeguatezza della attuale approccio al disarmo nucleare.
Il movimento per il bando delle armi nucleari deve essere inteso in questo contesto. Si è sviluppato al di fuori del fallimento del TNP nel mantenere la sua promessa di disarmo nucleare completo. L’approccio “pragmatico” sostenuto da coloro che resistono ad un divieto legale è già stato provato – ed è risultato inefficiente.
Cesar Jaramillo Opencanada 31 marzo 2017 –(traduzione in italiano di Antonino Drago)