Forse anche a causa delle orribili notizie che arrivavano da San Pietroburgo, che naturalmente hanno avuto priorità, mi pare che nei resoconti della conferenza stampa tenuta in Senato dai genitori di Giulio Regeni non sia stata data la giusta rilevanza a quanto reso noto dall’avvocata Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni.
In sintesi: si può finalmente dire che il rapimento, la sparizione e la morte di Giulio coinvolgono direttamente alti funzionari dell’Agenzia per la sicurezza nazionale egiziana; che il luogo dove Giulio è stato detenuto è nella disponibilità degli apparati di sicurezza del Cairo; che è emerso un turpe legame tra funzionari dei servizi egiziani e persone di nazionalità egiziana che Giulio reputava amiche.
Va chiarito che queste novità sono frutto del lavoro investigativo della Procura di Roma e sono state raggiunte non grazie alla disponibilità, ma nonostante l’indisponibilità, a collaborare della Procura egiziana.
Inizia, insomma, a profilarsi una responsabilità non orizzontale (ossia, “mele marce” in divisa che fanno tutto da sole, secondo una sorta di coordinamento spontaneo privo di ordini e di riferimenti) ma verticale (lungo una catena di comando la cui estensione è ancora da accertare).
Non siamo alla verità processuale, ma la verità storica (quella da subito proposta da chi conosce bene le modalità operative del sistema egiziano di violazione dei diritti umani) inizia a trovare riscontri precisi.